La Germania e i cambi di scenario

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In una sola settimana il contesto, in Europa, ha subito un ribaltamento di scenario che qualche mese fa, quando si susseguivano riunioni inconcludenti, sarebbe stato impensabile.

Abbiamo visto come e perché nella riunione di giovedì scorso, a sorpresa, Mario Draghi abbia deciso un taglio dei tassi, ma pare che non sia finita qui: la BCE (per bocca di Peter Praet, capo-economista dell’Eurotower) si dice oggi

“pronta a decidere ogni ulteriore misura, se necessaria, se fosse in pericolo il nostro obiettivo di stabilità dei prezzi, compreso l’acquisto diretto di titoli o tassi di interesse negativi. Si può usare anche la capacità di bilancio della Banca centrale, questo comprende anche la possibilità, che è a disposizione di ogni Banca centrale, di acquisti diretti di titoli. Alcune decisioni sono più facili di altre, ma una cosa è sicura: il Consiglio è riuscito a prendere una decisione e questo è il vero messaggio”

Insomma, è chiaro? Se la deflazione minacciasse seriamente di arrivare, la BCE è pronta ad intervenire, e ha voluto dimostrare di essere in grado di decidere ed agire.

Già, direte voi, peccato che la Germania non lo permetterà… attenzione, perché le parole di Weidmann -governatore della Bundesbank- di oggi sono sorprendenti (considerando anche che giovedì aveva votato contro il taglio dei tassi):

“Alla luce dei bassi tassi di inflazione e della debole dinamica congiunturale dell’Eurozona, sono giustificate le mosse accomodanti decise dalla BCE nel quadro della sua politica monetaria. Il Consiglio decide la sua politica monetaria per tutta l’Eurozona e non per singoli Paesi, anche se una politica di tassi bassi non può essere una condizione permanente”

Niente male per uno che le caricature disegnano con dei ripetitivi “NEIN! NEIN! NEIN!

A cosa dobbiamo questo ammorbidimento? Ci sono due fattori:

Il primo è che si sta giocando, in queste settimane, una delicata partita sul fronte dell’Unione bancaria. La posta in gioco sono i meccanismi di salvataggio delle banche, che la Germania vuole che non siano Europei, ma nazionali, precisando che i fondi a disposizione dell’ESM non dovranno essere impiegati per le banche, ma solo per gli Stati (che per accedere agli aiuti dovranno sottoscrivere le conseguenti condizionalità)

Il secondo fattore sono le procedure di infrazione che sono in arrivo, a quanto pare, dall’Unione Europea in direzione Berlino: non è solo il deficit eccessivo di un Paese a causare squilibri nell’eurozona a danno di tutti i suoi partecipanti, anche chi eccede in surplus provoca delle distorsioni. Nel Trattato (talvolta viene voglia di chiamarlo bistrattato) europeo, così come sono previste sanzioni per chi va oltre la soglia del 3% di deficit, allo stesso modo sono previste sanzioni per chi supera una media di surplus del 6% in tre anni. La Germania si trova in questa condizione e se non provvederà ad aumentare i salari e liberalizzare il settore dei servizi (“fare le Riforme” potremmo dir loro) si ritroveranno a dover pagare delle salate sanzioni.

Prima di progettare di scappare dall’Unione Europea potremmo scoprire che esistono dispositivi al suo interno capaci di aiutarci a ritrovare competitività.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

5 Risposte a “La Germania e i cambi di scenario”

  1. ohhhh una goodnews !

    Bene ! Interesante questa cosa dei limiti minimi di velocità. 🙂 Ho sempre sognato di vedere un poliziotto multare uno che va troppo piano 🙂

  2. Weidmann, possibile che sia così meschino da non conoscere vergogna? Una rondine non fa primavera. Questa faccenda dell’”inizio di indagine” per surplus di esportazione tedesca spero non si trasformi nel dito che nasconde la luna (il meteorite). La procedura di infrazione è lunga e si risolve nel peggiore dei casi con un’ammenda dello 0,1% del PIL. Pesante per chi è nei guai finanziari e politici, forse solo un buffetto per la Germania. Poi c’è sempre la possibilità del contenzioso o il perdono dei bisognosi (vedi 2003). In quanto alla disunione bancaria, credo che la Germania nasconda più di uno scheletro nell’armadio e non abbia nessun interesse, un domani, nel vederselo sistemare da forze esterne. Vedremo.

  3. Lungi da me spezzare una lancia a favore della Germania e soprattutto di Weidmann, mala procedura di infrazione verrà archiviata perché va tenuto conto della quota di export extra-ue che non è modesta. L’avevo già scritto: il tempismo “in ritardo”Italia del Tesoro USA è perché si sono accorti dei loro squilibri di bilancia dei pagamenti verso la UE…
    Non mi è chiaro il trade off fra la posizione, peraltro contraria in sede di votazione, di Weidmann e l’unione bancaria che è affare fra parlamento e commissione.
    Jens non ha detto granché di diverso rispetto al passato salvo riconoscere il deterioramento della situazione dei prezzi. Ma lui lo sa bene che gli squilibri senza ulteriori valvole di sfogo sarebbero aggiustati su prezzi e infine salari.
    I tedeschi saranno anche finalisti, e pure un poco stronzi, ma sanno bene cosa riserva il futuro e dal loro punto di vista è tutto ok, perché a suo tempo “anche loro hanno fatto così per recuperare competitività” (cit.)

  4. Maledetto correttore di android …. volevo scrivere “i tedeschi saranno anche fatalisti …”.
    Al secondo rigo c’è un “italia” di troppo.
    Sorry..

  5. tutto bene, ma ho l’impressione che nessun meccanismo esterno (ancorché relativamente esterno, poiché interno alla UE) potrà mai aiutarci ad essere competitivi, se prima non risolviamo gli endemici problemi dei nostri meccanismi. Un’evasione fiscale che produce statistiche che evidenziano che mediamente un dipendente ha un reddito annuo maggiore di quello di un imprenditore è sicuramente un’ostacolo che nessun aiuto esterno potrà abbattere, così come i costi esagerati di una politica che è ormai entrata in una dimensione post-ideologica ed è ridicolmente agiografica (le voci fuori dal coro sono regolarmente stritolate dal sistema).
    L’Italia non investe in cultura né in ricerca scientifica né in innovazione tecnologica, l’Italia svende per fare cassa, l’Italia continua a credere nelle bugie di una politica che è ormai altrove.
    E’ venerdì, piove, ho mal di testa e sono pessimista. O forse ci vedo chiaro.

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