Inflazione: una voglia difficile da trattenere

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Ieri a Sintra (in Portogallo) non c’era solo il board della BCE, con Mario Draghi e tutti gli altri. In ascolto, e disponibile a dare un contributo, c’era anche il premio Nobel Paul Krugman, che ancora una volta ha illustrato come la sola strada da perseguire, a suo parere, per il recupero della crescita in Europa sia quella di spingere a rialzo l’inflazione. L’obiettivo del 2% è troppo basso, mettendo la Banca Centrale nella rischiosa situazione di non avere spazio per il taglio tassi

The intense resistance of central bankers to regime change even after more than five years at the zero lower bound shows that the kind of policy stasis that afflicted Japan for almost two decades is a more or less universal phenomenon

Krugman insomma dice che tutto il mondo è a rischio di giapponesizzazione. L’Europa, in particolare, sta flirtando con la deflazione con un indice medio della crescita dei prezzi dell’area euro a 0,7% e ben cinque paesi con indicatore negativo. Il tutto mentre i tassi ufficiali di sconto sono al livello record di 0,25%: il rischio di una “spirale negativa” alimentata da aspettative di deflazione è concreto, come ha detto lo stesso Mario Draghi proprio ieri. Obiettivi di inflazione troppo conservativi, secondo Krugman, servono solo a dare una “scusa” ai regolatori per fare troppo poco. Finendo in quella che il premio Nobel chiama  “complacency trap”.

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“Finché i prezzi rimangono stabili, i banchieri centrali ritengono di aver svolto bene la loro mansione, ma a quel punto ogni tipo di difficoltà economica rimanente deve essere indirizzata a riforme strutturali di difficile realizzazione. Ci sono già visibili tendenze a dichiarare che la bassa inflazione non è un reale problema, perché anzi serve a correggere le distorsioni nei paesi debitori”

Otmar Issing, che alla BCE è stato capo-economista, ha respinto al mittente le riflessioni di Krugman: “Come potremmo poi riagganciare le aspettative di inflazione? Non è una questione di meccanica, ma di credibilità.

Il principale problema della deflazione sta nella sua forza regressiva: l’aspettativa di prezzi in discesa spinge i consumatori a rimandare gli acquisti facendo calare i consumi, il ciclo economico e alimentando la disoccupazione. Una riflessione naif vorrebbe che finché l’inflazione è bassa, ma positiva, la prospettiva di prezzi calanti non c’è e dunque non c’è il meccanismo regressivo.

Dobbiamo però considerare che la percezione di una possibile deflazione in arrivo possa diventare oggetto di riflessione e generare un caso di “profezia autoavverante”, senza contare che nell’indebitato mondo in cui viviamo è già deflazione quando l’indice dei prezzi è inferiore al tasso di inflazione che era atteso quando il debito è stato contratto.

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Alcuni lettori faticano ancora a capire dove sia il problema di una prospettiva di prezzi in calo. Molte privatizzazioni sono state giustificate e spiegate con il beneficio per l’utente finale che, grazie alla concorrenza generata dalle liberalizzazioni, accede ai servizi a prezzi più bassi. Il punto è che è ben diverso quando si genera deflazione su una particolare categoria di beni o servizi a causa di innovazioni tecnologiche o eccesso di offerta, rispetto al caso di una deflazione dovuta -come nel momento in cui viviamo- ad una riduzione della domanda.

La caduta dei prezzi in Europa, ci ricorda spesso Draghi nelle conferenze stampa, deriva principalmente dal calo dei prezzi energetici. E’ un modo per spiegare che almeno una parte della disinflazione è “buona”. Ma per paesi con forte indebitamento, come l’Italia, un tasso di inflazione alto comporta un costo reale del debito troppo grande.

 

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“La possibilità che le cose -in Europa- prendano politicamente una piega preoccupante, con la crescente forza delle forze estremiste, a causa di politiche anche monetarie fondamentalmente errate sembra non essere preso nemmeno in considerazione”

E’ il commento amaro di Krugman. Se non che proprio oggi Mario Draghi ha dato appuntamento a tutti per venerdì 30 maggio, per la presentazione di un documento congiunto BCE-Bank of England che illustrerebbe i dettagli di un piano di rilancio del credito alle imprese. L’invito viene accompagnato da un accenno del governatore BCE ai “rischi di una prolungata fase di bassa inflazione“.

Un segnale di coesione tra eurozona e UK, in risposta alla vittoria del UKIP di Farage, ed un chiaro riferimento all’esperienza della BoE con il piano Funding for Lending di qualche tempo fa. Draghi sta anticipando quello che uscirà dalla riunione BCE del 5 giugno prossimo: un piano continentale di facilitazioni per cartolarizzare i crediti e liberare i bilanci delle banche da masse ormai ingessate, rivitalizzando il mercato dei titoli ABS. Dobbiamo aspettarci che BCE li ritenga validi come collaterale per un nuovo round di LTRO, questa volta finalizzato al credito e non all’acquisto di Titoli di Stato, magari accompagnato da tassi negativi sui depositi delle banche presso la stessa BCE, per indurre ancor di più all’utilizzo dello strumento. E a sfogare quella voglia di inflazione che proprio non si riesce a trattenere.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

3 Risposte a “Inflazione: una voglia difficile da trattenere”

  1. …❝ The costs exacted on the global economy from the “current crisis” lead me to conclude that when there are a sufficient number of signs that financial imbalances are building up, e.g., significant increases in asset prices, credit growth, and leverage,

    Policymakers

    should consider using monetary policy even if these imbalances have not yet affected current measures of inflation and output.

    I do not view this as being at odds with those who say that monetary policy should respond to asset prices only insofar as they affect our outlook for inflation and output growth.

    Monetary policymaking is forward looking, and significant financial imbalances should affect our forecasts or at least the risks surrounding our baseline forecasts.

    Policymakers must balance the risks to future price stability and output growth posed by not taking action with the risks posed by taking action, given the difficulties of identifying whether a rapid change in asset prices is sustainable or not.

    In order to make this assessment, we must develop our macroeconomic models to explicitly incorporate asset prices. ❞…

    -[ Loretta (quella “buona ed in gamba” ヅ) J. Mester (President and CEO of the Federal Reserve Bank of Cleveland effective June 1, 2014), “Housing markets – A shelter from the storm or cause of the storm?” – Helsinki (at the SUERF (The European money and finance forum) – Bank of Finland conference): ►June 4, 2009◄

    http://www.philadelphiafed.org/research-and-data/economists/mester/helsinki_talk_mester_052309.pdf … see to page⇨8

    http://www.clevelandfed.org/About_Us/officers_and_boards/mester/index.cfm

    Mester, 55, has published papers on inflation and “too-big-to-fail (TBTF)” Banks that could run against the grain at the Central Bank, the review shows.

    Her deep body of research into financial intermediation, meanwhile, could make hers a leading voice as Policymakers debate how to drain trillions of dollars in Wall Street reserves in the years ahead. ]-

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

  2. Certo che scrivere commenti in Inglese fa molto chic and international airlines, Los Angeles Lakers e New York Times.

    Simmetricamente me voglio ispirà a la borgata burina de noaltri.
    Me voglio abbandonà al dileggio Califanesco e dì la mia su sta defluzione ed altri brutti mali. Er problema sta nei consumi: non si vende na fava e l’Italliano che cià rcore risparmioso non scuce pur di mettere da parte du soldi due.

    Ai tempi belli se cambiava la macchina prima di cambià le cinghie di trasmissione ore se non se cambiano dù volte è miracolo e i porci meccanici se fanno budella d’oro zecchino.

    C’avemo n’paese de vecchi gottosi con pensioni retributive da vergogna e ai giovani solo peti come incentivi. Mò che v’aspettate la crescita de che? Manco la bandiera s’alza più di sto passo, infatti de pargoli manco l’ombra…

    Però in testa me frulla na questione da abominio. E se i consumi so in stallo non solo per mal di panza recessivi e aerofagia occupazionale, ma pure perché semo ad un giro de boa cosmico? Cioé vojo dì e se l’aspirazione de noi burini non fosse più quella “produci, consuma e crepa”? Un blocco epocale, na stipsi cosmica invece che na cattiva digestione? Pure Totti invecchia…

    E se per l’occupazione pure fosse un malanno cosmico così che non ci sta un grugman da fare? Ormai con le stampanti 3d se fanno pure i bidé e i bucatini e la forza lavoro par na bestemmia inutile….

    Mamma mia che dubbi che ciò.

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