Altra Spiaggia, Stesso Mare

Il clima vacanziero mi suggerisce qualche riflessione sull’uso delle spiagge.
Il tema appassiona da tempo, per lo più d’estate, liberisti e fans del pareggio di bilancio, per usare un termine da Destra Storica.
Per fortuna, ora, si aggiungono anche più moderni epigoni del movimento per la valorizzazione turistica del Paese.
Sin dagli interventi di Tremonti, durante la stagione in cui le liberalizzazioni si facevano sul Britannia, i primi che io ricordi sul tema, il pensiero prevalente è che le spiagge siano un asset sottosfruttato, che rende poco, dato in concessione con logiche opache e particolaristiche, se non peggio. Aumentiamo i canoni e, magari (è facoltativo), diamole a qualcuno che ci faccia degli investimenti.
Questo approccio, da sana e prudente gestione, manca però di una considerazione importante. Le spiagge contribuiscono enormemente all’attrattività di un luogo: il valore che gli conferiscono non potrà mai essere catturato dalla semplice imposizione di un pedaggio d’ingresso. Nemmeno il processo mentale d’acquisto di un oligarca russo arriverebbe mai a riconoscere per intero quel valore, esplicitato in esoso balzello col quale si potrebbero agevolmente acquistare i lettini e gli ombrelloni dati in uso.
Penso invece a quanto significano per il territorio le spiagge semilibere di Minorca o delle isole greche. Tutti posti che stanno ottenedo risultati proporzionalmente molto migliori delle località di mare italiane, afflitte, temo, da forte handicap nel rapporto serenità/prezzo.
Ad un osservatore occasionale ma attento (sì, sono io), la Spagna appare così: c’è un soggetto, molto meno pervasivo di un concessionario italiano, che affitta gli ombrelloni su una parte della spiaggia, ad una frazione del prezzo cui siamo abituati, ma la cura tutta. Chi frequenta la spiaggia liberamente non si sente né ospite né discriminato.
In Grecia le spiagge sono tenute dalle taverne e dai bar, che, nella maggior parte dei casi, le gestiscono come tavoli su suolo pubblico, cioè pretendendo una consumazione. Poiché probabilmente la si prenderebbe comunque, la spiaggia è sostanzialmente gratis.
Alternativamente, la spiaggia contribuisce a un insieme di maggior valore se fa parte di un resort che la integri nella sua offerta. Una cosa che può rispondere sia all’attesa di agio e praticità, sia a quella di esclusività.
Insomma, apparentemente le esternalità superano il valore generabile internamente.
E allora facciamo così anche qui, rendiamo la concessione una cosa semplice e chiara, possibilmente disponibile a molti soggetti. Una sana logica in cui l’Amministrazione mette a disposizione una piattaforma e chi vuole la usa per fare la sua attività, a certe condizioni.
Ma easy, come pretende il XXI secolo.
Lo Stato, se sarà capace di opportuna gestione fiscale, ne beneficerà attraverso la crescita generata, anziché imponendo una maggior rendita.
P.S.: Se volete un esempio del contrario, passate a Grado, dove c’è una chilometrica spiaggia comunale recintata, con caselli di accesso e assegnazione del posto, che neanche l’Unione Sovietica.

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Pubblicato da Luca Bianchetti

Laureato in ingegneria e psicologia, ha un MBA. Ha fatto il consulente direzionale con società multinazionali, si è occupato di molti progetti di trasformazione e di ridisegno dei processi. Iscritto al PRI nella prima repubblica, non sa più a che santo votarsi.

Una risposta a “Altra Spiaggia, Stesso Mare”

  1. C’è da dire che dalla isole greche arrivano, a questo proposito, news poco incoraggianti: al parlamento di Atene è stata portata una mozione per la privatizzazione delle spiagge, per le Cicladi un futuro forse non da riviera romagnola, ma da Egitto in stile Sharm-el-sheiq…

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