Decreto scuola: inaccettabili astensioni

Lo scontro sindacale sul Decreto per la scuola ha virato sul tema delle valutazioni Invalsi.
Molti docenti hanno scelto di approfittare della facile e momentanea alleanza con gli studenti per montare una sollevazione del tutto inopportuna.
Hanno poche scuse: o sono irresponsabili o non si rendono conto del messaggio distruttivo contenuto nel loro atteggiamento, proprio verso coloro a cui dovrebbero mostrare esempi e valori.Poiché, pur numerosi, non voglio credere che siano la maggioranza, anche i giornali hanno la colpa di avere fatto sentire sostanzialmente solo la loro voce, scegliendo quindi di sostenere la posizione del sindacato.
Scrivo sindacato con la minuscola, perché non mi riferisco tanto alle organizzazioni, quanto alla cultura che costituisce il ventre molle dell’impiego pubblico. Essa è certamente rappresentata, resa attiva e anche alimentata dalle organizzazioni, ma sta prima di tutto nella sciatteria delle persone.
I Sindacati con la maiuscola non dovrebbero alimentarla, ma stigmatizzarla per aiutare una crescita civile che favorirebbe anzitutto loro stessi.
Ci sono diversi aspetti discutibili nella vicenda, nei diversi contenuti del Decreto e soprattutto in quello, fondamentale e ampiamente rivelatore, della selezione del personale da assumere.
Ma voglio soffermarmi sulla cultura in tema di valutazione e su tre suoi aspetti in particolare.
In questa cultura, che chiamo della falsa furberia perché sembra fondarsi sull’abilità di che rivendica le sue posizioni mentre è solo condiscendenza della controparte, c’è la presunzione che esista un valore intangibile della professionalità, sufficientemente ampio da contenere l’esuberante genio italico, che deve essere preservato dalle pretese costrittive della grigia e avvilente struttura, peraltro formata da colleghi.
Tale struttura, notoriamente, vede i soggetti come numeri e non sa leggere le crocette per quello che sono e cioè uno strumento con uno scopo specifico. Lo fa come farebbe per versi ispirati.
Questo atteggiamento sostanzialmente impedisce che si affermino le esperienze migliori e che si garantisca il perseguimento degli scopi che ogni organizzazione, anche la PA, deve ridefinire nel tempo, secondo il contesto e le proprie intenzioni. Si va a vanvera, con l’obbligo morale di confidare nel buonsenso dei singoli.
Questa pessima idea è spesso presentata insieme al secondo elemento che voglio evidenziare: la Dignità.
La sfera dell’Essere Umano Dipendente Pubblico cui pertiene la Dignità corrisponde all’intero della sua vita. È del tutto escluso che si possa mantenere una Dignità in presenza di valutazioni non condivise; come se ogni valutazione avesse rilievo anche per lo svolgimento di un altro lavoro o nella relazione con gli amici. Per la vita e non per lo specifico contesto in cui è data. Secondo questa visione, persino la valutazione fatta da un cretino o con un sistema sballato toglie Dignità.
In effetti la dignità, e forse qualcosa di più, viene danneggiata dal valutare cose non pertinenti. O dalla sua estrapolazione al di fuori del contesto per cui è data e quindi dall’eccesso di conseguenze.
Cosa che ci porta al terzo punto.
Nella cultura di cui parliamo, un sistema di valutazione è un’arma spietata per la pulizia etnica. Resteranno solo i puri produttivisti.
Non si contempla che la popolazione impiegata è più o meno quella che è, e non si potrà mai produrre un lazzaretto di scartini che peraltro dovrebbero comunque essere mantenuti dallo Stato.
Non si comprende che la valutazione è il sistema per far sì che ognuno si prenda la propria responsabilità e che questo è tutto ciò che serve per rimanere in un’organizzazione per la quale si è almeno un po’ adatti.
In definitiva ce la si prende con la valutazione non per quello che è ma per come potrebbe essere se fosse usata male e bistrattata.
E il sospetto è che questo equivoco non sia causato dall’ansia o dal timore, ma dall’opportunismo di chi lo rilancia e di chi vi aderisce.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da Luca Bianchetti

Laureato in ingegneria e psicologia, ha un MBA. Ha fatto il consulente direzionale con società multinazionali, si è occupato di molti progetti di trasformazione e di ridisegno dei processi. Iscritto al PRI nella prima repubblica, non sa più a che santo votarsi.

5 Risposte a “Decreto scuola: inaccettabili astensioni”

  1. Fra l’altro chi lo dice che la valutazione debba assumere solo toni punitivi? Non può essere uno stimolo? Non può aiutare a porre ed a porsi delle domande? Non può mutare la valutazione nel corso del tempo, invece che essere intesa come una condanna definitiva? Non puo la valutazione essere diversificata e volgersi a diversi aspetti dell’operato di un docente generando valutazioni diverse?

    No. C’è evidentemente il solito pre-giudizio, che qui assume toni fantozziani, perchè la categoria refrattaria alla valutazione di mestiere che fa? Valuta.

    1. Il problema sono i “valutatori”. Quali competenze hanno? Quali i parametri con i quali giudicheranno?: Ha mai sentito parlare di “effetto alone”, “effetto pigmalione”, mobbing, stalking e quant’altro? Pensa che la vita sia un campo sportivo dove anche un arbitro sbaglia nell’assegnare un rigore?
      E ritornando ai concorsi: Se sono inficiati quelli, che “dovrebbero” essere anonimi, almeno lo scritto (questo spero che lo sappia), se vengono “gonfiati” i voti agli esami orali, crede davvero che le bustarelle anche in questo caso non facciano miracoli?
      O lei è troppo ingenuo o io troppo smaliziata quando si parla di “uomini”… o umanità che dir si voglia…

  2. Chi scrive evidentemente non sa che una valutazione del docente viene fatta con i “Concorsi” dove la suddetta valutazione è “deviata” dal clientelismo e dalle raccomandazioni. Chi scrive, evidentemente non sa che dopo l’immissione in ruolo il docnete è obbligato a un anno di prova, è un “tirocinante”, obbligato a seguire un altro corso e a presentarsi davanti ad una Commisisone che dovrà giudicarlo del suo operato durante l’anno. Commisisone che il più delle volte è formata dal Preside e dai suoi tirapiedi. Chi scrive non sa che queste graduatorie di “merito” sono inficiate dalle lauree facili e dai diplomini pagati alle scuole private. Chi scrive, molto evidentemente, non sa o misconosce che grazie a queste “valutazioni” docenti in gamba e “meritevoli” sono stati scavalcati nella graduatoria da inetti e incapaci che ora fanno anche i Dirigenti. Chi scrive, evidentemente non sa, o misconosce, che i test Invalsi NON sono dipendenti dal MIUR ma gli organi che li compongono sono esterni al MIUR da cui ricevono mandato e fior di milioni per somministrare dei test che non tengono in considerazione molti fattori:
    1. I test si somministrano non a completamento dell’anno, per cui il programma a volte non è ancora stato portato a termine perché il docente ha preferito soffermarsi e consolidare qualche lezione dove ha rilevato, da verifiche in itinere, che gli alunni non padroneggiavano ancora il concetto o non avevano raggiunte le competenze richieste.
    2. I test, spesso e volentieri, sono “pilotati” dai docenti che, sentendosi messi in gioco “aiutano” i meno bravi.
    3. Alle secondarie superiori molti ragazzi si fanno beffe delle domande che spesso e volentieri sono sbagliate.
    4. Non sempre la metodologia usata dal docente per la sua didattica corrisponde agli standard dei test Invalsi.
    5. Le presunte “indagini” che l’Invalsi fa sono del tutto irrilevanti ai fini della preparazione e della cultura degli alunni. Potrebbero ritenersi attendibili se partissero tutti dallo stesso punto.
    6. I test Invalsi stridono drammaticamente con quella “buona scuola” che si è inventata i BES ed i PEP in quanto si pretende che questi soggetti rispondano alle stesse domande dei ragazzi che non presentano difficoltà negli apprendimenti e i professori, sempre per tema di essere valutati attraverso le risposte dei loro alunni, impediscono ai soggetti con DSA di approcciarsi a queste valutazioni…
    7. In una scuola non livellata né verso l’alto né verso il basso pretendere di giudicare tutti con lo stesso metro è come pretendere di far salire sull’albero un elefante, un pesce, una scimmia, una giraffa, una rana… (Non so se avete mai visto una vignetta, americana, che ben descrive “l’inutilità” dei test ai fini di una indagine generale sul livello della preparazione degli studenti).

  3. Se fossimo un Paese trasparente forse i docenti potrebbero essere valutati in base al rendimento degli studenti nella loro carriera. Per esempii, un buon liceo si valuterebbe in base a come gli studenti sono usciti dalle universita’ e queste in base a come gli studenti si sono inseriti nella societa’ (Tempi di assunzione, tipi di contratti, redditi…) Secondo sarebbe il modo migliore. sinbad

  4. La Professoressa Santoro trascura che:
    a) se i Concorsi sono deviati evidententemente non sono un buon metodo di valutazione (cosa che Lei stessa sostiene in un bizzarro cortocircuito).
    b) L’anno di prova lo passano anche i cammelli e gli ornitorinchi. Non so se mi spiego….Basta accedere ai dati. Chi non lo passa “al primo colpo” (casi limite) ritenta ed è sempre “più fortunato”. In assoluto una non selezione direi. Sul corso di 30 ore….non mi pare proprio una fatica di Sisifo……Passiamo oltre.
    c) Scusi sa, ma se le graduatorie non funzionano e sono la tana del sopruso, perchè non tentare metodi di arruolamento alternativi? Anche rifacendosi alle esperienze UE. Chiedo eh…(vedi link).

    http://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/eurydice/modelli_valutazione_insegnanti_x_pubblicare.pdf

    Veniamo all’annosa questione INVALSI:
    1) Concordo.
    2) Accade anche questo, alle elementari addirittura i peggiori sono in certi casi consigliati a “farsi un giorno di vacanza”. Tristissimo.
    3) Non conosco la realtà in oggetto.
    4) Quasi sempre NON c’è corrispondenza.
    5) Non mi risulta. Nell’ottanta per cento dei casi i migliori nelle prove INVALSI sono i migliori studenti anche nelle prove tradizionali. Crearne uno strumento di misurazione essendo l’INVALSI non “intonata” con quel che si fa in classe ne inficia indubbiamente l’efficacia.
    6) Assolutamente condivisibile.

    Propositivamente, Professoressa, a fronte di queste osservazioni si rende necessario elaborare una proposta. Nelle trincee c’è solo fango.

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