Libertà è partecipazione. Al mercato

partecipazione

Il Def è il primo esercizio di attività del governo sul fronte economico, dopo la miriade di annunci e promesse elettorali. Il primo test di realtà. L’andamento dello spread e le revisioni dei giudizi sul rating del nostro Paese sembrano anticipare che questo test non stia andando benissimo.

Ma il governo ci assicura che non è così, il mercato si sbaglia, ha dei pregiudizi, e che risparmiatori e contribuenti dovrebbero valutare con la loro testa e con buon senso il reale valore dei titoli di Stato.

Gli osservatori si sono soffermati molto su contenuti più rilevanti della Manovra: ilreddito di cittadinanza, il condono e la riduzione di aliquote per partite Iva. ​C’è però un angolino dimenticato della Manovra: le risorse destinate al ristoro di chi è rimasto vittima delle banche.

Citando dal documento programmatico di Bilancio:

«Viene incrementata la dotazione finanziaria per assicurare il ristoro ai risparmiatori che hanno avuto un danno riconosciuto dalle banche con sede in Italia sottoposte a risoluzione o poste in liquidazione dopo il 16 novembre 2015 e prima della data del 1 gennaio 2018, per completare il processo avviato con decreto legge 91/2018, convertito con modificazioni».

Una iniziativa lodevole, nel Paese che da Vicenza all’Etruria ha visto molteplici occasioni in cui i risparmiatori sono rimasti beffati.

Ma, prima che la memoria si offuschi, cerchiamo di trarre i giusti insegnamenti. Ai correntisti di Veneto Banca e di Banca Popolare di Vicenza venivano offerte le azioni della banca da utilizzare come collaterale di garanzia per operazioni di finanziamento. Il discorso era molto semplice: sei un piccolo imprenditore? Investi sulle azioni della banca, così potremo dare un finanziamento alla tua attività considerando il tuo investimento come garanzia.

LE OPERAZIONI DI VENETO BANCA E POPOLARE DI VICENZA

Venivano chiamate “operazioni baciate”, ma le promesse che contenevano avevano molto poco di romantico. Le azioni delle due banche, infatti, non erano quotate sul mercato e il loro valore era così determinato dal cda della banca stessa. In pratica la banca stabiliva in totale arbitrarietà il prezzo delle azioni, le faceva acquistare e sottoscrivere ai suoi clienti, aumentando così il suo patrimonio.

La relativa facilità di reperire capitale a condizioni vantaggiose ha nel tempo generato una certa leggerezza nella concessione di crediti, il risultato fu che – anche a causa della generale fase di crisi – molti di questi crediti divennero inesigibili e quando le due banche andarono a cercare sul mercato nuovo capitale emerse che il vero valore delle loro azioni, che erano state fatte comprare ai clienti anche per oltre 60 € l’una, era di 0,1 €. Il castello crollò e le due banche, di fatto, fallirono.

LE OBBLIGAZIONI DI BANCA ETRURIA

La Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, che insisteva su un territorio diverso, fatto di lavoratori e risparmiatori, e aveva azioni quotate in Borsa, preferiva collocare ai suoi clienti obbligazioni subordinate della banca.

Erano obbligazioni protette dai giudizi delle agenzie di rating e dallo spread, perché erano titoli non quotati sul mercato. Il funzionario della banca invitava serenamente il correntista a “valutare con buon senso” il valore di un titolo dato per sicuro e che offriva un interesse discreto, superiore a quello dei titoli di Stato.

Ai correntisti non veniva mostrato che sul mercato avrebbero potuto comprare titoli di maggior qualità con rendimenti simili o titoli di qualità analoga a rendimenti ben superiori, per la banca d’altronde la possibilità di collocare titoli alla clientela invece che sul mercato significava, analogamente alle banche venete, poter reperire capitale a condizioni facilitate. Anche qui, questo portò una certa leggerezza nella concessione dei crediti, con risultati analoghi a quelli delle banche venete.[sociallocker].[/sociallocker]

Molti risparmiatori hanno così perso i loro risparmi, incautamente investiti nei titoli di queste banche per fiducia, e oggi si sentono truffati. La truffa non è certo il fallimento in sé, se rifiutassimo il concetto di fallimento dovremmo respingere anche il concetto di impresa. La truffa sta dunque, inequivocabilmente, nel prezzo scorretto a cui questi titoli sono stati venduti alla clientela.

Un prezzo non adeguato al rischio e al valore delle attività sottostanti, stabilito a tavolino dalla banca e subìto dai clienti perché non avevano la competenza e gli strumenti per valutare correttamente gli strumenti che venivano offerti.

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LA POCA PROTEZIONE OFFERTA DAGLI ORGANI DI VIGILANZA

La truffa, per riprendere la definizione implicita del governo, è stata possibile grazie all’esclusione del mercato, il cui lavoro in effetti è molto banale: assegnare un prezzo alle cose facendo incontrare una pluralità di compratori e venditori alla ricerca di opportunità.

La presenza del mercato avrebbe impedito il collocamento di strumenti a prezzi non allineati, come ha impedito alla Popolare dell’Etruria di costruire ardite “operazioni baciate” con le sue azioni perché quotate.

Gli organi di vigilanza avrebbero senza dubbio dovuto ravvisare con maggiore tempestività il collocamento al pubblico indistinto di obbligazioni subordinate e di investimenti in pieno conflitto di interessi, ma proprio alla luce della carenza di protezione dagli enti di vigilanza, la mancata protezione offerta dalla verifica di mercato ha reso deboli i correntisti di fronte alla banca.

Soli nel valutare con semplicità e ipotetico buon senso la proposta d’investimento fatta da persone considerate di fiducia.

IL PREZZO DECISO DAL MERCATO È PIÙ EQUO

È curioso quindi che a voler sanare questo torto sia il governo che vede l’Italia vittima del «ricatto dei mercati», dipingendolo come un gioco fatto da grandi speculatori, uno strumento di oppressione, quando l’esperienza recente insegna che, al contrario, è uno strumento di libertà, di condivisione delle informazioni, perché il prezzo fissato dal mercato è il frutto dell’incontro tra chi vende e chi compra, ed è ben più equo di un prezzo deciso dal venditore.

L’erogazione di un ristoro presupporrebbe anche l’impegno a evitare che certi fatti possano ripetersi, ed è per questo che è irricevibile da parte del governo l’incoraggiamento al disprezzo del mercato, perché così facendo si assume la stessa posizione che si teneva a Vicenza o in Etruria.

Ci sono modelli migliori a cui ispirarsi.

articolo pubblicato anche su Lettera43
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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