I 90 giorni che potrebbero cambiare lo scenario mondiale

90giorni

Le aspettative generali sull’esito dell’incontro di Buenos Aires di sabato primo dicembre tra Xi Trump erano per lo più pessimiste.

Le dichiarazioni radicali rilasciate dal presidente americano prima del G20 hanno ancora una volta indotto molti osservatori a ritenere che sarebbe stato coerente, quando ormai lo schema appare chiaro: le esternazioni di massima durezza e intransigenza servono solo a disporre delle condizioni più polarizzate possibili in sede d’incontro, che poi viene chiuso con un “deal”.

È successo con la Corea del Nord, poi col Messico, il Canada e ora, anche se solo in parte, con la Cina.

Non si tratta di un vero accordo, ma di un ammorbidimento dei toni. I dazi vengono rimandati di 90 giorni ridando fiato alle Borse, tre mesi sono un’eternità per chi opera sui mercati finanziari e ragiona in termini di ore, se non di minuti.

Poi però emergono i dettagli: agli Usa premeva il rispetto della proprietà intellettuale e poter scongiurare eccessive pressioni inflazioniste che costringerebbero la Fed a rialzi dei tassi troppi aggressivi.

Per la Cina l’accordo era importante perché le riserve monetarie cinesi in valuta estera si sono ridotte di quasi 34 miliardi di dollari in ottobre, ricordando la dinamica del 2016 quando la crisi dello yuan colpì duramente. Siamo ormai a -30% dai massimi del 2014.[sociallocker].[/sociallocker]

Abbiamo dunque davanti 90 giorni di tregua instabile, dopodiché ci troveremo a inizio marzo, quando – insieme alla guerra commerciale tra Washington e Pechino – avremo sul tavolo anche l’entrata in vigore della Brexit. Senza contare che a quel punto l’intera Europa starà entrando nella fase calda della campagna elettorale per le Europee del 23-26 maggio.

Per gli investitori questi 90 giorni saranno quindi frenetici come i 90 minuti di una partita di Coppa del Mondo, perché quando saranno trascorsi e arriverà il triplice fischio, ci sarà l’invasione di campo da parte degli eventi e delle scadenze politiche.

Il 2019 si prospetta come un anno difficile per l’economia mondiale. Dopo un 2017 di crescita corale in tutto il mondo, questo 2018 ha dato segni di un rallentamento che nel prossimo anno minaccia di diffondersi. Facciamo allora qualche considerazione generale basandoci su dati e numeri.

LE POLITICHE MONETARIE DI FED E BCE

Da più di un anno le Banche centrali stanno seguendo fedelmente l’agenda di interventi da loro stesse preannunciato, regalando pochissime, se non nessuna, sorprese. Graduale rialzo dei tassi da parte della Fed e permanenza a tassi negativi per la Bce, che solo quest’anno terminerà la fase espansiva tre anni dopo la sua omologa americana.

Finora questa differenza di indirizzo delle politiche monetarie ha determinato una maggior forza del dollaro, il nuovo anno porta però delle novità: i tassi raggiunti dalla Fed sono ora diventati tassi reali positivi (superiori all’inflazione), significa che da qui ogni ulteriore rialzo sarà effettivamente restrittivo e quindi la Fed potrebbe iniziare a diluire di più gli interventi o comunque essere più esposta alla possibilità di dover cambiare di nuovo direzione.

Al contrario la Bce, dopo aver messo fine all’espansione del Qe, dovrà iniziare la normalizzazione dei tassi.

LO SCENARIO POLITICO PRONTO A MUTARE NEL 2019

Gli Usa nel 2018 hanno beneficiato di una spinta dalla riforma fiscale, ora potrebbe arrivare un piano infrastrutture, ma il grande tema resta la guerra commerciale a colpi di dazi: l’industria americana che inizialmente qualcuno ha pensato potesse avvantaggiarsi, inizia a segnare il passo.

Le proiezioni di un calo delle vendite hanno imposto a General Motors un piano di 15mila licenziamenti, mentre Ford – secondo Morgan Stanley – potrebbe annunciarne fino a 25 mila.

L’Europa nel 2019 entrerà in una nuova fase: dopo il voto avremo un nuovoparlamento e una nuovaCommissione, l’influenza di Angela Merkel sarà più sfumata, visto che non sarà più il leader del suo partito, che ha guidato dal 2000. Anche Mario Draghi arriverà a fine mandato, lasciando la guida della Banca Centrale.

IL RAPPORTO €/$ E L’ANDAMENTO DELL’ECONOMIA

In termini di parità di potere d’acquisto il livello corretto per euro/dollaro sarebbe intorno a 1,28. L’euro è dunque sottovalutato, e questo potrebbe aiutare le imprese europee, anche se è molto probabile che arrivi un ulteriore rallentamento, come moltissimi indicatori anticipatori stanno segnalando da alcune settimane.

Per giocarsi al meglio questa partita di 90 giorni serviranno cinismo in attacco, capacità di vincere i contrasti e un gran lavoro di difesa.

E possibilmente smetterla di concentrarsi sul quel benedetto (o maledetto) “rigore”.

Articolo pubblicato su Lettera43 il 05/12/2018
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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