Federalismo, “residui fiscali” e questione settentrionale

In un articolo pubblicato il 14 aprile 2015, sul sito de “Lavoce.info” (I confini della questione settentrionale, di Carmelo Petraglia e Domenico Scalera) si sostiene che i “residui fiscali”, ovvero la differenza tra entrate e spese pubbliche, entrambe regionalizzate, che assumono come noto segno positivo per le regioni (a statuto ordinario) del centro-nord e segno negativo per le regioni del sud, sarebbero in realtà sovrastimati.

Inoltre, tenendo dei residui regionali “teorici” (calcolati dagli autori dell’articolo citato), emergerebbe come le regioni del sud ricevono nel loro complesso l’11% il meno di quanto ad esse “spettante”.

Al di là dei criteri di calcolo, però, la tesi sostenuta nell’articolo è che il segno dei residui (a prescindere dall’entità) non sarebbe una buona ragione per invocare l’attuazione del federalismo fiscale. L’idea di fondo è che i residui rifletterebbero soltanto la diversa “capacità fiscale” dei diversi territori, più elevata nelle regioni del nord, a fronte di una spesa pubblica distribuita uniformemente tra tutti i cittadini, titolari degli stessi diritti di cittadinanza. Dunque non ci si dovrebbe stupire del segno dei residui, riflettendo gli stessi la redistribuzone tra individui con redditi di diversa entità, giustificata altresì dalle esigenze di solidarietà sociale di cui parla l’art. 119 della Costituzione, onde garantire a tutti i cittadini gli stessi diritti: dunque, fare leva sui residui fiscali per sostenere la necessità del federalismo sarebbe sbagliato.

Diversamente da quanto sembra suggerire l’articolo de “La voce”, tuttavia, il federalismo fiscale e l’autonomia finanziaria regionale e locale trovano sufficienti e valide ragioni giustificatrici,  anche a prescindere da segno ed entità dei “residui” fiscali.

Anzitutto, se è vero come ci ricorda La voce che l’art. 119 della Costituzione parla al comma 4 di interventi finanziari finalizzati allo sviluppo, coesione e solidarietà sociale per rimuovere gli squilibri territoriali, lo stesso art. 119, al primo comma, sancisce altresì il principio di autonomia tributaria di entrata e di spesa, e al secondo comma riconosce alle regioni il diritto di stabilire tributi ed entrate proprie, e di disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

Dunque non esiste solo il principio costituzionale della solidarietà economico-sociale, tra territori e cittadini diversamente dotati, ma altresì quello dell’autonomia finanziaria e tributaria, e anche quest’ultimo assume rango costituzionale come il primo.

L’attuazione dell’art. 119 e del federalismo fiscale, poi, non può essere traguardato soltanto con riferimento al tema delle compartecipazioni (cioè l’idea di “trattenere nelle regioni settentrionali le risorse altrimenti destinate a finanziare la spesa pubblica di un Sud inefficiente e sprecone”, come si esprime l’articolo citato attribuendo ai sostenitori del federalismo un tratto stereotipo e caricaturale), ma va esteso anche a quello dell’autonomia tributaria in senso stretto. Regioni ed enti locali devono poter decidere, almeno in parte, livello ed estensione dei servizi pubblici per le materie di loro competenza, ed il desiderato trade off  tra spesa e tassazione, sulla base delle preferenze (espresse anche attraverso scelte elettorali) dei loro cittadini.

In ogni caso, anche le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, “prese di mira” dall’articolo de “La voce”, sono riconosciute dalla Costituzione, che con la riforma del titolo V del 2001 le ha volute anche per le regioni ordinarie (mentre per quelle a statuto speciale sono acquisite da decenni). Va dunque lamentata, semmai, la mancata attuazione di  un principio ad oggi rimasto lettera morta, visto il sostanziale blocco subìto dal processo riformatore avviato con la legge delega n. 42/2009, che perpetua una disparità di trattamento tra regioni a statuto speciale (che compartecipano al gettito prodotto sul loro territorio) e regioni a statuto ordinario (ancora in attesa che vengano loro riconosciute analoghe compartecipazioni).

Un diverso ordine di considerazioni, suscitato dal segno e dall’entità dei residui, attiene poi al tipo di spesa e di trasferimenti interterritoriali, poiché si ha la sensazione (un luogo comune?) che il travaso di risorse nord-sud sia solo in parte giustificato dalle esigenze di solidarietà sociale menzionate dalla Costituzione, e in ampia misura invece da sprechi di risorse, spesa clientelare e assistenzialistica, scarsa attenzione per l’efficienza nei meccanismi di controllo della spesa, come attesta una numerosa casistica, dall’incidenza pro-capite delle pensioni di invalidità, al numero di dipendenti pubblici in relazione alla popolazione, ai disavanzi delle aziende sanitarie locali del sud, e così via (che già mi aspetto mi sarà contestata per mancanza di sufficiente “scientificità” o chissà quali basi econometriche). Senza scordare, inoltre, che un tratto di questa inefficienza attiene anche all’accertamento e al recupero dell’evasione.

Non ci si può dunque disinteressare dell’entità dei residui, e in fondo neanche del loro segno: l’idea che i residui riflettano soltanto la dovuta redistribuzione di risorse tra territori dotati di diversa “capacità fiscale”, imposta da esigenze di solidarietà economico-sociale, appare a ben vedere pericolosa e controproducente, poiché fornisce inconsapevolmente una base teorica per consolidare il sottosviluppo delle regioni del sud, mortificando il principio di responsabilità individuale di intere popolazioni e territori: che ragione vi sarebbe infatti di percorrere un virtuoso processo di emancipazione, potendo sempre contare sui flussi e la redistribuzione delle regioni più ricche, obbligate ad essere solidali con quelle più povere? Il principio del federalismo fiscale e dell’autonomia finanziaria e tributaria di regioni ed enti locali non merita dunque, a mio avviso, di essere abbandonato, provando a tenere insieme solidarietà, autonomia e responsabilità.

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Pubblicato da Dario Stevanato

Professore ordinario di diritto tributario, Università di Trieste. Avvocato. Professor of Tax Law at University of Trieste

2 Risposte a “Federalismo, “residui fiscali” e questione settentrionale”

  1. “Dunque non ci si dovrebbe stupire del segno dei residui, riflettendo gli stessi la redistribuzone tra individui con redditi di diversa entità, ”

    … andrebbe benissimo se fossero veri

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