La TOP 10 dei rischi globali – EPT #93

top risks eurasia group
In uno dei libri più influenti pubblicati nello scorcio finale dello scorso secolo, “La società del rischio”, il sociologo tedesco Ulrich Beck, tra i maggiori studiosi della modernità globalizzata, ha reinterpretato il concetto di rischio, conferendogli una prepotente centralità.

Nella visione di Beck, “il rischio non è la catastrofe, ma l’anticipazione della catastrofe (…………..).

Anticipare un rischio significa mettere in prospettiva un potenziale pericolo” cosicché prendere atto di un rischio non è solo un gesto di responsabilità, ma comporta un vantaggio strategico.

Il saggio di Beck, nel quale è altresì centrale il concetto di globalizzazione del rischio nel mondo interconnesso, risale al 1986. Non è forse casuale che una manciata di anni dopo, per iniziativa del politologo americano Ian Bremmer, sia nata Eurasia Group, la più importante società di ricerca e di consulenza sul rischio politico a livello globale. Da allora, Eurasia Group sforna agli albori di ogni nuovo anno ”Top Risks”, la sua previsione sui 10 rischi politici che presentano maggiori probabilità di inverarsi nei dodici mesi a venire.

Si tratta di uno dei pochi almanacchi moderni dai quali non si può prescindere e qui ad “Economia per tutti” è una lettura obbligata. Strette più che mai le cinture di sicurezza, dunque, la conversazione inclinata di questa settimana è dedicata a scoprire, chiosandola ed approfondendola, la particolarissima, ed un po’ inquietante, top ten di Eurasia.

Come si conviene a questo genere di classifiche, abbiamo deciso di scorrerla dal fondo, in senso crescente di rischiosità.

Dallo stress idrico, con i suoi paradossi, tensioni, diseguaglianze ( tra inondazioni e siccità) al boom di Tik Tok, epitome dell’irrompere di una generazione che non ha conosciuto una vita senza internet e social e che sembra portata a disintermediare totalmente la politica e i riti democratici in favore di espressioni di opinione condensate in un click; dagli “Stati disuniti d’America”, ossia quella scioccante incapacità della politica e della società americane di ritrovare, nelle istituzioni federali, una cornice comune, dopo l’estrema polarizzazione e le radicali contrapposizioni introdotte ed alimentate dal trumpismo, all’arrestarsi, nel mondo, di quel processo di continuo miglioramento globale delle condizioni e della qualità della vita che da ormai un paio di generazioni pareva costante ed inarrestabile; dalla crisi energetica ( che, come sapete, a nostro avviso ha in realtà tutte le caratteristiche per configurarsi come una “permacrisi”, un dato strutturale destinato a consolidarsi ben oltre l’anno in corso) alla polveriera iraniana, un regime scosso dalle contestazioni interne brutalmente represse, legatosi a doppio filo alle sanguinose ambizioni imperiali di Putin e ormai prossimo , nel suo programma nucleare, a superare red lines di fronte alle quali nessun governo israeliano, ma tantomeno quello attuale, potrebbe rimanere inerte.

Se il tasso di rischiosità complessiva delle ultime sei posizioni della graduatoria di Eurasia Group vi risulta già sufficientemente allarmante, sappiate che, in alta classifica, l’aria si fa ancora più pesante.

Ci sono innanzitutto le onde d’urto del ritorno dell’inflazione ed insieme degli effetti collaterali della terapia monetaria adottata contro di essa dalle Banche centrali e alla quale i mercati sembrano opporre una fattiva resistenza (con tutte le implicazioni che vi raccontiamo).

Ma poi, sul podio, si impongono all’attenzione i rischi “over the top”: dalle  armi di distruzione di massa – che tornano ad accumularsi in particolare nella variante rappresentata dalle nuove tecnologie di sorveglianza e di manipolazione mediante le quali le autocrazie mirano a disarticolare le democrazie –  all’impero di Xi , un leader con una concentrazione di potere senza precedenti dai tempi di Mao e come tale , in assenza di limiti, in condizione di commettere anche errori impareggiabili in caso di scelte sbagliate su economia, Covid o politica internazionale.

Tutti questi elementi di rischio, tuttavia, cedono il passo a fronte della più grave minaccia del 2023: la “canaglia Putin”, come lo definiscono quelli di Eurasia Group. Primo in classifica è lui: Putin che non può perdere la guerra, Putin al quale l’Occidente sembra aver capito che non può esser consentito di vincere, Putin che può trovarsi come un cobra messo all’angolo, in compagnia, tuttavia, del suo arsenale nucleare.

Ulrich Beck, citato all’inizio, scriveva che “dobbiamo accettare l’insicurezza come un elemento della nostra libertà”. Per farlo insieme e con un po’ più di consapevolezza, vi aspettiamo come sempre sulla vostra piattaforma preferita.

Un po’ di bibliografia della puntata:

potete trovare la ricerca estesa di Eurasia Group a questo link: https://www.eurasiagroup.net/issues/top-risks-2023

il libro Pensieri lenti e veloci” è disponibile qui

La società del rischio” lo trovate qui

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