Alla ricerca della stabilità perduta (I parte)

Il FMI ha pubblicato due settimane fa il suo periodico Global Financial Stability Report, un poderoso studio sui principali fattori di rischio alla stabilità finanziaria globale, soffermandosi in particolar modo, questa volta, sulle principali economie avanzate, in specie USA e UE.

Il Rapporto sostiene che i fattori di rischio sono aumentati rispetto all’ultimo report di ottobre 2014, e alcune variabili, quali la volatilità dei mercati finanziari, hanno trovato ulteriore alimento “nell’ambiente a tassi zero“.
Il cuore del Rapporto risiede in questa mirabile sintesi:

Il prolungato appetito per il rischio finanziario e i mutuamenti strutturali nei mercati del credito stanno spostando il baricentro dei rischi per la stabilità finanziaria dalle economie avanzate ai mercati emergenti, dalle banche al c.d. sistema bancario ombra, e dalla solvibilità ai rischi di liquidità sui mercati. […] Un messaggio chiave è che sono necessarie addizionali misure – oltre quelle di politica monetaria – per garantire una ottimale uscita dalla crisi.

Si esordisce citando il World Economic Outlook secondo cui alla modestissima crescita delle economie avanzate, merito di un mix di politiche monetarie, bassi prezzi energetici, crescita dei mercati finanziari e svalutazione dei cambi, farà da contraltare una decelerazione delle Economie Emergenti.

Le cause di questo rallentamento sono da attribuirsi ai bassi prezzi delle commodities e dalla ancora elevata esposizione al rischio di apprezzamento delle valute straniere (in primis dollaro USA) in cui è denominata parte del debito privato di queste economie (il FMI parla di “rischi formidabili“).
Molti paesi emergenti, esportatori netti di materie prime, sono stati severamente colpiti dal loro deprezzamento e questo si è tradotto in una maggiore difficoltà di rimborso dei debiti societari in paesi quali Argentina, Brasile, Nigeria e Sud Africa, e in tensioni sugli spread dei titoli governativi di paesi quali il Venezuela e Nigeria.
A mio parere rimane da rammentare la lezione di giugno 2013, allora governatore FED Ben Bernanke, il quale annunciando il tapering non aveva previsto né la forte crescita dei us mortgages rates (i tassi sui mutui) sulla parte a lunga, né la forte svalutazione delle monete emergenti.
Ricordo le lamentele dei governatori centrali di Cina e India, e quello brasiliano (se non sbaglio) si rifiutò di incontrarlo ad un meeting internazionale. Una lezione che, è parere di chi scrive, la Fed non ha dimenticato, conscia come è che la fragile ripresa EU è legata al commercio internazionale, spinto attualmente dalle economie emergenti, e che un nuovo tracollo europeo minerebbe l’economia USA proprio nel delicatissimo momento dell’avvio della exit strategy.

Il Rapporto prosegue analizzando per aree economiche i principali fattori di rischio, partendo dalla zona euro, a cui viene suggerito di affiancare alle misure di politica monetaria altre policies per massimizzare l’impatto del QE: misure per ridurre e equilibrare l’indebitamento del settore privato, ripristinare i canali bancari di trasmissione del credito, rafforzare la solidità delle Istituzioni non bancarie e le immancabili “riforme strutturali” (su cui peraltro il rapporto non si dilunga né si cimenta).
É interessante notare che il Rapporto non fa esplicito riferimento ai debiti pubblici europei, nè ai criteri di convergenza (c.d. Fiscal Compact), come se questi non venissero considerati motivo di tensione. E probabilmente questo è dovuto proprio all’impressione (comune nel Rapporto) che i tassi bassi, la forward guidance BCE e l’assenza di reali opzioni alla Grecia siano e resteranno realtà nel medio termine, contribuendo allo schiacciamento dei tassi nominali e degli spread, garantendo ai Governi Europei la sostenibilità dei debiti pur in presenza di una crescita modesta.
Resterebbe, aggiungo io, il problema dei paesi in pesante disavanzo primario, ma su questo il Rapporto non si esprime. Così come il rapporto non si esprime sulla sostenibilità dei debiti pubblici in caso si verifichi un “scenario avverso” sui titoli governativi, che pure fa parte delle successive analisi compiute più avanti e di cui parleremo.

Il Rapporto si sofferma invece sul problema del debito privato:

Il debito societario (corporate) in Francia, Italia e Spagna è atteso rimanere sopra o vicino al 70% del PIL per il 2020, e le proiezioni per il debito delle famiglie in Portogallo e Regno Unito sono previste restare superiori a quelle delle altre maggiori economie avanzate.

La preoccupazione principale è che shock sui mercati immobiliari, con caduta dei prezzi, possano danneggiare gli attivi bancari dei paesi quali Portogallo e UK molto esposti sul frone dei mutui casa (da ricordare anche il programma sovvenzionato dal Governo londinese che permette alle famiglie di ottenere mutui fino al 100% del valore dell’immobile).
Il debito corporate è invece motivo di preoccupazione per le aziende di quei paesi in cui la stretta creditizia si è sentita di più (Italia, Spagna, Portogallo), e che perciò necessitano di un riequilibrio finanziario. Infatti, sia gli alti livelli di debito sul fatturato e sull’attivo aziendale, sia la sua composizione fra breve e lungo termine, largamente sbilanciata, stanno danneggiando le imprese attribuendo loro rating creditizi bassi. Solo la riduzione (deleveraging) dei debiti e la ricomposizione fra breve e lungo, permetteranno di accedere nuovamente, con rating migliorati, al credito bancario e così affrontare il delicato momento della uscita dalle politiche monetarie accomodanti .
É per tale motivo che il FMI avanza il suggerimento di diversificare le fonti di fondi, trasferendo parte delle richieste di finanziamento dal settore bancario ai mercati dei capitali (obbligazioni, azioni, eccetera), finora usufruiti solo per il 36% delle richieste di credito.
Ma anche questo richiede un forte lavoro di armonizzazione legislativa:

Nell’Area Euro, incoraggiare l’uso dei mercati dei capitali richiede armonizzazione delle normative di diritto societario, della governance aziendale, delle normative su insolvenza e fallimenti e della tassazione, in linea con le ultime proposte sulla Unione dei Mercati dei Capitali avanzati dalla Commissione Europea.

Altro punto fondamentale è il ripristino del canale bancario, riconoscendo che è nell’alta percentuale di Non Performing Loans (NPLs, i crediti morosi la cui qualità e rimborsabilità si è pesantemente deteriorata) il principale ostacolo alla propensione alla concessione di nuovo credito e alla trasmissione delle politiche monetarie, un dato che (malgrado il Comprehensive Assesment e la Vigilanza Unica Bancaria della BCE) ha ormai raggiunto a livello europeo la cifra di 900 miliardi di euro.

Il Rapporto incoraggia le banche a dotarsi di strutture ad hoc interne o esterne (oppure a migliorare quelle esistenti) per gestire i NPLs, di sistemi di monitoraggio del rischio e gestione dello stesso pre problematicità, e invita i Governi (pur senza citarli, ma la conclusione è ovvia) a rivedere le normative sui fallimenti di aziende e privati mentre non viene citata esplicitamente la Bad Bank.
L’alternativa, conclude il Rapporto è che il credito continui a crescere ad un passo giudicato modesto.

Ma è il punto relativo alla solidità delle istituzioni non bancarie quello che ho trovato più interessante e in qualche modo nuovo.
Il Rapporto esordisce dicendo che il clima generalizzato di tassi bassi sta mettendo alla prova gli investitori specializzati nella parte a lunga della curva dei rendimenti, specialmente le Assicurazioni.
Il FMI cita a piena mani da uno studio condotto dalla EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority), relativo a dei stress test condotti a ottobre 2014 su dati di fine 2013 (quindi con tassi bassi ma non infimi come quelli odierni), per testare la solidità degli operatori del settore in termini di Requisiti di Capitale di Solvibilità (Solvency Capital Requirement, SCR).
Ricordando che le Assicurazioni funzionano a prestazione definita, dal rapporto EIOPA già emerge che oggi diverse assicurazioni europee hanno evidenti disallineamenti (mismatch) fra i rendimenti dei propri investimenti e quelli delle prestazioni garantite, ovviamente a scapito di queste ultime, aprendosi quindi un problema di copertura.
Inoltre anche dal lato delle duration di attività e passività emergono in diversi paesi differenze che richiederebbero un riequilibrio e allungamento delle scadenze delle attività.
Merita sottolineare che un 14% delle Assicurazioni già pre stress non raggiungono il 100% del SCR, pur pesando queste per il 3% del totale delle attività del cluster analizzato.
Gli stress test sono di tre tipi: il primo ipotizza uno scenario di tassi bassi (low yield module scenario); il secondo e il terzo ipotizzano shocks originatisi rispettivamente dai mercati azionari e dai mercati delle obbligazioni delle società non finanziarie (per questi due ultimi tests inoltre si considera che entrambi abbiano effetti sui mercati dei titoli governativi, e delle obbligazioni societarie e del settore bancario, ipotizzando uno scenario tipico di un contagio finanziario).
Applicando i valori ipotizzati negli stress test agli attivi delle assicurazioni, si ottengono i c.d. Mezzi Propri Eleggibili (Eligible Own Funds, EOF) che vengono quindi confrontati con gli SCR pre stress test.
Lo stress test sul Low Yield module distingue due casi specifici: uno “scenario alla giapponese” con tassi bassi prolungati (test LYA), e uno “scenario inverso” con un atipico cambio nella curva dei tassi (test LYB).
Lascio ai commenti del rapporto la parola:

La porzione di aziende che non incontrano la soglia minima del 100% degli SCR in seguito allo Scenario alla giapponese (LYA), cioè il 24% del totale, è maggiore rispetto al numero delle aziende che non superano questa soglia nello scenario Inverso (LYB), che è pari al 20%.

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Dalle tabelle allegate al Rapporto EIOPA emerge che fra i paesi che più risentirebbero di uno scenario “alla giapponese” di tassi bassi per un prolungato tempo vi sarebbero Germania, Austria, Finlandia, Belgio, Grecia, Danimarca, Estonia, Polonia, Paesi Bassi e Svezia, tutti oltre la media dei ribassi.

Possiamo aggiungere che gli stessi paesi (eccetto Portogallo e Grecia) li ritroviamo anche nello “Scenario Inverso”.
Un prolungato ambiente di tassi bassi tende ad aumentare i disallineamenti fra rendimenti e duration di attività e passività del settore, che risulta quindi vulnerabile alle politiche monetarie perseguite dalla BCE.
E poco rincuora che il rapporto concluda che i timori sono soprattutto per le Assicurazione fuori dal perimetro delle 30 grandi esaminate e ponga i principali problemi di copertura su un arco di 8 anni mediamente, che in termini assicurativi (e delle necessarie operazioni di switch fra titoli per le necessarie coperture) sono un lampo.
Gli altri due scenari riguardano invece shock rispettivamente sui mercati azionari (Module CA1) e delle obbligazioni di società non finanziarie (Module CA2). Se possibile qui i risultati sono anche peggiori.
Module CA1:

Considerando l’impatto in termini di Requisiti minimi SCR, il 44% delle aziende testate mostra un rapporto di copertura inferiore al 100% dopo gli stress test. Il 47% delle aziende non facenti parte delle 30 maggiori per dimensione, ha soglie di Requisiti SCR inferiori al 100% contro il 31% delle aziende di maggiori dimensioni.

Module CA2:

Considerando l’impatto in termini di SCR, il 27% delle aziende testate presentano Requisiti SCR sotto il 100%. Il 30% delle aziende non facenti parte dei 30 big presentano rapporti sotto il 100%, contro il 15% delle aziende maggiori.

Insomma, uno shock sui mercati azionari renderà patrimonialmente più deboli quasi la metà delle Assicurazioni europee e quasi un terzo delle Assicurazioni Top 30s, le “too big to fail, insomma.
Non che un 24% o un 27% degli altri casi siano bazzecole.

In un articolo successivo infatti vedremo che il Rapporto FMI evidenzia gravi problemi nella microstruttura dei mercati Fixed Income Currencies e Commodities (Reddito Fisso Valute e Materie Prime, FICC d’ora in poi), con severe ricadute in termini di liquidità dei mercati e sbalzi nei prezzi.

[continua nella seconda parte…]
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Pubblicato da Beneath Surface

Alla soglia degli anta decide di tornare alla sua passione giovanile: la macroeconomia. Quadro direttivo bancario, fu nottambulo ballerino di tango salòn, salsa cubana e rueda. Oggi condivide felicemente la vita reale con le sue due stupende donne.

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