Cina: Una finanza senza banche?

liquidità inerte

Probabilmente un cambio di aggettivi sta innescando un processo di più lungo respiro. Al Terzo Plenum del PCC dello scorso Novembre, il segretario Xi Jin Ping aveva innalzato il ruolo del mercato nella società, promuovendolo da “basilare” a “decisivo”. Ciò che sta succedendo nel finora monolitico sistema bancario può essere letto come un tentativo di riforma, seppure indefinito e indiretto. Se il governo non vuole intervenire – per volontà o per debolezza – fa svolgere il ruolo di stabilizzatore al mercato. Ha dapprima avviato le procedure per consentire maggiore libertà d’azione alle prossime banche non pubbliche, permettendo poi a grandi imprese private di inaugurare la vendita di servizi finanziari. Il tentativo sembra volere dare maggiore libertà di scelta agli investitori cinesi. Gli immensi risparmi della popolazione erano finora penalizzati da un tetto del 1,5% di interesse sui depositi, indipendentemente dalle quantità versate agli sportelli. Senza sorpresa, ingenti flussi di denaro seguono strade parallele, dai discussi trust funds, allo shadow banking (una zona d’ombra dai contorni e dai ritorni molto opachi) fino addirittura all’usura. Tutto avviene in un contesto socio-politico dove l’uguaglianza e l’equità sono ancora un miraggio.

Il fenomeno sta causando perdite e attriti. I depositi bancari si sono alleggeriti di 1.000 miliardi di renminbi lo scorso gennaio, mentre le autorità bancarie stanno premendo per imporre restrizioni ai nuovi strumenti finanziari, in effetti capaci di concedere interessi molto più alti di quelli bancari. Le società attive sono i giganti dell’elettronica, per i servizi internet, le vendite on line, i social media. Alibaba, il gigante del settore, controlla l’80% dell’e-commerce cinese attraverso i suoi canali di pagamento e vende più prodotti di quanto riescano a fare Amazon ed eBay insieme. Lo scorso anno il Single Day – la giornata degli acquisti che gratifica chi non ha una relazione di coppia – ha registrato vendite per più di 3 miliardi di dollari, la maggior parte gestiti da Alibaba. La società ha recentemente ottenuto l’autorizzazione a allargare il ventaglio dei prodotti finanziari offerti dalla China Banking Regulatory Commission (la Consob o la SEC cinese). La disponibilità monetaria che gestisce è dunque immensa. Meno cospicua ma comunque importante è l’attività di Tencent, l’holding di Shenzhen. La sua azienda per la messaggistica – QQ – ha 650 milioni di utenti ed ha recentemente iniziato a raccogliere investimenti privati, anche di ridotte dimensioni, proprio attraverso gli smart phone. Altre aziende, dalle attività industriali più svariate, si sono avventurate in questa nuove attività.

L’innovazione non è preoccupante per le dimensioni (i depositi bancari rimangono ancora il veicolo dominante) quanto per la velocità di affermazione. L’antico è rappresentato da banche ingessate, protette, opache, luogo di interessi occulti. Non sorprende che la riforma del sistema finanziario in Cina sia sempre rinviata. Penalizzerebbe troppi interessi per essere accettata soltanto per i miglioramenti che recherebbe. La novità è simbolizzata dall’individualismo che si esplica con la rete. I consumatori di Alibaba diventano risparmiatori e investitori esattamente con gli stessi canali con i quali erano consumatori. Mentre un mondo si crogiola in vecchi privilegi, la società impara nuove forme di rivincita che questa volta Pechino sembra voler tollerare – e forse incoraggiare – invece che reprimere. Nel dinamismo della globalizzazione, e con l’ausilio dell’informatica, si potrà forse presto arrivare a una personalizzazione finanziaria così radicale da poter infine fare a meno dell’intermediazione bancaria.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

3 Risposte a “Cina: Una finanza senza banche?”

  1. Nel dinamismo della globalizzazione, e con l’ausilio dell’informatica, si potrà forse presto arrivare a una personalizzazione finanziaria così radicale da poter infine fare a meno dell’intermediazione bancaria.

    Bene; ma chi creerà moneta in quel caso? O chi la moltiplicherà, come piace dire ai banchieri?

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