JFK e l’uomo con l’ombrello: quando la realtà è più strana di ogni fantasia

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Decorrono oggi 50 anni dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti, il cui assassinio ha dato vita a molteplici teorie cospirazioniste. Per l’occasione ho chiesto un contributo illustre a Massimo Polidoro, segretario nazionale e cofondatore del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), e autore del libro “I grandi gialli della Storia“.

JFK e l’uomo con l’ombrello: quando la realtà è più strana di ogni fantasia

A cinquant’anni dall’assassinio del presidente Kennedy, argomento su cui si è detto e scritto tantissimo, vorrei segnalare questo curioso cortometraggio:

Nel film, prodotto da Errol Morris per il New York Times, il giornalista Josiah Thompson racconta la bizzarra vicenda dell’Umbrella Man, ovvero del tizio che compare in Dealey Plaza nel momento in cui Kennedy e Connally vengono colpiti e che se ne sta sotto il sole con un ombrello aperto.

All’epoca, erano state proposte spiegazioni cospirazioniste di ogni tipo per giustificare qualcosa di tanto assurdo come un uomo con l’ombrello aperto sul ciglio della strada in una giornata piena di sole. Ci fu chi parlò di un segnale in codice che serviva a dare il via agli spari (come succede nel film JFK di Oliver Stone – davvero un sistema astuto e capace di passare totalmente inosservato, se fosse stato così…) e chi ipotizzò che in realtà l’ombrello conteneva un lanciarazzi da cui partirono i proiettili che colpirono il Presidente (non è uno scherzo).

La realtà, come dimostra il racconto del giornalista, è sempre più bizzarra e imprevedibile di ogni fantasia: il tizio, in seguito identificato come Louis Steven Witt, ex agente delle assicurazioni, spiegò che con quel gesto voleva richiamare l’attenzione su qualcosa che pensava avrebbe potuto imbarazzare il presidente (qui è possibile leggere la trascrizione del suo interrogatorio nel corso dell’indagine dell’House Select Committee). Prima della seconda guerra mondiale, il padre di Kennedy, Jack, era ambasciatore americano in Inghilterra. L’ombrello doveva simboleggiare le politiche conservatrici del primo ministro inglese Chamberlain, noto per portarsi sempre appresso un ombrello. Poiché Kennedy era un Democratico, l’idea era che ricordando il fatto che il padre avesse in passato sostenuto un conservatore avrebbe dovuto mettere in imbarazzo il presidente.

Ovviamente, c’è da dubitare fortemente che se Kennedy fosse sopravvissuto e avesse notato l’uomo con l’ombrello avrebbe fatto nella sua mente quel tortuoso ragionamento. Probabilmente avrebbe pensato: “Guarda quel tizio. Nessuno deve avergli detto che oggi c’è il sole!” Ma è un classico esempio di come spesso sia più facile cercare (e trovare!) ipotesi cospiratorie e dietrologiche per fatti che, invece, possono avere spiegazioni del tutto banali, anche se assolutamente inimmaginabili. Non a caso, Thompson la definisce una “cautionary tale”, un monito, un racconto ammonitore, che ogni storico (ma anche chi vede cospirazioni ovunque) dovrebbe tenere sempre presente.

Massimo Polidoro
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

2 Risposte a “JFK e l’uomo con l’ombrello: quando la realtà è più strana di ogni fantasia”

  1. “Immaginarsi come elemento necessario nell’ordine dell’universo equivale, per noi gente di buone letture, a quello che è la superstizione per gli illetterati. Non si cambia il mondo con le idee. Le persone con poche idee sono meno soggette all’errore, seguono ciò che fanno tutti e non disturbano nessuno, e riescono, si arricchiscono, raggiungono buone posizioni, deputati, decorati, uomini di lettere rinomati, accademici, giornalisti. Si può essere sciocchi quando si fanno così bene i propri affari? Lo sciocco sono io, che ho voluto battermi coi mulini a vento.” Maurice Joly da “Il cimitero di Praga” di Umberto Eco

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