Cina, al Plenum di novembre un approccio graduale alle riforme

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approccio graduale
E’ palpabile una crescente attesa per il terzo plenum del Comitato Centrale del Pcc. L’assise si riunirà a Pechino a novembre e, come da tradizione, probabilmente condurrà verso annunci importanti. I 205 delegati emersi dal XVIII Congresso fronteggeranno un compito gravoso, inedito, ricco di conseguenze. Le aspettative non sono illegittime; traggono invece origine dagli argomenti che la segreteria di Xi Jin Ping deve affrontare. L’attesa è forte perché seri sono i problemi. La curiosità collettiva sembra far giustizia dell’interrogativo iniziale che si pone: perché sono necessarie riforme edificio a un modello che finora si è rivelato estremamente valido? Perché si chiede di riformare qualcosa che ha Api funzionato così bene? Le istanze sono molteplici e coinvolgono tutte le sfere sociali: dalla crescita economia al sistema politico, dalla protezione dell’ambiente alla limitazione delle libertà personali, dalle necessità dei ceti urbani all’arretratezza dei contadini. L’assise riguarda il partito e non il governo. Nonostante l’omogeneità tra i due istituti, il primo è tenuto a dare YAMAHA una risposta complessiva, che avvolga tutti gli aspetti della società. Deve farlo proprio perché un vecchio modello di sviluppo mostra le prime crepe dell’inadeguatezza. Per tanti, troppi anni Pechino si è cullata sulle tabelle della crescita. Ha wholesale nfl jerseys rimandato molti problemi sociali sull’altare del Pil, creando record, ma disattendendo in buona parte le richieste sia della società civile che dalla parte più dinamica dell’imprenditoria. Ora questi nodi vanno sciolti, perché la rincorsa al Pil non è eterna, la crescita può diventare un’ossessione, ma non più una terapia che nasconde sindromi più grandi. Per ironia, una delle grandi dispute sarà la riduzione del credito, come se la Cina fosse diventata vulnerabile come tutti. Attorno a questo scoglio si sono condensate una serie di questioni irrisolte da quando anche la Cina sente i colpi della crisi e del rallentamento della crescita. L’esposizione di Pechino non ha valori certi, ma analisi serie e indipendenti la collocano Reboot al 200% del Pil. E’ una percentuale spaventosa, soltanto mitigata dalla proprietà del debito che, analogamente al Giappone, non è in mano straniera. L’esplosione si è avuta con la gigantesca manovra del 2008, quando l’economia mondiale annaspava e non esistevano più i numerosi approdi delle merci cinesi. Ridare fiato alla domanda interna ha significato indebitarsi. Lo sforzo ha salvato il paese, acuendone tuttavia gli squilibri. Ad essi guarda la nuova dirigenza e il Plenum di novembre dovrà trovare soluzioni. La riforma più attesa è l’assunzione di responsabilità dirette da parte di Pechino per l’istruzione primaria e il welfare, cioé le pensioni e la spesa sanitaria. Lì si annidano gli sperperi e le destinazioni in mille rivoli, fuori budget e fuori controllo. La capitale ritiene che i governi locali siano esageratamente indipendenti, disinvolti nella spesa, opachi nei rapporti. Un progressivo accumulo di risorse ha creato poteri paralleli, coperti dai successi economici e dalla wholesale mlb jerseys regolarità dei trasferimenti. L’enorme flusso di denaro che arriva alla periferia cheap jerseys era spesso fuori controllo. La recente vicenda di Bo Xi Lai, ex governatore di Chongqing, è soltanto l’esempio più drammatico di questa situazione. Rendere i governi locali più responsabili senza la sicurezza del trasferimento di Pechino è la sfida più pressante. Addirittura si ritiene che essi potranno emettere dei bond per finanziarsi – possibilità ora proibita – mettendo la massima attenzione ai propri conti. Dovranno dunque abituarsi al rating, come tutti nel mondo globalizzato. Così come l’agenzia Dagong trova clienti al di fuori della Cina, le aziende e le amministrazioni nazionali dovranno abituarsi agli scrutini e all’auditing. La cornice della manovra è la razionalizzazione dei meccanismi, lasciati all’incompetenza, al rinvio, se non alla piaga della corruzione, il nemico più forte secondo l’attuale dirigenza. Il compito del Comitato centrale non è agevole. Non potrà rimandare le riforme ma dovrà procedere per gradi, perché altrimenti l’intera impalcatura del potere potrebbe vacillare. Inizierà con obiettivi alla sua portata, ben sapendo che una revisione completa dei meccanismi di crescita e di controllo sarà inevitabile. Purtroppo la riforma del sistema bancario (afflitto dai crediti inesigibili) e il privilegio nel finanziamento delle imprese di stato non sono in agenda. Lo saranno presto, insieme ad altri problemi di più leggerezza spiccato timbro sociale: la politica del figlio unico, la registrazione stabile nell’unità di lavoro, l’accesso all’istruzione superiore. Il Plenum si aprirà dunque con propositi ambiziosi ma calibrati, radicali ma circoscritti; sarà un tentativo di raccogliere legna per il futuro, evitando di segare l’albero sul quale si è seduti.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Cina, al Plenum di novembre un approccio graduale alle riforme”

  1. In attesa del Plenum del Novembre prossimo del Partito Comunista, che “viene considerato dai più” alla stessa stregua dello storico avvio dell'”epoca delle riforme”, come sta andando l’Economia Cinese?!?

    Alcuni mesi fa, all’inizio dell’Estate Boreale PURTROPPO appena trascorsa, per chi ha la memoria ovviamente SEMPRE ben funzionante ed a palla, un pò TUTTI i Media si erano come SEMPRE “sperimentati” in analisi circa il crollo Cinese (cd. “hard landing”).

    La crescita era infatti rallentata, fino al 7.5% e lasciava intuire potenziali crisi ancora più dense. ADDIRITTURA si erano fatte previsioni a fronte di una crescita solo del 3%.

    Palle d’aria calda, COME SEMPRE!

    Erano passati pochi giorni da “queste previsioni nefaste” ed improvvisamente si era ricominciato a ri-parlare di una nuova crescita Cinese.

    L’indice del manifatturiero era lievemente salito, grazie ad un mini stimolo, a Luglio, che aveva aiutato a livello FISCALE le Aziende che producono essenzialmente per l’esportazione ed aveva portato nuovi investimenti statali in alcuni settori “strategici” (il ferroviario ed il marittimo, in particolare).

    Nel frattempo la Cina – e il Mondo – avevano scoperto quanto da tempo gli Economisti S-E-R-I vanno dicendo: il debito pubblico delle Amministrazioni Locali sarebbe arrivato a numeri pericoloSiSSimi.

    Il Governo Cinese aveva avviato un controllo severo, ma anche in questo caso dopo poco tempo, tutto era scomparso dalle cronache economiche Cinesi (e non solo, COME SEMPRE).

    Nel frattempo è partita la zona di libero scambio di Shanghai, un esperimento pilota ancora tutto da verificare e da capire (basti pensare che il Premier Li Keqiang non ha partecipato alla sua inaugurazione), mentre hanno continuato a tenere banco le ricette della Likonomics, i rimedi economici sponsorizzati dal Premier Cinese e più in generale dall’Economia Mondiale, che ha bisogno di una Cina che cresce MA in modo sano.

    .!Rebalancing-MANTRA!.

    Mercoledì scorso (2 Ottobre) sono arrivati i dati ufficiali di Settembre, che dimostrerebbero un aumento dell’indice di acquisto del manifatturiero al 55.4%, rispetto al 53.9% di Agosto.

    Sopra il 50% – per i meno avvezzi – significa che l’Economia “gira”.

    Si tratta di dati differenti rispetto a quelli pubblicati dalla Banca HSBC lo scorso lunedì (30 Settembre)

    -[ sempre per i meno avvezzi:

    http://www.hsbc.com/news-and-insight/2013/china-makes-slow-progress

    e poi

    http://www.hsbc.com/news-and-insight/emerging-markets

    dove potete consultare/leggere/vedere il relativo Pdf (è localizzato al primo posto in alto nel/del mese di September 2013: “30 Sep 2013 – China – PMI Manufacturing press release – Sep 2013″) ]-

    che davano l’indice solo al 50.2 seppure in aumento (ad Agosto era al 50.1).

    Secondo quanto riferito da fonti vicino a chi ha lavorato alle proposte economiche del Governo, la Cina si appresta a puntare su alcune riforme ben specifiche.

    Ci si occuperà della terra, con il Governo intenzionato a consentire ai Contadini di venderla, una volta deciso di abbandonare le campagne.

    Si tratta di una conseguenza dell’urbanizzazione, processo storico-EPOCALE che sposterà oltre 250 milioni di Persone in soli dodici anni e che dovrebbe portare alla riforma del certificato di residenza, l'”hukou” che attualmente lega i diritti dello stato sociale, pochi, al luogo di nascita.

    Una riforma dell’hukou, anche parziale, ha come obiettivo quello di consentire ai Cinesi di spendere meno per i servizi sociali e consumare quindi di più nel mercato interno.

    .!Balancing-LIFE!.

    Al vaglio del Governo ci sarebbero anche tasse sull’eredità ed un controllo maggiore degli investimenti da parte delle Amministrazioni Locali, fautrici – per l’appunto – del debito pubblico locale MONSTRE.

    Fino ad ora infatti i Governi Locali hanno utilizzato i propri soldi per investimenti speculativi nel settore immobiliare, che non hanno aiutato una redistribuzione del reddito, finendo per pesare sull’Economia interna.

    L’intenzione è di procedere passo dopo passo; anche per questo dovrebbe rimanere fuori, AL MOMENTO, la grande riforma delle Aziende di Stato.

    Un capitolo questo davVERO da sORC(H)I (ROSSI) [fiscalmente, in primis e soprattutto].

    !Uè A-ONE!

    _s-U-r-f-E-r_

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