La crisi bancaria che verrà

«Passare la palla a Pirlo è come metterla in banca», dicono i giocatori che hanno diviso con lui il campo da gioco. E Andrea Pirlo, per tutelare questa definizione, ha pensato bene di emigrare negli Stati Uniti. Appena prima che in Italia arrivassero decreti “salvabanche” e la disciplina sul bail-in mettesse in dubbio la sua capacità di custodire il pallone. Il problema a Siena è che serve una nuova iniezione di denaro fresco per Mps, un aumento di capitale da 5 miliardi di euro dopo i numerosi (e corposi) aumenti lanciati negli ultimi anni. Ma l’azienda non fa profitti, appesantita com’è da un carico di crediti deteriorati nettamente superiore alla già indecorosa media del sistema finanziario italiano.

Mancando i profitti, mancano anche investitori interessati a sottoscrivere le nuove azioni così il Monte dei Paschi intende (manca ancora l’approvazione dell’assemblea) lanciare una proposta agli obbligazionisti: la conversione dei bond. Tutti i detentori di emissioni subordinate, siano essi investitori professionali o uno dei 40 mila semplici risparmiatori correntisti della banca, verranno invitati a sottoscrivere uno scambio: cedere all’istituto i loro titoli e ricevere le nuove azioni della banca. La proposta è corredata da un promemoria che sembra uscito da un romanzo di Mario Puzo: si può sottoscrivere questa conversione volontariamente, oppure la si dovrà subire forzatamente. Infatti, se la banca non riuscirà a realizzare questo aumento di capitale, la continuità aziendale sarà messa in discussione e sarà necessario procedere alla richiesta di aiuti di Stato e alla procedura di risoluzione nota come bail-in.

[tweetthis]La proposta di conversione per i subordinati #MPS sembra venire da “il Padrino”[/tweetthis]

Il prezzo su cui calcolare il concambio per gli obbligazionisti, in questa offerta, è pari a 100 (quindi alla pari) o a 85 a seconda del tipo di emissione posseduta. Un prezzo che sembra allettante: a fronte di 1 euro di valore nominale di obbligazioni, il risparmiatore riceverà 1 euro di controvalore in azioni (o 0,85 nel caso peggiore). L’offerta appare conveniente specie se confrontata con l’alternativa di mercato: vendere i titoli significa infatti incassare 65 centesimi per ogni euro, al 23 novembre. Tuttavia chi compra a prezzo scontato, pagando in contanti, sono per lo più i cosiddetti “fondi avvoltoio” che acquistano allo scopo di convertire per poi vendere immediatamente le azioni, appena verranno loro consegnate. Per loro il profitto consiste nella differenza fra il prezzo pagato per comprare le obbligazioni e l’incasso per la vendita delle azioni che riceveranno in concambio.

Nel primo giorno di contrattazione utile, pertanto, venderanno a tamburo battente e continueranno a vendere anche di fronte ad un -20% perché a quei valori staranno ancora registrando un profitto. Ed è così che i risparmiatori che obtorto collo avranno convertito i loro risparmi vivranno il loro “battesimo del fuoco” fin dal primo giorno di possesso delle azioni, scoprendo che il concambio non li ha protetti: una sorta di imprinting sul funzionamento del mercato. Appare maldestro che, in contemporanea a una vicenda destinata ad essere tormentata e protagonista delle cronache finanziarie, ci sia qualcun altro che medita di lanciare un aumento di capitale corposo da realizzare in parte con la conversione di bond subordinati. Questo qualcuno è Unicredit, l’unica banca italiana considerata sistemica in Europa.

[tweetthis]il destino delle nuove azioni #MPS sul mercato è già scritto, scoprilo qui:[/tweetthis]

Quanto tempo occorrerà prima che la similitudine, grossolana, fra Mps ed Unicredit provochi un danno d’immagine ingente all’istituto di piazza Gae Aulenti? Il management deve avere qualche coniglio nel cappello, considerando che i principali azionisti della banca hanno espresso malumore o indisponibilità a sottoscrivere un aumento di capitale, che era atteso – stimato – per 10 miliardi di euro e che invece parrebbe verrà annunciato di 13 miliardi. La velocità con cui si distrugge il capitale nel sistema bancario italiano è allarmante: dalla neonata Banco-Bpm, frutto della fusione fra Banco Popolare e Popolare di Milano, spuntano problemi imprevisti. Le recenti verifiche fatte per organizzare la fusione avrebbero tralasciato una quota di crediti deteriorati che necessita di copertura, serve una cifra ancora non definita ma che pare sia prossima a 2 miliardi.

[tweetthis]La pessima gestione dell’aumento di capitale di Unicredit nasconde un segreto?[/tweetthis]

Infine le disastrate Veneto Banca e Popolare di Vicenza, appena ricapitalizzate dal fondo Atlante, appositamente creato, sono già alla ricerca di altri 600 milioni attraverso una nuova ricapitalizzazione. Attendiamo di scoprire gli eventi, che si dipaneranno in uno scenario politico che al momento è incerto: il 4 dicembre il referendum costituzionale sarà decisivo per il destino del governo Renzi; tra le altre, una delle ragioni del Sì è quella di garantire stabilità politica per la gestione delle turbolenze finanziarie. Parimenti il No potrebbe portare ad un governo tecnico, secondo alcuni guidato dall’attuale ministro delle Finanze PierCarlo Padoan, e chi meglio di un governo tecnico potrebbe tenere le redini nel pieno di una crisi bancaria?

[tweetthis]L’esito del #referendumcostituzionale è significativo per la crisi bancaria italiana?[/tweetthis]

È chiaro che, quale che sia l’esito referendario, la possibile tensione su una o forse due tra le più grandi banche del Paese potrebbe mettere nuovamente alla prova dei mercati – attraverso lo spread Btp-Bund – la tenuta del sistema Italia. Il 4 dicembre è data elettorale anche in Austria, dove il nazionalista di destra Norbert Hofer potrebbe diventare presidente, ingrossando l’onda nazionalista che è partita con il voto sulla Brexit ed è proseguita con la sorprendente vittoria di Donald Trump. Un viatico di massima inerzia per Marine Le Pen, che tenterà di conquistare la presidenza francese tra aprile e maggio del prossimo anno. Se i nazionalismi torneranno protagonisti in Europa, il termometro del rischio politico si surriscalderà e tutto diventerà ancora più difficile. Per il momento teniamoci stretto Andrea Pirlo, sperando che continui a saper proteggere il pallone come nessun altro. Sarebbe quantomeno di buon auspicio.

Dal numero di pagina99 in edicola il 26 novembre 2016
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

3 Risposte a “La crisi bancaria che verrà”

    1. Ad oggi in un anno Unicredit ha perso il 66%. ed ha urgente bisogno di un adc che ne abbasserà ancora il valore azionario.

      E’ il momento delle favole, non del terrorismo psicologico: la nonna esce dalla pancia del lupo e i pargoli li portano le cicogne.

      1. Partia,o dal presupposto che hanno pedo tutt’e tantissimo guardiamo banco popolare MPS ubi ecc ma questo non vuole dire che faremo altrimenti due anni così, quello che dovevamo scontare lo stanno scontando la paura secondo me che deve avere UE e Germania in primis e che se se sale m5s al governo non avranno più potere sull’Italia quindi o la che inizia davvero ad aiutare gli stati non solo con un qe sull’emergenza obbligazioni ma anche comprando titoli sull azionario oppure mi sa che uscire dall’euro diventa una possibilità non poi così remota

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