Fed: e se i rubinetti restassero aperti troppo a lungo?

rubinetti

Il tapering è stato senza dubbio il tormentone di questo ultimo trimestre. Quando inizia il tapering? E per che importo? E quanto dura?
Domande a cui nessuno può dare risposta se non la FED stessa che si appresta a dover sostenere la sfida nella sfida. Già questa sera il buon Bernanke potrebbe illuminarci con qualche novità. E’ il giorno del Beige Book e quindi quale occasione migliore per annunciare una qualche novità?

Se infatti il quantitative easing è stata una scommessa che per certi versi ha “imprigionato “ la FED in un’economia troppo pilotata dalla finanza, l’exit strategy (alias disintossicazione del sistema dalla liquidità immessa) rappresenta la parte più difficile.
Troppo facile dare la droga ad un mercato che non aspettava altro. Ora occorre togliere le sostanze dopanti, anche se in modo progressivo, sempre cercando di far reggere l’economia sulle proprie gambe.
Tapering significa diminuire gli acquisti di titoli governativi e MBS. Eccovi il bilancio FED diviso per asset.

La quantità di MBS (ovviamente) e di governativi è lievitato a livelli siderali. I treasury a breve pesano pochissimo, come molto poco pesano gli altri finanziamenti al mercato.
Ma è impressionante quanti Treasury abbia in pancia la FED.

“I due più grandi acquirenti della US treasury sono la FED e le banche centrali estere. La FED sta ancora acquistando circa l’80% di tutte le emissioni obbligazionarie e circa il 60% di tutte le emissioni a 10 anni. “(Goldman Sachs).

Quindi la FED è un “buyer” di importanza siderale, tanto che la stessa banca centrale è diventata praticamente un sottoscrittore di bond indispensabile che oggi, ha in pancia, pensate un po’ un terzo, ovvero il 33%, dell’intero debito pubblico USA.

La domanda che ci poniamo è molto semplice. Se parte il tapering, che progressivamente porterà all’azzeramento di quel famoso 85 miliardi di acquisti mensili, chi sostituirà la FED negli acquisti?
Altre banche centrali? Di certo non gli asiatici, che stanno diversificando, di certo non gli europei che hanno i loro bei problemi.
E quali saranno gli effetti sui mercati obbligazionari di questo scenario? La logica fa pensare ad un eccesso di offerta e quindi…motivo in più per non dimentarci che anche il mercato obbligazionario NON garantisce una bassa volatilità, rendimenti certi e porto sicuro dalle crisi dei mercati.

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Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

6 Risposte a “Fed: e se i rubinetti restassero aperti troppo a lungo?”

  1. Mio DeariSSimo DT,

    …” La domanda che ci poniamo è molto semplice “…

    nelle crisi finanziarI-E – in generale – ed in quelle bancarI-E – attuali e PRECIPUAMENTE, che (rammento, N-O-N a T-E, come sai) sono S-O-L-O in minimiSSima parte il frutto della 4^ (quarta) ondata dello tsunami che ha avuto origine nel “vicino” febbraio 2007 – la differenza più grande-GRANDE è (SpeSSo) attribuita alla “STRUTTURA” (normativa, in particolare, ma N-O-N S-O-L-O), sia per e nella sua semplicità che nella volontà dei regolatori ad AGIRE (rapidamente).

    Ebbene … per capire … l’attuale quadretto delle “ANCHE”!

    Il Museum of American Finance si trova all’angolo tra Wall Street e William Street, in uno storico edificio del 1929 che ospitò la Bank of New York, il primo istituto di credito della città.

    Offre una vasta introduzione al mondo della finanza Americana ed al Suo progresso attraverso i decenni.

    Comprende anche una dettagliata esposizione sulla crisi finanziaria e racconta le vite e le professioni di chi lavora a Wall Street: brokers, traders, venditori.

    Un Universo di “mondi” e di vite (SANGUE, CARNE ed OSSA) con storia passata e presente (PULS-ante) M-O-L-T-O COESA.

    Il calendario degli eventi prevede anche conferenze di approfondimento tenute da esperti del ramo.

    Fino all’01/10/2014 si può ammirare tra l’altro una mostra speciale,

    ,”THE FED AT 100″,

    che celebra il centenario della Federal Reserve e permette persino di visitare gli uffici di 4 (quattro) personaggi CHIAVE dell’Istituzione.

    La galleria 100 Years, 100 Objects può essere scoperta con un auditor che mette in luce le Persone dietro la FED ed i momenti più importanti della Sua storia.

    -[ Museum of American Finance,

    48 Wall Street,

    http://www.moaf.org/plan-your-visit/contact/index

    – orari di apertura: martedì – sabato 10:00 – 16:00

    – ingresso: $8 pari a €6 (di sabato, fino alla fine dell’anno, l’ingresso è gratuito);

    — … — …. —

    …” La logica fa pensare ad un eccesso di offerta “…

    Non sO-l-O sul mercato obbligazionario; A-H-I-M-E’!

    …” Narrowing the focus he explained that, “In the US, excessive risk-taking by banks was widely seen as a trigger of the Great Depression.

    The key to mitigating banking risks is to address the DILEMMA that bank depositors want to be able to withdraw their funds on demand, whereas banks earn profits by lending for much longer periods with significant risk that the loans will not be fully repaid.” “…

    G. DL Morris, “Profit from prudence. How Canadian banks avoided the recent financial crisis”, Financial History Magazine: Spring 2013 – Issue 106, Pp. 13 – (15)

    http://www.moaf.org/publications-collections/financial-history-magazine/106/_res/id=sa_File1/ProfitFromPrudence.pdf ]-

    Tralasciando VOLUTAMENTE le altre ISTITUZIONI NAZIONALI e CENTRALI, siano esse finanziarie e/o di controllo, oltre ovviamente alla “provincia dell’ITALICIA” …

    ?La ECB – al netto del SOLO SpA-venta PASS-eri del Draghetto (a Me, comunque caro) – cosa offre od offrirebbe (alla c-ASA)?

    Ad oCChIO n-o-n ha A-rgenteri-A, ne una “STRUTTURA” [coesa…(minuscolo)].

    QUI-n-DI …

    la domanda che (CI) poniamo N-O-N E’ AFFATTO S-E-M-P-L-I-C-E.

    P.s: il M-I-O SeSto SenSo – quasi INFALLIBILE – Mi ha avvertito da 1^ (una) settimana circa; non so: o hanno G-I-A’ il “porto sicuro” oppure le “ANCHE” sono in PERICOLO (gennaio e febbraio sono i mesi CLASSICI delle burrasche nell’EMISFERO BOREALE).

    .un CARO SalutiSSimo.

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

  2. Grande Surfer ,

    ahhh se non fossi sempre così sibillino 🙂 🙂 🙂

    PS sono le ultime nuotate prima di gelarsi gli zebedei ? L’acqua più fredda è a maggio /giugno o sbaglio ?

  3. [*] CariSSimo Yum-ETTO [*]

    la finanza è sempre più “globale”, mentre il risparmio rimane un fenomeno aSSai “locale”, almeno sotto molti as-P-ETTI.

    N-E-I “mondi della globalizzazione” i confini nazionali “valgono” sempre m-e-n-o nel separare i “Mercati finanziari” e le “Politiche monetarie”.

    A monte, sono le stesse divise (monete) ad unificarsi, come è accaduto nel caso dell’Euro_€, o a decidere di muoversi insieme per l’effetto dell’ancor-“aggio” a divise-cardine del sistema quali è il $_Dollaro.

    A valle, sono anche le “strutture proprietarie” e le “piattaforme organizzative” dei Mercati che si fondono ed assumono caratteri sempre più “trans”-nazionali.

    Il moto di globalizzazione della finanza investe le stesse politiche monetarie.

    Le condotte delle principali Banche Centrali, pur rimanendo PRIMARIAMENTE MIRATE al controllo dell’inflazione e/o al sostegno dello SVILUPPO in quel Paese o in quella DETERMINATA area del Mondo, sempre più si debbono far carico delle esigenze di STABILITA’ e di ORDINATO funzionamento del Mercato finanziario in tutto il Globo.

    Cresce, come indicano anche le vicende degli ultimi mesi, l’istanza di una sempre più intensa cooperazione monetaria Internazionale. Finalmente, anche se siamo ancora MOLTO indietro. E la dimensione globale della finanza emerge – si ritaglia nei fatti un Suo spazio – insieme agli obiettivi d’inflazione e agli “output gap” nazionali, all’interno delle funzioni di REAZIONE che spiegano l’andamento dei tassi della FED o della ECB.

    Allo stesso modo, la globalizzazione della finanza procede dal lato delle regole e dei comportamenti. Pensiamo, ad esempio, a quanto accadrà nei prossimi mesi ed anni in Europa e quindi anche in Italia con la concomitante applicazione delle direttive su “unione bancaria” e “Basilea III” che, a valle di un lungo periodo di preparazione, vedranno entrare in vigore nuovi standard comuni nella “protezione” degli Investitori/Risparmiatori e nell’erogazione anche del credito.

    Se la finanza diviene sempre più una sola a livello globale, il mondo del risparmio continua a mostrare FORTI differenziazioni a livello nazionale.

    A giugno 2013 – da ultimi dati CERTI (e N-O-N previsioni) COMPARABILI[1] aTTualmente nel loro insieme – ogni Italiano deteneva in media poco più di €60.000 di attività finanziarie, un valore sostanzialmente uguale sia a quello di un Francese sia a quello di un Tedesco.

    Una rappresentazione apparentemente incoraggiante che nasconde, però, una CRITICITA’ legata a quanto accaduto nel corso degli ultimi anni: le Famiglie Italiane hanno subito un PEGGIORAMENTO della propria situazione patrimoniale, che N-O-N ha, invece, interessato le altre due principali Economie Europee.

    Nel confronto tra giugno 2013 e il 2006, ciascun Italiano ha perso quasi €4.000 in termini di minor valore delle attività finanziarie. Un Francese ha visto, invece, il Suo portafoglio crescere di più di €8.000 ed un Tedesco di oltre €10.000.

    In termini percentuali, in Italia il calo ha superato il 6%, nonostante un recupero di oltre il 4% conseguito nell’ultimo anno e mezzo. In Francia e in Germania l’aumento è risultato compreso tra il 15% ed il 20%.

    Per descrivere meglio quanto accaduto: nel 2006, il valore pro-capite delle attività finanziarie in Italia era più alto del 23% di quello Francese e del 27% di quello Tedesco; a giugno 2013, il dato Italiano è sceso leggermente al di sotto di quello degli altri due Paesi.

    Per comprendere appieno quanto accaduto nel corso degli anni alla ricchezza finanziaria delle Famiglie è, però, opportuno non fermarsi all’analisi dei valori nominali, ma diviene necessario considerare anche l’impatto della variazione dei prezzi.

    Un’inflazione CRESCENTE determina una PERDITA del valore delle attività detenute, comportando un PEGGIORAMENTO n/delle condizioni economico-patrimoniali delle Famiglie.

    In Italia, al NETTO della variazione dei prezzi, il valore delle attività finanziarie complessivamente detenute dalle Famiglie è SCESO in 6 (sei) degli ultimi 7 (sette) anni.

    Solo nel 2012, gli Italiani hanno beneficiato di un aumento di quasi il 2% del valore del proprio portafoglio, mentre anche nei primi 6 (sei) mesi del 2013, caratterizzati da un forte rallentamento dell’inflazione, con il deflatore dei consumi cresciuto su base annuale di solo l’1.6% dal +2.8% registrato sia nel 2011 sia nel 2012, il valore delle attività si è ridotto di più di mezzo punto percentuale in termini REALI.

    Francia e Germania hanno, invece, sperimentato una flessione solo nel 2008 e nel 2011.

    Guardando quanto accaduto negli ultimi anni, emerge come le Famiglie Italiane, oltre ad un andamento dei valori correnti non favorevole, abbiano, dunque, sofferto gli effetti di una dinamica INFLAZIONISTICA più-PIU’ SOSTENUTA di quella sperimentata nelle altre due principali economie europee.

    In 5 (cinque) anni, l’indice dei prezzi riferito alle spese per consumi è AUMENTATO in Italia di 4 (quattro) punti percentuali in più-PIU’ di quanto accaduto in Francia e Germania.

    Sommando quanto registrato nei valori nominali con la dinamica dei prezzi, gli Italiani hanno visto il portafoglio finanziario complessivo ridursi in termini reali di “b-e-n” 15 (quindici) punti percentuali nel confronto tra giugno 2013 e il 2006, mentre i Tedeschi hanno beneficiato di un aumento dell’8% e i Francesi di una crescita di oltre il 9%.

    Passando dai valori aggregati a quelli pro-capite si ottiene una rappresentazione corretta della PERDITA PATRIMONIALE in termini REALI subita dalle Famiglie Italiane negli ultimi anni.

    Tra il 2007 e la prima metà del 2013, il valore pro-capite delle attività finanziarie delle Famiglie è sceso ad un ritmo medio annuo prossimo al 3%.

    Nello stesso periodo i Francesi hanno sperimentato una crescita media dello 0.9%, i Tedeschi dell’1.2%.

    Complessivamente, nel confronto tra giugno 2013 e il 2006, ciascun Italiano ha visto il valore REALE delle PROPRIE attività finanziarie ridursi del 18%; un Francese ha, invece, conseguito un aumento del 5% ed un Tedesco del 9%.

    In 7 (sette) anni, gli Italiani hanno perso nel confronto con i Francesi 23 (ventitre) punti percentuali in termini di ricchezza finanziaria REALE; con i Tedeschi si sale a 26 (ventisei) punti percentuale.

    In Italia, il valore pro-capite reale è sceso su un livello prossimo al MINIMO degli ultimi 15 (quindici) anni, mentre in Francia e Germania è SALITO sui valori massimi del periodo considerato.

    Le tante diversità che il fenomeno del risparmio continua a mostrare tra Paese e Paese hanno più di una radice. Sulla capacità e sul desiderio di risparmiare come pure sui modi di investire le risorse sottratte all’immediato consumo N-O-N incidono solo l’evoluzione della crescita economica e dei tassi d’interesse.

    Negli ultimi anni il ciclo economico mondiale ha mostrato una crescente tendenza alla “convergenza”. Lo stesso può dirsi per gli andamenti dei tassi d’interesse di riferimento di cui raramente si era osservato il “decoupling” ovvero lo sganciamento tra chi sale e chi scende, tra politiche monetarie che stringono e altre che allentano.

    Diversamente, nell’età che Ben Bernanke definì come epoca della “great moderation[2]” e che poi successivamente Alan Greenspan rileSSe e proiettò in termini di “maggiore turbolenza[3]”, le PERSISTENTI differenze nei dati rappresentativi del risparmio segnalano il PERMANERE di diversità STRUTTURALI tra Paese e Paese.

    Si tratta di differenze che riguardano fattori quali, tra gli altri,

    – il sistema di welfare,

    – il grado di educazione finanziaria,

    – la mobilità sociale,

    – la coesione e il senso civico delle comunità.

    Guardando al caso italiano, un sistema di protezione sociale che rispetto ad altri Paesi offre minori ammortizzatori, un modestissimo (Mi tengo bono e baSSo) livello di educazione economica e finanziaria, una limitatiSSima mobilità sociale ed un senso civico che è oggetto di “ricorrente dibattito” (FIUMI DI PAROLE … E BASTA!) sono elementi che fanno da sfondo ai dati strutturali di una maggiore propensione al risparmio da parte degli Italiani e di una prioritaria ricerca della sicurezza negli investimenti dei risparmi.

    L’indole prudente delle Italiche “formiche” appare oggi rappresentare, ANCORA e NONOSTANTE TUTTO, un punto di forza, in un momento in cui la globalizzazione della finanza viene letta soprattutto attraverso la lente di alcuni Suoi rischi, forse ancora N-O-N sufficientemente compresi e governati, più che delle molte e conosciute opportunità.

    In Italia, nel corso degli anni, gli andamenti appena descritti si sono affiancati ad un notevole cambiamento nella composizione del portafoglio delle attività finanziarie possedute dalle Famiglie.

    Una veduta d’insieme segnala, infatti, un passaggio graduale, ma significativo, verso una gestione più-PIU’ PRUDENTE del risparmio.

    La crisi ha solamente accentuato fenomeni emersi già nel periodo precedente.

    All’inizio degli anni 2000, complice l’aumento delle quotazioni di borsa, quasi un terzo del patrimonio finanziario delle Famiglie Italiane era investito in azioni.

    Nel 2006 si era scesi al 27%, a giugno 2013 si è tornati al 21.6%, dopo aver toccato il 20.1% nel 2011. Viceversa, in 13 (tredici) anni, il peso dei depositi è cresciuto di quasi 8 (otto) punti percentuali, raggiungendo il 30%.

    La quota dei titoli obbligazionari a medio e lungo termine è rimasta stabile al di sotto del 20%, mentre quella dei fondi comuni si è più-PIU’ che DIMEZZATA_dimezzata, nonostante il recupero dell’ultimo periodo, stabilizzandosi poco sopra l’8%.

    Nel confronto con le altre due principali Economie Europee non emergono significative differenze nella composizione, come pure nella dinamica degli ultimi anni.

    I depositi rappresentano una voce importante, con un valore Francese sostanzialmente uguale a quello Italiano.

    Anche in Francia e Germania si è assistito nel corso dell’ultimo decennio ad uno spostamento verso una composizione MAGGIORMENTE orientata alla PRUDENZA, con un calo del peso sia delle azioni sia delle quote di fondi comuni.

    L’unica differenza in termini di composizione risiede nel peso di rilievo che le Famiglie Italiane attribuiscono alle obbligazioni e ai titoli di stato, mentre negli altri due Paesi Europei, a fronte di un’incidenza dei titoli poco rilevante si registra un ruolo significativo delle riserve di assicurazione, che superano un terzo del valore complessivo.

    A giugno 2013 l’indebitamento delle Famiglie Statunitensi è sceso al 109% del reddito disponibile rispetto al picco massimo del 135% di fine 2007 e la ricchezza netta si è attestata a $75T (alias, trilioni di dollari) segnando un record in valore assoluto (604% del reddito disponibile); se misurato rispetto al reddito disponibile, il livello attuale è tuttavia ancora distante dal picco massimo di fine 2006, ma gli andamenti delle singole componenti suggeriscono comunque che il recupero sarà piuttosto rapido.

    L’indice Nasdaq è ai massimi dal 2001 e il valore delle attività finanziarie delle Famiglie ha raggiunto i $61.8T (il livello più-PIU’ ALTO mai registrato); anche gli indicatori del Mercato immobiliare sono tutti orientati verso un miglioramento, anche se il (vero) “tapering” potrebbe creare dei problemi nel/sul medio termine.

    Le più recenti rilevazioni evidenziano come la caduta del tasso di crescita dei mutui si sia arrestata (-2% negli ultimi 4 trimestri terminanti a giugno 2013) e l’ultima indagine condotta presso gli Istituti di credito segnala come sia la domanda sia l’offerta di prestiti ipotecari siano in parte in tendenziale ripresa.

    Per quanto riguarda i tassi applicati quello segnalato dalla FED (tasso fisso sui mutui a trenta anni) si è collocato nella media dei primi nove mesi del 2013 al 3.9%, un valore “storicamente” contenuto se si considera che nei sei anni di crescita dei mutui a doppia cifra (2001-2006) il livello variava tra il 6% ed il 7%.

    Nonostante l’aumento rilevato nei mesi più recenti, circa un punto in più tra maggio ed agosto 2013 (periodo dall’annuncio del “tapering” del programma di QE), nel mese di agosto 2013 il tasso è stato pari al 4.5%.

    L’andamento positivo di molte voci dello stato patrimoniale delle Famiglie Statunitensi si confronta con un’evoluzione dei redditi piuttosto debole.

    Sulla strada della ripresa Statunitense pesa la posizione delle Famiglie a reddito medio-basso che più delle altre hanno sofferto per gli effetti della crisi e per le quali risulta più difficile ricostituire i propri asset.

    Le Famiglie appartenenti alle fasce di reddito meno abbienti hanno, infatti, visto calare le proprie entrate in misura più intensa rispetto alle classi di reddito più elevate così come più marcata è risultata la perdita di valore delle loro abitazioni, spesso gravate da mutui insostenibili. Tuttora, in determinati Stati Federali.

    Dalle evidenze a livello “micro” emerge come le numerose Famiglie dei ceti meno abbienti siano state penalizzate sotto molteplici aspetti: tra il 2007 e il 2010 per queste classi di reddito la perdita di valore subita dalla ricchezza netta (rappresentata prevalentemente dalla proprietà immobiliare) è risultata molto più ingente rispetto alle classi di reddito più elevate.

    In effetti proprio nelle zone abitate in prevalenza da Famiglie con redditi medio-bassi si sono realizzati gli aumenti maggiori (nella fase di boom) seguiti dalle perdite più gravi, per abitazioni spesso gravate da mutui sub-prime[4].

    Tale circostanza si è tradotta in una crescita della quota di Famiglie “under-water” o con un ritardo nei pagamenti delle rate di mutuo molto più intensa nelle Famiglie delle classi di reddito medio-basso spesso colpite anche dalla perdita del lavoro, circostanze che hanno pregiudicato il merito creditizio e la possibilità di tornare a finanziarsi.

    Più in generale, la debolezza delle Famiglie appartenenti a queste fasce di reddito (che negli USA rappresentano la maggioranza delle Famiglie considerando l’elevata concentrazione di reddito e ricchezza nelle classi di reddito più elevate) possono pregiudicare una ripresa decisa dei consumi nel medio termine.

    A ciò si aggiunga poi un tasso di disoccupazione che scende solo lentamente e redditi stagnanti, fattori che potrebbero imporre maggiori risparmi.

    Infine, voglio ricordare che dopo i benefici immediati, a lungo andare ogni rivalutazione presenta anche il conto dei costi.

    Nel 1986 la £_Lira Italica_£ si apprezzò del 16% sul $_Dollaro e il deficit della bilancia commerciale complessiva scese in un anno da £19.000B a £5.000B (alias, miliardi di Lire) salvo poi risalire a £19.000B entro il 1989.

    Man mano che passa il tempo, prezzi e volumi reagiscono alla rivalutazione del cambio che, a parità di altre condizioni, inevitabilmente erode la competitività delle Imprese esportatrici.

    Per il Paese o l’Area la cui moneta si apprezza, l’effetto finale dell’aggiustamento è una rimodulazione al ribasso del mix produzione-prezzi con proporzioni diverse secondo il grado di concorrenza dei Mercati e di differenziazione dei prodotti nei vari Settori.

    A questo sviluppo teorico, uno studio[5] condotto da un’economista della ECB, Elke Hahn, offre anche un intereSSantiSSimo corredo di stime empiriche settoriali.

    L’effetto di lungo periodo di un apprezzamento dell’1% del cambio effettivo nominale dell’Euro_€ è quello di ridurre la produzione industriale nell’Area-Euro dello 0.4% nell’arco di 2 (due) anni.

    L’effetto medio sull’intera Industria (costruzioni escluse) si distribuisce in maniera diversa tra i Settori. Risulta poco significativo in comparti come quello dell’alimentare, che, verosimilmente, godono di più forti vantaggi di differenziazione sugli assi mercato/prodotto.

    Appare assai più alto per comparti quali quello della meccanica, dove una rivalutazione dell’1% dell’Euro_€ si traduce in un calo dello 0.8% della produzione industriale nel giro di 2 (due) anni. Ed aggiustamenti di misura maggiore della media vengono stimati anche per il tessile.

    Ceteris paribus, se le stime econometriche trovassero conferma negli sviluppi futuri, il rincaro del 4% del cambio effettivo dell’Euro_€ avrebbe l’effetto di ridurre di 1.6 punti percentuali la produzione del settore industriale dell’Euro-zona con cali di oltre 3 (tre) punti in comparti chiave come quello della meccanica e di 2 (due) punti per il tessile.

    Questi già erano numeri IMPORTANTI all’epoca dello studio, in specie per lo scenario italiano. figurarsi ora, per come si va profilando nel Suo insieme – a livello Yankee e globale.

    – – – – –

    -[*]- ScusaMi per il ritardo, ma “con il tempo e la pazienza si fa tutto e tutto bene”.

    Mediamente fino a fine dicembre (circa) nell’emisfero boreale (zona Mediterraneo), l’acqua è “ancora” calda; (come sai) durante il periodo estivo e non solo (ma il fenomeno è ben più “visibile-percepibile” ai Nostri sensi, in particolar modo IN QUEL PERIODO), di giorno la terra si riscalda, per poi rilasciare_trasferire il calore (“conservato_intrappolato”) di notte al mare; infatti, di sera-notte, tra fine luglio e fine settembre, l’acqua del mare è più-PIU’ calda anche perché la marea si tende a “stabilizzare”. Si nuota nà bellezza e senza problemi alcuni (per chi ha I POLMONI ed è ALLENATO, SEMPRE. Col MARE N-O-N SI SCHERZA M-A-I; A-T-T-E-N-T-O_I!). Da gennaio fino agli inizi di aprile (circa), per via dell’inverno, questo “processo” tende a rallentare e a diradarsi di M-O-L-T-O (esempio per capire: minore esposizione diurna ai/dei raggi solari) e quindi a maggio e giugno l’acqua è sì PIU’ pulita, ma anche PIU’ fredda.

    “Calda o fredda? Pulita o sporca?” Me Lo chiedono SEMPRE! Nà via di mezzo è questa: inizi luglio e/o fine settembre e/o inizi ottobre (per chi vuole prendere nà sana tintarella a mare).

    -[1]- Il valore delle attività finanziarie è estratto dai conti finanziari. I dati, tratti dagli archivi di fonte ECB, Banca d’Italia e FED, sono riferiti all’insieme delle Famiglie consumatrici e produttrici. Per ottenere un valore maggiormente riferibile alle sole Famiglie consumatrici non sono stati considerati i prestiti e gli altri conti attivi, voce caratterizzata per la quasi totalità dai crediti commerciali.

    -[2]- B. S. Bernanke (FED, past Governor, at the meetings of the Eastern Economic Association), “The Great Moderation” – Washington, DC: February 20, 2004

    http://www.federalreserve.gov/Boarddocs/Speeches/2004/20040220/

    …” The reduction in the volatility of output is also closely associated with the fact that recessions have become less frequent and less severe. “…

    …” In other words, the reduction in macroeconomic volatility we have lately enjoyed is largely the result of good luck, not an intrinsically more stable economy or better policies. Several prominent studies using distinct empirical approaches have provided support for the good-luck hypothesis. “…

    -[3]- A. Greenspan (FED, past Chairman), “The age of turbulence. Adventures in a new world”, The Penguin Press, N.Y.: September 17, 2007

    http://www.economist.com/node/9828778

    -ET-

    http://www.nytimes.com/2007/09/18/books/18leonhardt.html?_r=0

    con annesso regalino, per la consultazione libera, agli AmiciSSimi-adepti del PIANETTO (e non solo volendo, naturalmente)

    http://www.panzertruppen.org/ebooks/27.pdf .

    -[4]- J. L. Yellen (FED, past Vice Chair, at the 2011 Federal Reserve Bank of Cleveland policy summit), “Housing market developments and their effects on low- and moderate-income neighborhoods” – Cleveland, Ohio: June 6, 2011

    http://www.federalreserve.gov/newsevents/speech/yellen20110609a.htm

    -ET-

    S. Bloom Raskin (FED, Governor, at the “Building a financial structure for a more stable and equitable economy” 22nd annual H. P. Minsky conference on the state of the U.S. and world economies), “Aspects on inequality in the recent business cycle” – N.Y.C.: April 18, 2013

    http://www.federalreserve.gov/newsevents/speech/raskin20130418a.htm .

    -[5]- E. Hahn (ECB, Staff reports), “The impact of exchange rate shocks on sectoral activity and prices in the Euro area” – Working paper series: No 796 / August 2007

    http://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/scpwps/ecbwp796.pdf

    – – – – –

    All’entrata dell’Oracolo di Delfi[**] c’era la scritta:

    …” Ti avverto, chiunque Tu sia.

    Oh Tu che desideri sondare gli arcani della natura, se non riuscirai a trovare dentro Te stesso ciò che cerchi non potrai trovarLo nemmeno fuori.

    Se ignori le meraviglie della Tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?

    In Te si trova occulto il tesoro degli dei.

    Oh Uomo, conosci Te stesso e conoscerai l’Universo e gli dei. “…

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓ [** visitato per la prima volta nel lontano aprile 1988: sai Ti scriverò che il posto – località in se, per dove è ubicato – Mi fece uno strano effetto – a livello sensoriale. Lezione: “vivere la Vita così come viene, senza mai scherzare con l’aldilà”. Buon inizio anno 2014 ** ]

  4. * The Federal Reserve: “looking back, looking forward” *

    …” Providing liquidity represented only the first step in stabilizing the financial system. “…

    …” A number of countries, including both advanced and emerging-market economies, have already deployed such measures [on Basel III :…: “Germany”!], and their experiences should be instructive.

    Although, in principle, monetary policy can be used to address financial imbalances, the presumption remains that macroprudential tools, together with well-focused traditional regulation and supervision, should serve as the first line of defense against emerging threats to financial stability.

    However, more remains to be done to better understand how to design and implement more effective macroprudential tools and how these tools interact with monetary policy. “…

    …” At its most recent meeting, the Committee reaffirmed and clarified its guidance on rates, stating that it expects to maintain the current target range for the federal funds rate well past the time that the unemployment threshold of 6-1/2 percent is crossed, especially if projected inflation continues to run below the Committee’s 2% longer-run goal. “…

    …” Much progress has been made, but more remains to be done. “…

    …” Although the Federal Reserve, like other forecasters, has tended to be overoptimistic in its forecasts of real GDP during this recovery, we have also, at times, been too pessimistic in our forecasts of the unemployment rate. “…

    …” Despite this progress, the recovery clearly remains incomplete. At 7%, the unemployment rate still is elevated.

    The number of long-term unemployed remains unusually high, and other measures of labor underutilization, such as the number of people who are working part time for economic reasons, have improved less than the unemployment rate.

    Labor force participation has continued to decline, and, although some of this decline reflects longer-term trends that were in place prior to the crisis, some of it likely reflects potential workers’ discouragement about job prospects. “…

    …” Although long-term fiscal sustainability is a critical objective, excessively tight near-term fiscal policies have likely been counterproductive. “…

    …” Yet another possibility is weak productivity growth reflects longer-term trends largely unrelated to the recession.

    Obviously, the resolution of the productivity puzzle will be important in shaping our expectations for longer-term growth. “…

    …” But, of course, if the experience of the past few years teaches us anything, it is that we should be cautious in our forecasts. “…

    …” Although growth prospects for the emerging markets continue to be good, here too the extent and effectiveness of structural reforms, like those currently under way in China and Mexico, will be critical factors. “…

    -[ * B. S. Bernanke (Fed, Chairman, at annual meeting of the American Economic Association) – Philadelphia, Pennsylvania: January 3, 2014

    http://www.federalreserve.gov/newsevents/speech/bernanke20140103a.pdf *

    -ET-

    ben_BIN_GO (or bim-BOOM_DAN) in:

    S. Gilchrist, E. Zakrajšek (Fed, Staff reports), “The impact of the Federal Reserve’s large-scale asset purchase programs on corporate credit risk” – Finance and economics discussion series: 2013-56 (September 2013) – Washington, DC: Board of Governors of the Federal Reserve System – August 5, 2013

    http://www.federalreserve.gov/pubs/feds/2013/201356/201356pap.pdf

    …” This strong negative relationship implies that when longer-term risk-free rates were falling during the crisis, the cost of insurance against corporate defaults was rising sharply.

    Second, in terms of the type of interest rate, changes in Treasury yields appear to have had the largest economic impact on the CDS spreads, followed by changes in yields on longer-term agency bonds.

    And lastly, the largest (absolute) coefficients are associated with the speculative-grade firms (CDX-SG) and with the broker-dealers (CDS-BD), two relatively highly leveraged segments of the U.S. corporate sector. “…

    see to_► Pp. 17-18 / 32 ]-

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

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