Bad bank europea. Il canto delle sirene


Dopo la brillante esperienza di Atlante, il presidente dell’Eba (European Banking Authority) Andrea Enria lancia un’idea che buca lo schermo e conquista pagine sui giornali, peccato questo polverone serva solo a offuscarci la vista.

L’idea sarebbe far vendere i crediti problematici delle banche a una nuova e paneuropea società di gestione. La dimensione appare roboante: mille miliardi di €.

Wow

Ma come fa a proporre cifre simili quando Atlante arrivò a raccoglierne a fatica 4, di miliardi? Semplice: Atlante non risolveva alcun problema, semplicemente lo spostava dal bilancio delle banche al proprio. La bad bank europea non farebbe nemmeno questo: Nel caso la bad bank non riuscisse poi a cedere questi crediti in un tempo fissato (per esempio tre anni) allora le banche dovrebbero riprendersi questi Npl e assorbire in toto le perdite facendo scattare la ricapitalizzazione preventiva dei singoli stati membri. Misura accompagnata quindi dal bail in con perdite sugli azionisti. Non ci sarebbe così una mutualizzazione dei rischi sugli altri stati dell’Unione e si rispetterebbero le regole e le risoluzioni sugli aiuti di Stato.

Quindi se la vendita riesce a condizioni vantaggiose bene per la bad bank, se invece le cose vanno male il danno torna alla banca cedente. fate uno sforzo di fantasia e provate a immaginare quante banche parteciperebbero ad un meccanismo simile. Tiriamo a indovinare… diciamo NESSUNA.

Per dare corpo all’iniziativa serve un incentivo per le banche. Eccolo qua: come si legge nelle slides di Enria, le banche trasferirebbero i crediti alla bad bank ad un valore supposto come corretto e superiore al prezzo riconosciuto dal mercato (esattamente come si proponeva di fare Atlante: “correggere” il mercato). La differenza fra gli attuali prezzi di mercato e il valore attribuito potrebbe essere teoricamente esente dall’aiuto di stato e coperta, ad interim, dalla stessa Bad bank e da investitori privati.
Si tratta quindi di un bridge loan che ha come unico reale pregio quello di far guadagnare tempo, distraendo provvisoriamente partite perdenti dai bilanci bancari.

Tutto sommato lo schema appare più simile alla Sareb spagnola che ad Atlante, ma guardando a casa nostra scopriamo che proprio ieri Unicredit ha annunciato che chiuderà il bilancio 2016 con un rosso che sfiora i 12 mld€ (11,8 mld) a causa -tra l’altro- delle svalutazioni aggiuntive per pesare la sua quota nel Fondo Atlante, oltre ai contributi straordinari al Fondo di Risoluzione Nazionale (versati per ricapitalizzare altre banche in crisi). Insomma, anche se a qualcuno dei sospetti erano venuti già parecchio tempo fa, oggi Unicredit ha offerto la dimostrazione plastica di quanto questi interventi non rappresentino una soluzione, ma una dilazione dei problemi. Danièle Nouy, la signora della Vigilanza BCE sulle banche dell’Eurozona, è infatti tuttora impegnata a dire che gli istituti italiani non hanno fatto abbastanza per risolvere il problema delle sofferenze.

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Diciamo che forse, questa bad bank europea, costituisce semplicemente un vincolo normativo per applicare le regole della risoluzione delle banche (BRRD), ovvero il vituperato bail-in, senza appigli, alibi e appelli alla pancia dei cittadini, nel momento in cui le cose dovessero evolvere negativamente: la ricapitalizzazione in bail-in, infatti, scatterebbe automaticamente come conseguenza dell’adesione.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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