La scatola di Carlo

licenziato

Carlo se l’aspettava da un po’. Queste nuove leggi, questa riscoperta insicurezza, questi bilanci aziendali scritti in grigio. E poi lei, certo: questa crisi. Questo mostro senza faccia che anche se si fa vedere da qualche anno, sembra esserci da una vita. Fosse almeno un drago o un grifone o un’altra pagina qualsiasi di un bestiario medievale, almeno uno potrebbe cercare di affrontarla. Invece è fatta di polvere, di numeri, di ruggine. Di cancelli che chiudono e l’indomani mattina non aprono.
Carlo viene chiamato in una improvvisata sala riunioni da quel capo improvvisato che ha tanti anni meno di lui. Quando la porta si chiude il discorso è subito chiaro. C’è una lettera di licenziamento. Non serve neanche trovare una scusa. Carlo è dirigente.
Carlo torna alla sua scrivania e cerca le parole giuste per dirlo ai colleghi. Nelle prossime ore, nei prossimi giorni dovrà trovarle per la moglie, per i figli, per i vicini, per tutti. Oltre all’incertezza sul futuro, pesa questa ombra di colpevolezza. E non basta invocare la crisi e le logiche globali per spazzarla via.
Carlo mette senza fretta le sue cose in una scatola di cartone recuperata nel corridoio. Cose inutili, cose che non gli serviranno. Sembra la scena di un film americano, ma questa non è Holliwood. Certo che no.
Stacca due foto dal muro. Come erano piccoli i figli, qui. Stacca il badge dei congressi con il suo nome, il logo dell’azienda e delle convention per best performer. Lo fa senza odio, senza sarcasmo. Non ha la mente abbastanza libera per trovarli grotteschi.
Si sforza di non pensare ai momenti belli vissuti in tanti anni di azienda. I successi, i colleghi, il mondo che cambia in fretta e anche il suo lavoro che sta al passo. Si sforza di non pensare a quando, fresco di laurea in ingegneria, si sentiva arrivato nel posto giusto.
Saluta i colleghi sforzandosi di sorridere. Capisce il loro imbarazzo fatto di frasi che cercano di essere rassicuranti. Stacca il suo biglietto da visita dalla cassettiera. L’aveva messo come targhetta. Non vuole lasciare traccia. Coerente per l’ultima volta con questa sua azienda che non vuole tracce.

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Pubblicato da Simone Magnani

Laurea in Economia. Esperienza pluriennale in marketing di prodotti ICT e in soluzioni finanziarie. Nato a Milano, vive a Roma. Corre a piedi. Scrive articoli, racconti e pezzi umoristici. Quasi tutti in prima persona singolare.

2 Risposte a “La scatola di Carlo”

  1. A world situation caused by Frantic Financialism, the evil stage of metastasis in Capitalism, Savage as John Paul II said. I have been in Carlo’s position and might again be there, like most people in the 21st century. My only advice, if Carlo would allow me, is to use this time to relax for a month, recover, start exercising a lot, even begin a martial art like Brazilian Jiujitsu to strengthen his spirit, all that, plus pleasure of enjoying time, before joining the mad rush of job seeking. Instead, concentrate your energies on ties with people, exploring reaching out, but with a smile more often than with anger, sadness or anguish (the latter being not evitable however). Find new markets to shop for vegetables, cook, take naps, swim, help people, help, if only by listening, do not forget to help. Open up to admiration. You are admirable. I used my unemployment period to learn from a man who once, in his 40s, was told “you are finished! you are unemployable”, and then went on to become a top international PE investor.

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