Debito pubblico: quei dettagli che fanno la differenza

Il Patto di stabilità e crescita che vige in Europa è fondato su vincoli che rendono corta la coperta da qualunque parte la si tiri: se implementi austerity per rientrare nei parametri, ti ritrovi in un contesto recessivo; aumenti la spesa per rilanciare l’economia? L’indebitamento cresce frenando la crescita e rischi anche di subire delle sanzioni, in ogni caso non riaggiusti i rapporti di debito e deficit rispetto al PIL.

Ieri Kenneth Rogoff dalle pagine del Sole24Ore ha illustrato (senza dilungarsi in numeri e formule…), in un articolo intitolato “la terza via per ridurre il debito” come

“il debito pregresso intrappola i Paesi in un circolo vizioso […] né l’austerità né gli stimoli non mirati possono aiutare a sfuggire dalla trappola del debito. Storicamente sono altre le misure che hanno giocato un ruolo significativo (rinegoziazione, inflazione, tassazione della ricchezza)”

Escludendo una robusta inflazione, visto che già solo l’obiettivo di lungo termine della BCE di una moderata inflazione al 2% sembra una chimera, secondo Rogoff ai Paesi con debiti pubblici troppo grandi restano solo la ristrutturazione o una patrimoniale-monstre.

Come si potrebbe alleggerire il montante di debito senza dover necessariamente passare da una ristrutturazione (con tutto quello che ne conseguirebbe) o da una imposta patrimoniale come quella evocata da Fabrizio Barca quando rifiutò il ministero dell’Economia?

Se l’evoluzione è spinta dalla ricerca della felicità e per la felicità servono –come diceva Ingrid Bergman– due elementi, la salute ed una scarsa memoria, allora nel mondo animale la creatura più evoluta è il Ciprino Dorato, meglio noto come “pesce rosso”: sano per definizione (è un pesce) e con una memoria che si estende fino a 3 secondi.

A noi umani, che questa fortuna non l’abbiamo, tocca rassegnarci ad usare la memoria: la lunghezza di questa Crisi potrebbe infatti averla messa in difficoltà.

Iniziamo dai parametri europei: ottenere qualche tipo di elasticità (chiedendo di non conteggiare questo o quello) sembra un esercizio donchisciottesco. L’irritazione aumenta dopo la scoperta fatta ieri dalle righe di Repubblica: Guy Abeille, ovvero “monsieur 3%”, confessa candidamente in questo articolo di aver inventato sotto la presidenza di Mitterand il limite del rapporto di deficit sul PIL, poi copiato nel trattato di Maastricht, “in un’ora, un po’ per caso e senza studi precisi”

Ma, se la regola è “stupida” nel senso di rigida e inadattabile alle circostanze, e per giunta nemmeno figlia di uno studio preciso, non potremmo considerare l’idea di tirare la coperta sul fianco che “stupidamente” la regola offre?

Il limite del 3% si riferisce all’avanzo (disavanzo) primario, ovvero la spesa pubblica prima della spesa per interessi.

Se, arbitrariamente, decidessimo di pagare più interessi ci staremmo regalando l’agognata flessibilità senza doverla chiedere a nessuno (o meglio, dovremmo chiederla al mercato, che al momento decisamente più ricettivo di qualunque Juncker o Rehn vi possa venire in mente).

Si potrebbe pensare ad una nuova tipologia di titoli di Stato, mirati alla riduzione del montante di debito pubblico: titoli con valore di rimborso inferiore a quello di emissione.

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Un dettaglio può cambiare radicalmente l’aspetto dell’insieme…

L’emissione di Titoli di Stato serve, principalmente, al rifinanziamento dei titoli in scadenza: immaginiamo di emettere un titolo che ha il valore di 100 all’emissione, ma prevede un rimborso a 90. Per stare sul mercato questo titolo dovrà offrire una cedola ben più alta di un titolo normale. Considerando che oggi il BTP maggio 2017 al 4,75% viene scambiato al prezzo di circa 111, chi lo compra accetta di veder scendere il suo prezzo d’acquisto fino al valore di rimborso (100) in cambio di una cedola oggi considerata corposa.

Se il Tesoro emettesse -per esempio- un BTP 2017 anomalo a valore rimborso 90, questo dovrebbe avere una cedola similare (4,75%) per trovare mercato intorno a 100 ed essere in linea coi titoli esistenti.

Siccome però il debito pubblico è contabilizzato al valore di rimborso, rifinanziare in questo modo -poniamo- 200 miliardi significa abbattere il montante di debito di 20 miliardi.

Certo, per funzionare lo Stato deve caricarsi di maggiori oneri finanziari, ma la spesa per interessi non fa parte dell’avanzo primario e quindi non ci farebbe sforare dai sacri parametri.

I vantaggi sono dunque chiari: al prezzo di un maggior costo corrente il Tesoro ottiene un alleggerimento della cappa di debito nominale, diffondendo un segnale incoraggiante (immaginate il beneficio di mostrare i contatori del debito che si aggiornano a ribasso). Una sorta di haircut autoinflitto e concordato, ben più dolce e digeribile di una ristrutturazione per insolvenza od una patrimoniale socialmente destabilizzante.

Il maggior costo corrente, oltre ad essere perfettamente in linea coi trattati (non viene conteggiato nel deficit primario) andrebbe comunque ad impattare sul bilancio pubblico, e genererebbe una spinta implicita a rafforzare una spending review e realizzare riforme, specialmente sul mercato del lavoro, orientate ad una maggior competitività.

La difficoltà sta nell’introdurre uno strumento che scardina un’abitudine: quella di vedere un capitale nominale a scadenza pari a quello di acquisto in emissione, concetto che ha degli aspetti psicologici, ma anche diciamo “etici”: il titolo di Stato è lo strumento destinato ai risparmiatori per la difesa dei loro risparmi. Bisogna però osservare che, considerando le cedole, il sottoscrittore avrebbe un rendimento comunque positivo e pari agli strumenti che potrebbero essere emessi oggi con rimborso alla pari, ma a tassi infimi.

Il rischio è di consegnare alla politica un tool per reperire l’agognata flessibilità e poi vederla dilapidata nel gorgo di una spesa pubblica che non si sa come ma diventa sempre “incomprimibile”.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

3 Risposte a “Debito pubblico: quei dettagli che fanno la differenza”

  1. Naturalmente sarebbe possibile ottenere lo stesso risultato anche semplicemente riemettendo i titoli che sono presenti sul mercato a prezzi molto sopra la pari, il BTP marzo2025 al5% per esempio oggi il Tesoro lo può collocare a 118, raccogliendo ben più del nominale emesso

  2. Se cominciamo a pensare a marchingegni del genere allora io rilancio i miei titoli al portatore… non verrebbero comprati ma messi in circolo per esempio rimborsando l’iva e ci si potrebbero pagare le tasse…

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