EXIT STRATEGY: il crocevia che cambierà le sorti dell’Europa Unita

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All’investitore medio un modico rialzo dei rendimenti dei nostri titoli di stato passa quasi inosservato. Lo spread tra BTp e Bund resta sui livelli massimi dal 2015, a 174,5 punti, ed il rendimenti del titolo decennale italiano è al 2,21%.
Di per se non è successo assolutamente nulla, se non la percezione di un po’ di timori per il rischio di elezioni anticipate.
Nelle ultime analisi che ho redatto sul mio blog si è parlato di un “rischio” spread ed un “rischio” tassi in quanto si è associato un movimento dei rendimenti verso l’alto come un segnale di allarme. Per carità, lo confermo, però è giusto anche dire una cosa. Un rialzo dei rendimenti nel mercato obbligazionario non sempre deve essere visto in chiave negativa. Nella logica di questo momento, a seguito di una copiosa manovra di politica monetaria della Bce, sarebbe anche normale poter parlare di reflazione, ovvero un aumento dei rendimenti dovuto all’aumento dell’inflazione e ad un miglioramento del quadro macroeconomico. Sarebbe il segnale che conferma un quadro economico dove l’economia risponde positivamente agli stimoli della politica monetaria.
Questo è quanto possiamo dire sicuramente degli USA.
Ma per l’Europa e nella fattispecie per l’Italia, questo ragionamento regge?

Reflazione? Magari…

Siamo onesti, per il nostro paese soprattutto il rialzo dei rendimenti resta ancora guidato dall’aumento del rischio emittente. Inflazione in aumento in Italia? Si, in modo marginale, ma a guidare questo aumento sono soprattutto cibo ed energia. Ovvero quei componenti che vengono scartati dalla cosiddetta “inflazione core” proprio perché, a volte, fuorvianti.
Crescita economica in miglioramento? Basta guardare le previsioni per il 2017 che ormai non fanno che essere ritoccate al ribasso. Lo “zero virgola” tende sempre più verso lo zero il che rende ancora più evidente il fatto che qui, da noi, la reflazione resta una chimera.
E tutto questo avviene in un quadro di sostegno più unico che raro: una BCE sempre molto proattiva che investe dei bond statali, sostenendone la quotazione e che poi va a rinnovare tutti quei bond detenuti con titoli di pari natura e scadenza.
Ma fino a quando?[sociallocker].[/sociallocker]

Germania: exit strategy dei bond o dalla UE?

Proprio in questi giorni alcuni membri della BCE (nella fattispecie l’ex vicepresidente della Bundesbank, tale Sabine Lautenschlaeger) spinge per iniziare a parlare in BCE di “exit strategy”. Occhio, non si tratta di solo interruzione di acquisti di bond governativi e corporate dell’Eurozona, ma di dismissione del castello di carta comprato dalla BCE. Tutto questo può avere senso per un paese che ha approfittato delle debolezze dei paesi membri dell’UE (che ne hanno assorbito gli eccessi) da una parte e che si trova in una situazione di crescita economica costante dall’altra, oltre che con una solidità patrimoniale importante tanto da considerarlo un vero paradiso da “bene rifugio” (il Bund). Ma…per gli altri paesi? E guarda caso per l’Italia?
Cosa comporterebbe una exit strategy? Come sarà assorbita? Come potranno essere gestiti tassi palesemente in rialzo (visto che sul mercato obbligazionario non viene realisticamente considerato il fattore rischio emittente vista la protezione BCE)?
Inoltre la presa di posizione dell’impronunciabile Sabine è di tipo puramente politico (viste le elezioni alle porte)?
E la stessa UE come potrebbe reggere ad uno shock così violento?

L’ho già detto precedentemente. L’ammontare di bond in pancia alla BCE, e la gestione degli stessi, potrebbero diventare il detonatore della bomba “Europa Unita”.
La BCE, al fine di mantenere lo status quo e la calma (apparente) sui mercati, non può permettersi una vera exit strategy. Se dovesse mai farlo, scatenerebbe il putiferio con conseguenze importanti a livello di instabilità. Se invece non lo farà, avremo fatto un primo passo verso la socializzazione del debito e quindi in direzione degli Eurobond. Un percorso che diventerebbe, a mio parere, quasi “naturale” e necessario per mantenere in piedi l’UE. Ma non ditelo ai tedeschi che forse non lo hanno ancora capito. O forse, invece lo hanno capito eccome e cercano, con questi messaggi, di tastare il terreno e dichiarare in modo evidente quali sono i loro pensieri, che potrebbero magari un giorno, nel mondo estremo delle ipotesi quasi impossibili, comportare in modo sorprendente la strada dell’uscita della Germania dall’UE.
Ok, è ancora presto per pensarci. O forse no.

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Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

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