Il Peccato originale di Eva (Peron) e dei suoi epigoni

Quando nel 2001 l’Argentina si trovò a doversi dichiarare insolvente (anche se il suo livello di debito rispetto al PIL era meno della metà del coefficiente attuale dell’Italia) sul proprio debito pubblico, l’evento generò lo sconcerto di molti investitori.

Il default di uno stato sovrano è un evento ben più raro del fallimento di una azienda, specie se si escludono situazioni estreme come postumi di una guerra o radicali cambi di regime politico.

Appellandosi ai propri diritti di sovranità, l’Argentina elaborò negli anni seguenti la convinzione di poter imporre delle condizioni “prendere o lasciare” ai propri creditori e, in barba a qualunque consuetudine di negoziazione, ristrutturò il proprio debito nel 2005 proprio con una formula-capestro.

L’adesione, rassegnata, fu molto elevata, ma non unanime.

E quello che c’è dietro il nuovo fallimento del paese sudamericano è proprio la non unanimità dell’adesione al precedente piano.

La presunzione di poter esercitare la sovranità in modo unilaterale ha esposto lo Stato della nazionale albiceleste al ricorso di chi non ha voluto accettare una proposta “prendere o lasciare”, confidando nel Diritto Internazionale. La vittoria giudiziaria di chi ha “tenuto duro” impedisce ora all’Argentina di pagare solo i bond ristrutturati: o tutti o nulla.

Non potendo pagare tutti (non solo per ragioni patrimoniali, ma anche per rispetto alla coerenza di un “prendere o lasciare” che sarebbe divenuto una beffa, se non un boomerang) l’Argentina ha dovuto scegliere di non pagare nessuno. L’onda lunga di quanto accaduto nel 2001 è stata così un nuovo default (e l’ennesima pessima figura per la TFA Argentina di Nicola Stock, l’associazione di tutela degli investitori in bond argentini).

Ora assisteremo ad una lunga trattativa, nella quale chi non ha accettato la prima offerta cercherà di ottenere il massimo possibile (è gente che “tiene duro” non kamikaze disposti a perder soldi), mentre l’Argentina dovrà convincerli ad accettare formule di pagamento il più assimilabili possibile alle condizioni offerte agli aderenti della prima ora, che viceversa potrebbero far ricorso, se risultasse evidente che le condizioni imposte dallo Stato sovrano argentino fossero una forma istituzionalizzata di circonvenzione di incapace.

Al netto di tutta questa triste vicenda quello che possiamo imparare è che essere un Paese sovrano non solo non impedisce di ritrovarsi in default, ma nemmeno consente di prevaricare le regole del Diritto Internazionale: non si può prescindere dallo stringere e rispettare accordi, dal fare compromessi con chi interagisce con noi. Che si tratti di persone o di Stati. Chi vi racconta il contrario verrebbe collocato ad Hamelin dai fratelli Grimm.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

25 Risposte a “Il Peccato originale di Eva (Peron) e dei suoi epigoni”

  1. condivido la tesi di fondo dell’articolo, ma la vicenda è più complessa. per cominciare, chi ha ‘tenuto duro’ non sono quelli che non hanno accettato l’offerta 2005, ma fondi speculativi che hanno ricomprato quei titoli a prezzi da default: dunque non hanno perso soldi per il default. nell’articolo non si fa riferimento alla volontà di adempiere ai propri obblighi verso i ristrutturati da parte del governo argentino: questa è la vera anomalia, che un giudice estero possa impedire a un governo di adempiere a una sua obbligazione. infine, la sentenza creerebbe un precedente micidiale per tutti i casi di default sovrani futuri (e forse passati). detto questo, il governo argentino si è confermato ancora una volta campione di collaborazione…

    1. Beh, magari a “tener duro” non sono stati sempre gli stessi, d’accordo. Il punto è la non adesione unanime alla ristrutturazione, poi ognuno avrà fatto le proprie scelte (tra cui non aderire e vendere a sconto i titoli ad un vulture fund preferendo incassare poco subito che avere altre questioni) con motivazioni diverse.
      Quanto alle spiegazioni, mi ero già dilungato in due precedenti articoli: il boccone amaro e in un calcio ai debiti E ho preferito non dilungarmi in dettagli, ripetendomi. Me ne scuso con i lettori che avessero perso i post precedenti.

  2. Andrea mi ha esortato un commento: sono in ferie ma siccome Egli è un Amico, vinco la mia pigrizia e cerco di mettere giù due concetti in croce (anche se mi stupisce che ci tenga così tanto, sarà per farvi fare quattro risate! 😉 ).
    Esiste un principio nei fallimenti, o nei concordati preventivi, che è quello di dare massima pari soddisfazione possibile ai creditori compatibilmente con l’eventuale prudenziale valutazione della possibilità di continuazione dell’impresa, che se ritenuta possibile, è da privilegiare (ricordiamo che se Mattei non avesse ragionato così, oggi non avremmo l’ENI).
    Ciò che contesto nella sentenza che da ragione ai fondi avvoltoio è la violazione di questo principio, considerando anche che questi fondi non avessero nessuna fonte di privilegio di fronte al fallimento dell’Argentina. La sentenza, per privilegiare pochi usa la ghigliottina contro i tanti che più o meno obtorto collo avevano comunque accettato un accordo che consentiva la “continuità d’impresa” dell’Argentina introducendo una disparità di trattamento tra “chirografari”, che peraltro, tra tutte le sue difficoltà, sembrava essersi inserita su un percorso abbastanza virtuoso, considerando che in pochi anni ha visto il suo stock di debito ridursi dal 160 al 40% del PIL (Renzi, hai sentito?) Certo, hanno un’inflazione al 30% e la banca centrale non sa più da che parte girarsi per procurare valuta, ma l’Argentina ha fino ad oggi rispettato gli obblighi che si era assunta, tant’è che anche la trance di pagamenti sulla quale ha fatto default è stata in realtà versata alla banca incaricata del pagamento, ma è stata bloccata da un’ordinanza del giudice a salvaguardia dei creditori “buitre”.
    Ora io non sono un economista e credo (orrore!) che l’etica sia fondamentale anche nell’economia. La situazione che si è creata mi fa orrore prima di tutto dal punto di vista etico che non economico, ma anche dal punto di vista economico non rappresenta certo un ottimo paretiano.
    Siccome ritengo che l’economia debba servire a far stare meglio la società, non è lecito, ove le risorse siano date, che si affami una società per tacitare richieste di attori economici. La priorità deve essere la pancia sufficientemente piena, poi si può discutere di tutto il resto. A proposito di pancia piena, devo preparare per il pranzo di ferragosto. Buon Ferragosto a tutti!

  3. Scusate, inserendo una subordinata ho incasinato il seguente passaggio: “La sentenza, per privilegiare pochi usa la ghigliottina contro i tanti che più o meno obtorto collo avevano comunque accettato un accordo che consentiva la “continuità d’impresa” dell’Argentina introducendo una disparità di trattamento tra “chirografari”, che peraltro, tra tutte le sue difficoltà, sembrava essersi inserita su un percorso abbastanza virtuoso, considerando che in pochi anni ha visto il suo stock di debito ridursi dal 160 al 40% del PIL ”

    Dopo “chirografari” si dovrebbe leggere “Argentina che, peraltro…”

    E c’ho il cervello in vacanza… più del solito! 🙂

  4. Non escluderei che la Corte si sia esattamente ispirata al principio che enunci: le modalità scelte a suo tempo dall’Argentina per ristrutturare il proprio debito non parevano esattamente orientate a garantire “massima pari soddisfazione possibile ai creditori”…

    Poi se i titoli con valore 100 li sottoponi ad un haircut sostituendoli con titoli da valore nominale 30, certo che il debito/PIL si riduce… ma non credo che sia un modello cui ispirarsi

  5. Non so se sia un modello cui ispirarsi, ma questa sentenza impedisce che la maggioranza dei creditori venga per quanto poveramente soddisfatta, a favore di una minoranza che viene trattata con maggior favore.
    Non so poi come si addivenne a far passare il 30% del nominale, ma immagino che ci fu una trattativa (anche prendere o lasciare è una forma di trattativa) dove forse la parte debole è stata il detentore del bond anche visto che, almeno in Italia le banche li ha scaricati sul parco buoi la notte prima.
    Ora grazie a questa sentenza a favore di pochi che hanno per lo più comprato i bond già in default per una pipa di tabacco, i poveri buoi non vedono più neanche quel 30% che erano stati costretti ad accettare, e l’Argentina rischia di tornare al 2001 per riempire le tasche di pochi speculatori.
    Questo mi fa pensare che forse invece sia un modello cui ispirarsi: in fondo si tratta di stabilire delle regole.
    Io Stato non fallirò, o renderò sostenibile il mio fallimento qualsiasi cosa accada, tu investitore che non sei uno sprovveduto, sappilo.
    Non per niente mi pare che questa sentenza stia facendo diventare attrattive quelle piazze affari dove si possono imporre clausole di salvaguardia che ricordavi proprio a proposito dell’Argentina nel precedente articolo http://www.pianoinclinato.it/default-argentina-indigesto/#more-3276 .
    Mi sembra che a livello “politico” sul lungo termine queste decisioni giudiziarie, dall’Argentina alle sanzioni alla banca francese ( SBF ? ricordo bene?) siano controproducenti per gli USA, ma ora vista l’ora tarda non vorrei scivolare nella geopolitca.

  6. Post molto globalista e luigiduca ha scritto molte cose sensate.

    Domande

    1) qual è il Diritto Internazionale a cui Andrea Boda si riferisce?

    2) quando fallisci, non sei in grado di soddisfare i tuoi impegni verso i creditori. Portando all’estremo la tesi di Boda, il fallito deve comunque saldare tutto, nonostante un accordo…anche se non c’è possibilità di saldare. È un principio valido? Se lo si accettasse, si escluderebbe il default e si accetterebbe solo la rinegoziazione nel tempo.

    Nel passato, le risposte alle 2 domande venivano date in modo molto meno ipocrita: guerra e conquista.
    Se ne è capace, Elliot si muova in questo senso. Forse verrebbero ringraziati perfino dagli argentini onesti che da anni devono sopportare una classe politica di ladrones.
    Sinbad

    1. Il Diritto a cui mi riferisco è quello anche dei tanti piccoli sottoscrittori di obbligazioni argentine comprate in buona fede, non sono il paladino degli speculatori. Era possibile rinegoziare a condizioni sostenibili e meno severe, tutto qui. Ci fosse stata una vera trattativa il risultato finale sarebbe stato più probabilmente vicini ad una rinegoziazione più equa, ma qui non abbiamo avuto un incontro tra due parti che “tiravano l’acqua al proprio mulino”, la richiesta di una delle due parti è stata quella della accettazione supina delle condizioni imposte: prendere o lasciare. Il fallito non deve saldare tutto, ma nemmeno usare il fallimento come strada per buggerare, non mi pare una bestemmia.

  7. Andrea,

    mi chiedo quante banche siano state trasparenti nei confronti dei loro clienti retailer…
    E anche adesso…
    Sinbad

  8. Ma Andrea abbi pazienza, con questa sentenza sono proprio i tanti piccoli sottoscrittori di obbligazioni argentine in buona fede che ci pèrdono, perchè da “poco” sono passati a “niente”, dato che la trance di pagamento regolarmente versata è ora bloccata presso la banca che la dovrebbe erogare per via della sentenza che favorisce i “buitres”, no? 🙂

    1. Un vecchio adagio dice che “chi si accontenta gode”, ma forse in questo caso chi si è accontentato non ha goduto nemmeno la metà rispetto a chi l’ha obbligato ad accontentarsi. Per i piccoli sottoscrittori, mal consigliati dalla Task Force Argentina, questa sentenza e questo esito apre lo spazio per sperare in una ricontrattazione più favorevole. L’Argentina aveva diritto di ristrutturare allo scopo di ripartire, ma del suo diritto ne ha abusato. L’Argentina può e vuole pagare, come ricordi anche tu. Bisogna solo “aiutarla” a pagare in modo più equo.

  9. Parole sante sakura…
    Andrea, ci sta quel che dici, probabilmente il pendolo dovrebbe fare ancora qualche oscillazione per aggiustarsi in un giusto mezzo, ma mi sembra che la sentenza lo abbia inchiodato al muro in una posizione molto inopportuna 😉

  10. credo vadano tenute separate le condizioni della ristrutturazione (probabilmente non eque) dalla sentenza del giudice, il quale ordina di non pagare più i ristrutturati fino a quando non saranno pagati interamente… non coloro che non aderito alla ristrutturazione, ma coloro che hanno ricomprato i titoli defaultati (scusate la parola orrenda). è una sentenza che è incentiva la speculazione e crea incertezza. sarebbe (forse, io non sono di questo avviso) più accettabile se la sentenza venisse applicata solo a quanti hanno effettivamente subito perdite.

    1. Il valore di un titolo non può dipendere dal prezzo pagato sul mercato per comprarlo: è il prezzo che esprime la sintesi di (valore finale)*(rischio credito)*(rischio tassi)*(rischio valuta)*(rischio liquidità) ecc, viceversa verrebbe meno la funzione del mercato di assegnare un prezzo (valore) ad un credito, valutandone la qualità.

      La sentenza, dando ragione ad una delle parti, ha di fatto creato una pre-condizione: siccome è autoevidente che sia impossibile adempiere a quanto previsto dalla sentenza stessa, ora sarà necessario formulare un nuovo accordo. E questa volta su base condivisa. La ristrutturazione del 2004-2005 se non è stata “circonvenzione di incapaci” è stata quantomeno “abuso di posizione”.

  11. Forse se l’Argentina avesse avuto come controparte negoziale una banca come Unicredit o un consorzio di banche (mi pare che Unicredit fosse in buona compagnia) anzichè il parco buoi allo sbaraglio… 😉 Scusate la polemica… 🙂

  12. sono d’accordissimo che il prezzo di un titolo non possa dipendere dal prezzo pagato! la funzione del mercato però viene completamente stravolta dagli umori di un giudice… I CDS sull’argentina sono letteralmente impazziti, a mio parere a testimonianza del fatto che la vicenda è preda degli umori più che di valutazioni razionali/legali.
    quanto poi alla circonvenzione di incapaci… apriamo una discussione su certi aumenti di capitale? 🙂

    1. Intanto è da vedere (a) quale sarà il livello di adesioni a questa nuova proposta di scambio e (b) quanto giuridicamente sia percorribile: i titoli da cui si propone di uscire sono stati emessi sotto legislazione statunitense.

      Comincio a capire perché l’Argentina sia la patria delle telenovelas …

  13. Se non ho capito male non è una proposta di concambio, semplicemente si dice che i bond esistenti verranno pagati dalla banca argentina anzichè quella USA. Sempre più appassionante, per chi non ha bond in portafoglio! 🙂

      1. Ho letto solo adesso il bel post di Phastidio.
        A corredo, per puro folklore, vorrei aggiungere che, se andate a Calafate, vedrete una bella statua celebratoria di Cristina nel Centro Commerciale.

        Tuttavia, il post è…troppo perfettino (come al solito, visto l’autore).

        Mi riferisco al passo che dice che è un diritto sacrosanto comprarsi i bond in default.

        Verissimo…ma altrettanto vero è che sono in default, quindi non puoi aspettarti di essere ripagato.
        Se li compri, vuol dire che parti già dal presupposto che hai un piano per essere ripagato.

        Ma se questo piano coinvolge la vita di milioni di persone?

        Sarò un’anima bella ma il problema del globalista Seminerio (e molti come lui) è che, da una parte sono pronti alle crociate “buoniste”, dall’altra, quando si tratta di “globalismo” gli altri sono chiamati “anime belle”.

        Ripeto, se gli hedge-fund rivogliono i soldi indietro, siano anche consapevoli che, se necessario, bisogna contemplare l’uso della Forza, senza ipocrisie.

        Il diritto internazionale esiste fin tanto che gli attori interessati hanno convenienza ad esserne parte.
        Se questa convenienza finisce, il diritto internazionale non esiste più (a cominciare dagli Stati Uniti che non hanno firmato molte convenzioni – per esempio quella del mare in compagnia dell’Iran – pur difendendole quando si tratta di affari esterni…altra ipocrisia).

        Sarò un’anima bella ma non sono ipocrita.
        Tanto che, se una portaerei va in Argentina a fare una guerra a riprendersi i soldi, lo trovo un metodo brutale ma giustificato (molto più probabilmente finirà con i Kirchner targati nemici del mondo civile e i beni sequestrati…a meno che non si vendano qualche asset argentino tipo vaca muerta….).

        sinbad

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