Disoccupazione: la grande farsa sui dati

illusioni

Il dato preoccupa e stupisce. Secondo Reuters, oggi, 50 milioni di cittadini degli Stati Uniti d’America vivono in povertà. Ripeto, 50 milioni. Ma i numeri usciti nelle ultime ore ci disegnano una realtà che appare molto diversa.

La disoccupazione sta diventando il grande tormentone di tutti: politici, economisti, giornalisti. E meno male! Sono anni che continuiamo a sottolineare l’importanza di questa tematica. Non esiste crescita solida e duratura se non accompagnata da una disoccupazione in miglioramento. E sulla disoccupazione USA ci sono tanti dubbi che devono essere chiariti.
Ma la cosa interessante che questi dubbi li abbiamo sempre avuti noi, ma… ce l’hanno anche oltre oceano, gli USA e niente poco di meno che Ben Bernanke. Non ci credete? Lo ha detto lui stesso.

«Il tasso di disoccupazione non può essere considerato più un parametro rappresentativo». (Ben Bernanke)

Intanto vi posto un grafico che ho creato e che mette perfettamente a nudo l’anomalia del tasso disoccupazione USA.
Qui troverete non solo il tasso di disoccupazione, ma anche il numero di ore medie lavorate a settimana, la percentuale delle persone disposte a lavorare (Labor Force Participation Rate) e il tasso delle persone occupate in età lavorativa.

US Employment & Unemployment:
Clicca per ingrandire! Le stranezze su occupazione e disoccupazione USA
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Perché vi pubblico questo grafico? Perché già da qui capite benissimo che il tasso disoccupazione USA è variabile a seconda di COME viene calcolato. In rete ho trovato questa interessante slide che ci aiuta a capire quanto sia relativo il calcolo del tasso di disoccupazione.

(Source: IlSole24Ore)

Dal punto di vista ufficiale sappiate che il tasso di disoccupazione considera tutte quelle persone che sono senza lavoro e che stanno cercando un lavoro., secondo la definizione ufficiale dell’ILO:

Unemployment (or joblessness) occurs when people are without work and actively seeking work. The unemployment rate is a measure of the prevalence of unemployment and it is calculated as a percentage by dividing the number of unemployed individuals by all individuals currently in the labor force. During periods of recession, an economy usually experiences a relatively high unemployment rate. According to International Labour Organization report, more than 197 million people globally are out of work or 6% of the world’s workforce were without a job in 2012. (Source) 

Il grafico che vi ho proposto però illustra anche altri scenari. Quante sono tutte quelle persone che questo tipo di conteggio non considera? Gli “scoraggiati” che sono disoccupati ma NON cercano più lavoro sono carne da macello? Perché non è considerata? E quelli che non hanno cercato lavoro nelle ultime 4 settimane? Sono quindi tagliati fuori anche quelli. Inoltre i part-time sono considerati lavoratori a tempo pieno anche se magari un tempo lo erano. Ed ecco l’utilità del conoscere le ore medie settimanali in cui si lavora. Gli ultimi dati di questi giorni in effetti, appaiono strani anche a chi di finanza proprio non mastica nulla…

I posti di lavoro in ottobre negli Stati Uniti sono cresciuti oltre le aspettative: 204.000 contro una stima di 120.000. Il tasso di disoccupazione è salito come previsto al 7,3%. (Ansa)

Ma come? Aumentano i posti di lavoro oltre le aspettative e quindi aumenta la disoccupazione?
Quindi capite benissimo che dietro al famoso 7.3% c’è sicuramente un qualcosa di molto farlocco. Secondo alcune banche d’affari il tasso di disoccupazione reale negli USA gira sul 10%. Ma altre stime arrivano addirittura ad un iperbolico 24%, proprio analizzando in modo alternativo la tabella prima presentata.

Morale: in un mercato comandato e pilotato dalle politiche monetarie, buona parte delle quali sono proprio legate al tasso di disoccupazione, capite benissimo che questo dato “taroccato” condiziona tutto un processo economico e le stesse politiche delle banche centrali.
Ma come fare a fidarsi ancora minimamente di quanto ci viene propinato tutti i giorni dai burocrati USA e non solo?
Intanto, per la cronaca, il più grande problema che abbiamo in Europa oggi, lvvero la disoccupazione giovanile (ufficiale) ci “regala” questi numeri.
Dire che sono dati preoccupanti è poco…

Alle stelle le domande presentate per trattamenti di disoccupazione, secondo gli ultimi dati Inps. Nei primi nove mesi del 2013 ne sono state presentate 1.431.627, cioè il 27,7% in più rispetto alle 1.121.277 dello stesso periodo del 2012. L’Istituto di previdenza aggiunge che a settembre sono pervenute 116.002 richieste di Aspi (assicurazione sociale per l’impiego), 68.240 di mini Aspi e 377 di disoccupazione comprese tra ordinaria e speciale edile. (Source) 

La realtà, la vediamo tutti i giorni e la tocchiamo con mano. Ed è più cruda di quanto ci vogliono far credere. Su questo almeno non ci piove.

[Articolo uscito in conteporanea su I&M]
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Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

9 Risposte a “Disoccupazione: la grande farsa sui dati”

  1. Ok DT ma quindi?
    Pochi lavori disponibili per i piu’ fortunati o capaci?
    Una massa di poveri che si ghettizzeranno?
    I ricchi sempre piu’ ricchi, una classe media annientata, ovvero il nuovo mondo.
    La tua analisi e’ ottima non fraintendere, ma non capisco dove vuole arrivare.

  2. Il mondo della finanza è montato su delle coordinate farlocche. Vogliono farci vedere il mondo in modo distorto, le cose stanno decisamente in modo diverso da come sembra.
    L’illusione del “past gratis” (Food stamps) di cui ho parlato QUI http://www.pianoinclinato.it/per-i-consumatori-americani-sta-per-suonare-la-sveglia/ progressvametne andrà a finire. LA gente però NON ha il lavoro come noi pensiamo visto che il tasso disoccuapzione REALE è ben diverso.
    In sintesi, secondo te la grande farsa può reggere all’infinito?
    Chi consumerà?
    Come si combatterà il dramma dei “nuovi poveri”?
    Quando l’economia riprenderà il dominio sulla finanza?
    Cosa comporterà?
    Di domande ce ne sono tantissime. Di certezze ben poche. Resta solo il fatto che le cose non stanno andando poi così bene…

  3. Bravo, è un argomento che merita più di un accento.

    Gli indici dell’occupazione, come i panieri dell’inflazione che approssimano le serie storiche del deflatore implicito del PIL, sono quelli che più immediatamente gravano sulla quotidianità delle persone e più facilmente si prestano a valutare la direzione e l’efficacia della politica economica.

    Vien da pensare, che proprio per questo, sono così variegatamente definiti, mutevoli nel tempo e soprattutto malleabili.

    La definizione U6 in tabella sembra essere quella che maggiormente si approssima al reale livello di disoccupazione, eppure la somma tra il tasso di disoccupazione (comunque definito) e il tasso di occupazione (peggio se si utilizza il tasso di attività) non fa mai 100%. Esiste sempre uno scarto, che si presta a interpretazioni economiche e sociologiche, ma anche a manipolazioni politiche.

    La molteplicità degli indicatori permette, a seconda delle convenienze, di affermare che il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.

  4. Ottimo post, specialmente per la tabella esplicativa delle varie definizioni di disoccupazione.

    L’occupazione, e il suo alter ego, sono fattori molto complessi e variegati e non possono essere compresi, studiati e governati guardando un solo dato, anche se facendo così ci illudiamo (spesso deludendoci) di poterci facilitare la vita e il giudizio sulle cose di questo mondo.
    Quanto accaduto in Usa poco fa ne è la dimostrazione, e la diatriba taper sì, taper no in base a dati apparentemente contraddittori (oltre che “sporcati” dal blocco dovuto allo shutdown) ne è la prova.

    Per dare un mio contributo alla “direzione” dell’ottimo articolo di Danilo, io ritengo si debba entrare ormai nella piena consapevolezza che gli squilibri del mondo globalizzato e finanziarizzato moderno comportano e comporteranno la contrazione di stipendi, costi di produzione, fino ad arrivare a diritti e welfare.
    Ho paura al solo pensiero, ma credo che il moderno capitalismo “sindacalizzato” abbia dimostrato che i livelli di welfare e retribuzione non sono sostenibili dalle casse pubbliche (o almeno non lo erano “certi” modi di fare welfare, il caso italico è emblematico).
    La tendenza in atto nei paesi occidentali è aumentare la competitività via ore lavorate ma senza aumentare l’occupazione e arrivarci attraverso salari variabili legati alla produttività, o alla contrazione dei costi del lavoro laddove la prima via non è perseguibile.
    Ecco perchè avere una visione d’insieme di più dinamiche come “ore lavorate”, “tasso di partecipazione”, “disoccupati”, “part time” e “neet” diventa fondamentale.

  5. DT grazie per la risposta ma non mi convinci.
    Io non sono del settore ma provo a vedere le cose in modo diverso tralasciando il fatto che tu parlavi gia di dati disoccupazione farlocchi e food stamps nello stesso modo anni addietro…e nel frattempo di soldi se ne sono fatti…quindi iniziamo a sfatare il mito connessione food stamp e disoccupazione e borse.

    Provo a dare una visione diversa sulla lettura dati occupazione.
    Forse il mondo e’ cambiato. La gente si sposta per cercare lavoro. Chiederei a Forchielli di dirci quanti americani ed europei in Cina oggi quando 20 anni fa era impensabile.
    Quindi vecchie terre in via di abbandono verso altre. Ridistribuzione. Mercati di quei paesi in crescita come conseguenza e lascio continuare voi che siete piu bravi di me.
    Meglio una lettura di questo tipo che non la ricerca di uno scoop…non pensi?
    Con rispetto

  6. Ciao Danilo,

    ottimo lavoro (come sempre)

    Io però mi stupisco che tu ti stupisca.

    Sono anni che sappiamo tutti che siamo in balia della bisca e delle letture del livello dell’acqua nel bicchiere. Che tutti voi vi diate da fare per cavalcare l’onda posso anche capirlo, considerato tutte le menate tipo ” mai andare contro il trend ” ” il trend è tuo amico” ecc., ma alla fine della fiera credere ancora che ci sia una vera verità dietro tutti i dati che vengono propinati da quelli dell’ultimo piano , mi pare eccessivo.

    Considerato poi con quale faccia tosta a volte vengano subito smentiti poco dopo, o quanto meno riletti con un’altra chiave di lettura.

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