Una Crisi “eccellente”

Cinque grandi banche hanno ricevuto oggi una multa da 3,4 mld$ per aver manipolato il mercato dei cambi (un mercato su cui si scambiano contratti per 5mila miliardi di dollari al giorno) e vien da chiedersi se l’attività delle banche non stia diventando quella di fare utili per accantonare risorse per le (sempre più) frequenti multe.

L’entità e la frequenza dei casi di abuso di mercato e/o di posizione ha iniziato a crescere dal 1999. Siamo al crepuscolo dell’era Clinton, mentre tutti parlano di Monica Lewinsky il congresso americano approva la legge che cambierà il corso della Storia nel nuovo millennio: il Financial Services Modernization Act. Il provvedimento diede il via ad una nuova fase di fusioni bancarie e di concentrazioni nel settore finanziario, in realtà fu una prosecuzione del cammino di deregulation già avviato a Wall Street dalla presidenza Reagan.

La diffusa convinzione generale era che la necessità di competere sulla piazza globale con i giganti Tedeschi e Giapponesi rendeva necessario che le banche diventassero più grandi ed efficienti in termini di economie di scala. Vennero spazzati via più di 60 anni di regolamentazione finanziaria modificando la legge Glass-Steagall del 1933, che -dopo i disastri della Grande Depressione del 1929- imponeva la separazione fra banche commerciali e banche d’investimento.

Ma, oltre a creare colossi bancari, il Financial Services Modernization Act ha introdotto anche un’altra novità, aprendo alla possibilità per le banche di fondersi con attività “complementari” a quella finanziaria e non pongono rischi sostanziali alla sicurezza dei depositi o al sistema finanziario.

Dal punto di vista delle banche praticamente ogni cosa può essere vista come “complementare” all’attività finanziaria. Dopo 15 anni, infatti, le grandi banche americane possiedono aeroporti, attività del settore energetico (petrolio, gas, carbone, elettricità) e del settore minerario.  Goldman Sachs è, ad esempio, l’azionista di riferimento della principale società elettrica nazionale danese, cosa per cui i cittadini della Danimarca non sembrano manifestare troppa gioia.

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La capacità economica delle grandi banche (quelle che non fallisocno perché Too big to fail) le mette nella condizione di comprare intere porzioni del processo industriale: i giacimenti di petrolio, ma anche le navi che lo trasportano, poi le raffinerie ed infine le reti di diffusione dell’energia.

Dopodiché fanno da “banco” per scommettitori sui mercati finanziari emettendo derivati sui prezzi delle azioni petrolifere, sul prezzo delle materie prime ecc ecc

Consentire ad un manipolo di società di controllare le attività di un settore e allo stesso tempo emettere strumenti finanziari che usano come sottostante quello stesso settore corrisponde a formulare un invito alla manipolazione del mercato.

Cosa che accade ormai regolarmente:

E’ notizia fresca di un paio di giorni che UBS dovrà rispondere dell’accusa di manipolazione sui mercati dei metalli mossale dalle autorità di vigilanza.

Ma negli ultimi anni abbiamo assistito a casi di alterazioni di mercati dei cambi (JPMorgan), dell’alluminio (Goldman Sachs, qui l’inchiesta del NYT), del mercato dell’energia (JPMorgan), dei tassi interbancari europei (Barclay’s, Deutsche Bank, Crédit Agricole e altri), del prezzo dell’oro (Barclay’s), dei tassi Libor (Citigroup, RBS, Deutsche bank, JPMorgan e altri)… la lista potrebbe continuare a lungo.

[tweetthis]Le manipolazioni di mercato delle banche riguardano tutti. Qui si spiega perché:[/tweetthis]

Non si tratta di semplici speculazioni finanziarie favorite dal privilegio di poter incidere sull’andamento di prezzi e tariffe, ma di un meccanismo che ricade in maniera diretta sulle vite dei normali cittadini, che consumano -per esempio- elettricità a prezzi gonfiati (è un caso reale, non un esempio accademico).

Se ai giocatori di calcio è vietato scommettere sulle partite che li vedono coinvolti direttamente (e anche su quelle in cui non sono coinvolti direttamente, per la verità) una ragione di buon senso logico possiamo dire ci sia…

Imprese che pochi anni fa hanno avuto bisogno di un bailout pubblico, senza esperienza industriale specifica controllano e gestiscono i prezzi di energia e materie prime, con impatto nella vita quotidiana di miliardi di persone. Non ci sarà qualcosa fuori posto in tutto questo?

Non è solo questione di fusioni bancarie che creano soggetti too big to fail, ma di consolidamenti fra banche e industrie difficilmente spiegabili con la logica del mercato efficiente. Quando il rischio di malagestione estende le sue possibili ricadute il mondo non si trova forse in una condizione di rischio potenziale maggiore?

Forse, al momento di scrivere quella norma, nessuno immaginava questo genere di sviluppi. Forse si credeva davvero che una società finanziaria, ad esempio un emittente di carte di credito, potesse interessarsi di editoria per pubblicare riviste di cucina, così da promuovere il gusto, la ristorazione ed in ultimo aumentare l’uso delle carte di credito…

Ma qualche dubbio viene, se si analizza il testo del provvedimento, che in una sezione parla specificatamente del possibile controllo da parte di una banca di un’impresa legata al commercio di materie prime. La legge prevede che questo possa avvenire solo se la banca in questione deteneva delle partecipazioni in quel genere di business prima del settembre 1997.

Un passaggio definito “ambiguo” (pag.68 di questo paper) dalla stessa Fed di New York, e che nel 2008 ha aperto le porte del controllo delle commodities a due soggetti: Goldman Sachs e Morgan Stanley, che a causa della Crisi chiesero e ottennero la qualifica di banche ordinarie. Manco avessero scritto la norma apposta per loro…

In quelle concitate settimane di crisi JPMorgan dovette intervenire in salvataggio di Bear Sterns (coi soldi forniti all’uopo dalla Fed), ritrovandosi nel consolidato la sua divisione di commodity trading, pertanto con annessa autorizzazione a fare shopping nel settore, da quel momento in avanti, cosa che iniziò a fare poco dopo.

[tweetthis]Gli effetti dei salvataggi delle banche USA nel 2009 pesano ancora oggi, ecco come:[/tweetthis]

Una bella fortuna poter lavorare ed investire nell’economia reale da una parte (Morgan Stanley, per esempio, è passata da 2,5 mld$ in commodity del Marzo 2009 a 10,3 mld$ in Settembre 2011) e potersi finanziare a tasso zero come istituzione finanziaria presso la Banca Centrale dall’altra. Ci si può persino permettere di portare in basso i prezzi delle materie prime, mettendo in crisi gli altri operatori che non godono dei benefici finanziari di essere banche… (dobbiamo quindi immaginare che quando la Fed rivedrà la politica monetaria, questo impatterà sul prezzo delle materie prime?…)

Sui mercati finanziari di beni reali, ha molto peso l’effetto contango. Quanto diventa facile generarlo artificialmente se si controllano buona parte dei passaggi della catena produttivo-distributiva?

Per i principi di competitività e di libero mercato provate a telefonare a “Chi l’ha visto?” potrebbero lanciare un video-appello su Rai3.

Prendiamo l’esempio dell’alluminio: quando Goldman entrò nel business in modo diretto, nel Febbraio 2010, i tempi medi di consegna dell’alluminio erano 6 settimane. Durante la gestione Goldman i tempi di consegna sono saliti a 16 mesi. Che cosa comporta questo? Una parte del costo dell’alluminio è determinata dai costi di stoccaggio e consegna, questo fattore valeva il 3% del prezzo dell’alluminio nel 2008, per salire al 15% nel 2013 e arrivare a picchi del 25%.

E non basterà smettere di bere bibite in lattine d’alluminio per ridurre l’impatto di tutto questo sulle vostre vite quotidiane.

Tutto questo accade ancora oggi, e fino al 2012 era ancora peggio, visto che  una delle piazze finanziarie globali più importanti nel settore commodities, il London Metal Exchange (LME), aveva ai primi due posti della lista degli azionisti -guarda un po’- Goldman Sachs e JPMorgan.

Diventa più chiaro il perché si chiamino “market makers“…

Proprio ieri, parlando di Net Neutrality, il Presidente Obama ha ricordato che

“Per quasi un secolo la nostra legge ha riconosciuto che le società che ti connettono al resto del mondo hanno obblighi specifici di non sfruttare la loro posizione di monopolio.”

Si riferiva ai tempi in cui i mercati subivano le pretese monopoliste dei cartelli dei trasporti ferroviari e dell’energia fino alla fine del XIX secolo. C’è voluto molto tempo ed una gran lotta politica per arrivare allo Sherman and Clayton anti-trust act, che nel 1914 avviò il processo di limitazione delle posizioni dominanti.

Prima che le “Leggi di Natura” teorizzate da Thomas Hobbes prendano il sopravvento, speriamo bene si riesca a ripristinare un quadro di regole confacente. E’ anche a questo che serve la politica, non solo a riempire le poltroncine dei talk-show, forse vale la pena ricordarlo.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

4 Risposte a “Una Crisi “eccellente””

  1. Per chi volesse approfondire, oggi 20 Novembre 2014 è uscito un articolo sul Financial Times che racconta di come il Senato USA stia prendendo a cuore la questione, sia a causa dei rischi a cui le banche si espongono, ma anche per le manipolazioni a cui i mercati sono esposti nel momento in cui una banca può influenzare il prezzo di una commodity e al tempo stesso emettere strumenti finanziari che hanno quella commodity come sottostante:

    Peso delle commodities nei bilanci delle banche

  2. Verranno i nodi al pettine di tutta la fogna e non saranno le multe, ma la sporcizia finanziaria di un neoliberismo di facciata travestito da libero mercato che è invece oligarchia a tutti gli effetti, sostenuto e spalleggiato dalla FED a fronte di probabili e inconfessabili accordi. Gli organismi di controllo come la SEC paion cagnolini scodinzolanti con le loro multine… JPM ne ha prese a raffica e se la ride beato.

    Prima o poi il valore tornerà a parlare liberamente e romperà la gabbia in cui lo tengono questi pirati senza scrupoli che fanno gli arbitri e giocano la partita senza alcun pudore.

    Ingenuo? Ben venga l’ingenuità a fronte del marciume interiore di cui sono capaci questi oligarchi, degli Stalin raffinati che non si sporcano le mani di sangue…..direttamente almeno.

  3. Questo discorso intorno al valore mi sta particolarmente a cuore.

    E’ un’invariante con alcuni criteri fondamentali?
    E’ una variabile che si adegua a criteri estremamente variabili?

    Prendiamo il petrolio sotto i 70 dollari al barile ed i prezzi alla pompa di benzina invariati….Come è possibile che accada?
    Cosa ci sta dicendo l’estrema volatilità dei cambi?
    Come sono riusciti alcuni gruppi ristretti di potere ad influenzare il mercato delle materie prime e quindi ad interagire direttamente con il corso economico di nazioni sovrane, guadagnando su strumenti finanziari di loro stessa creazione?

    Non so rispondere a queste domande, ma il tanfo di truffa e di bolla voi lo sentite o no? Tutto bene SP 500 ai massimi…

    Che ne dici Andrea?

    1. Una mitragliata di domande da un pacifista è un evento inatteso.
      Per il prezzo del petrolio/prezzo della benzina vanno considerati alcuni fattori: la benzina non è petrolio, ma un prodotto derivato. La raffinazione ha dei costi che non si comprimono mentre il petrolio scende, tantomeno lo fanno le accise, le imposte e l’IVA che sottende su tutto quanto.
      Poi, naturalmente, non trascurerei un po’ di effetto “cartello”…
      La questione interessante è che le aziende petrolifere più solide possono sopravvivere in un contesto di prezzi del petrolio compresso, passando qualche periodo di “magra”. viceversa chi produce “shale oil” ma anche energie alternative si trova una competizione sui prezzi dalle forme tradizionali che li mette in seria difficoltà, se non li uccide. Il risultato potrebbe quindi essere che un manipolo di operatori più solidi potrebbe trovarsi un mercato “deforestato” di molti competitor. Ce ne parlerà a breve Carlo Muzzarelli in un post in arrivo.

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