Indignazione: Philip Roth nel cuore del secolo americano

Indignazione

Nel grandioso lascito di Philip Roth (1933-2018) il “Ciclo delle Nemesi” raccoglie gli ultimi romanzi da lui scritti prima di interrompere, nel 2010, la sua attività di scrittore; si tratta di 4 romanzi brevi, intensi, dove egli sembra volerci lasciare una sorta di testamento spirituale, mostrandoci l’uomo nei suoi momenti più delicati e difficili: la guerra, la malattia, il decadimento del fisico, ma anche della psiche, che prende strade impervie.

I 4 romanzi sono Everyman, Indignazione, L’Umiliazione e Nemesi e oggi #LettureInclinate si occupa di Indignazione, uscito nel 2008 (in Italia per Einaudi nel 2009):

IL LIBRO

il protagonista è Markus Messner e il contesto, come spesso accade con Roth, è autobiografico: Newark, 1950, famiglia di origini ebraiche. Il padre di Markus fa il macellaio kosher e Roth descrive in pagine accuratissime questo signore tutto d’un pezzo e la sua attività così importante nella comunità, in quanto rispondente alle prescrizioni religiose; gran lavoratore, papà Messner ad un certo punto esce di testa, diventa un genitore apprensivo, quasi maniacale (“a worrying machine”, lo definisce Roth, in colloquio con Benjamin Taylor): vuole sapere dov’è il suo unico figlio, lo segue, lo cerca, anche quando lui è semplicemente in biblioteca a studiare, sembra avere una premonizione di tragedia.

E così Markus sceglie un college lontano, vuole fuggire da questa oppressione, vuole stare alla larga da quel pazzo che lo assedia e lo chiude in casa.

Il racconto si sposta a Winesburg, in Ohio, in un college (frutto di fantasia) che Roth dipinge da par suo, con toni vividi, talvolta grotteschi: la vita di Markus, i suoi colleghi, il suo primo lavoro al pub, l’uscita con Olivia, una donna problematica, malata, libera sessualmente, senza freni (tanto che Markus non riesce nemmeno a gestire questa esuberanza, tutta nuova per lui).

Siamo nell’America puritana del 1950, ipocrita e bacchettona, ed è appena scoppiata la guerra di Corea: nel college è obbligatorio frequentare le funzioni cristiane, Markus è refrattario ed inoltre si azzuffa con il compagno di stanza che non lo lascia studiare. Il decano Caudwell lo convoca e Roth ci regala pagine indimenticabili:

…ho da obiettare a questo interrogatorio. Non vedo perché dovrei rispondere a queste domande relative alle mie relazioni con i compagni di stanza o al mio rapporto con la religione o alle mie idee sulla religione di chiunque altro…ho da obiettare sull’obbligo di partecipare alla funzione in cappella quaranta volte prima di laurearmi, signore. Non capisco su quali basi il college possa costringermi ad ascoltare anche una sola volta un ecclesiastico di qualsiasi fede, o ad ascoltare anche una sola volta un inno cristiano, essendo io un ateo che, a dirla tutta, è profondamente offeso dalle pratiche delle religioni organizzate…

E ancora (riferendosi anche al flirt con Olivia):

-Non mi pesa chiamarla signore, decano –

E invece mi pesava. Mi ripugnava. Volevo prendere la parola “signore” e ficcargliela su per il culo perché mi aveva preso di mira e convocato nel suo ufficio per farmi il terzo grado. Prendevo sempre il massimo dei voti. Perché questo non bastava? Lavoravo il fine settimana. Perché questo non bastava? Non ero neanche riuscito a godermi il mio primo pompino senza chiedermi per tutto il tempo qual era l’inghippo grazie a cui lo avevo ottenuto. Perché questo non bastava?

C’è la guerra in Corea, si diceva: Markus è terrorizzato di perdere la possibilità di studiare, di essere chiamato, di morire in guerra; c’è ancora il servizio di leva, nel 1950 (cesserà l’anno seguente), e potrebbe perdere il “College deferment”, lasciare da sola la madre a gestire questo padre impazzito; la società americana, e Roth ce la restituisce perfettamente, è ancora scossa dai morti della Seconda Guerra Mondiale, ma i ragazzi iniziano a partire per la Corea, una guerra sanguinosa, spesso dimenticata, e a tornare in una bara.

Sono tante le pagine imperdibili di questo romanzo: sentite ad esempio la descrizione del “dean”, il decano Caudwwell, che Roth mette in bocca ad un compagno anziano di Markus, Sonny Cottler:

Oh che errore hai fatto tirando in ballo la funzione con Caudwell! Hawes D. Caudwell è l’idolo di Winesburg. Il più grande mediano a football, il più grande battitore a baseball, il più grande centro a basket, il più grande esponente in tutto il pianeta della “tradizione di Winesburg”. Se gli dai contro a proposito della tradizione, lui ti riduce in polpette….Meglio non dargli corda, a questi ruffiani, Markus. Tieni la bocca chiusa, copriti il culo e sorridi.

E che dire dell’“assalto delle mutande”, quando i ragazzi maschi, complice una nevicata che aveva paralizzato il college, invadono, pacificamente ma non troppo, il pensionato delle femmine per sottrarre la loro biancheria? “Uno sfrenato bagordo”, eccessivo e sfrontato, con un pupazzo di neve agghindato di biancheria femminile e folla di maschi acclamanti “Mutande, mutande, mutande”, ciò che provoca numerose espulsioni e la leggendaria reprimenda del Presidente del College (un politico trombato, che a quanto pare esiste anche in letteratura), che chiama i suoi studenti

“un’ingrata, irresponsabile, immatura banda di vili e codardi teppisti. Una marmaglia di bambini disobbedienti. Neonati in pannolino a piede libero”.

L’eccezionalità di una storia “consueta”

E’ una trama consueta, si dirà: il college, l’America, i flirt, le bravate degli studenti….eh sì, ma poiché siamo di fronte ad un gigante, Roth ce la racconta con una scrittura intensa, profondissima, che scandaglia i complessi rapporti di Markus con i suoi interlocutori, la sua inquietudine, la solitudine di questo ragazzo che sembra portare su di sé tutti i problemi e le attese della sua generazione: per farlo, l’autore ricorre allo stratagemma di un io-narrante che è Markus sotto morfina (e il perché sia in una stanza di ospedale lo lasciamo a chi vorrà scoprire questa trama) e la narrazione è effettivamente incalzante, viva, lucida: una lunga stremata confessione.

Le ultime righe del romanzo, parlano del

“terribile, incomprensibile modo in cui le scelte più accidentali, più banali, addirittura più comiche, producono gli esiti più sproporzionati”.

E proprio così accade a Markus, che voleva caricarsi tutto sulle spalle, ma è scivolato sul suo orgoglio e sui suoi ideali.

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Pubblicato da Leonardo Dorini

Manager, consulente, blogger. Mi occupo di finanza ed impresa, amo lo sport. Ma sono qui per l'altra mia grande passione: la letteratura.

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