L’insostenibile pesantezza della libertà d’opinione

Se in campo internazionale si plaude ad alcune iniziative di Xi Jin Ping, per altre monta la preoccupazione. Benevolenza e critiche non si compensano, perché le seconde prevalgono. La lotta alla corruzione e allo strapotere della burocrazia sono percepite come una liberazione dall’ingiustizia, ma ancora non è chiaro se condurranno all’affermazione della legge o se invece rappresentano un regolamento di conti – lungo, sanguinoso, incerto – all’interno del Pcc. Le critiche si applicano invece a fatti sicuri e preoccupanti. La censura antidemocratica è l’esempio più evidente, alla quale si è unita una pesante critica ideologica. La repressione del dissenso interno continua, ma la scure si è abbattuta più forte nelle relazioni con l’esterno da parte della società. È ormai definitivamente calato il sipario su Google, Facebook, il New York Times. Poche settimane fa i VPN (Virtual Private Network) sono stati proibiti, eliminando le ultime possibilità di accesso non controllato a Internet. Ora è stata lanciata una campagna contro la diffusione dei western values. È una manovra orchestrata ai massimi livelli, attuata con un crescendo di iniziative. Hanno aperto la strada gli editoriali, poi le circolari interne del Pcc, infine le dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione. Di fronte ai rettori delle più importanti università cinesi, Yuan Guiren ha imposto di ridurre l’adozione di testi che diffondano i valori occidentali. Per non lasciare dubbi, i documenti citano i nemici ideologici: il costituzionalismo, i valori universali, la società civile, il neo-liberismo economico, la libertà di stampa, il nichilismo storico e la critica al socialismo cinese.

[tweetthis]Bandita la diffusione di idee ispirate da valori occidentali, la Cina stringe sabbia nel pugno?[/tweetthis]

Chissà cosa cercano i 500.000 studenti cinesi che studiano nelle migliori università statunitensi? A quali valori ambiscono? Non traspare dai documenti di Pechino se quelli occidentali siano negativi in assoluto o soltanto inapplicabili dalla Cina. Anche nel secondo caso – meno grave del primo – è ragionevole inviare i propri talenti senza esporli al contagio? Si possono studiare – in California o nel Massachusetts – il marketing, l’ingegneria, l’informatica, senza essere esposti al dibattito, alla circolazione di idee, alla libertà di stampa? E si può precludere in Cina l’acquisizione di studi avanzati, di ricerche innovative, solo perché provengono da altri paesi? Cosa succederebbe se l’Occidente – portatore dunque di valori antagonisti – offrisse la stessa reciprocità? Cosa accadrebbe ai numerosi Istituti Confucio che costellano le città occidentali? Voluti e finanziati dalla Cina, non sono diffusori di “valori cinesi” e quindi censurabili in Europa, in nord America, in Australia?

Non è necessario stilare una classifica per i diversi valori che le società propagano. Nessun sistema è perfetto e le contingenze storiche impongono passaggi spesso dolorosi. Tuttavia una caratteristica occidentale emerge con nettezza rispetto alla Cina: la capacità di accettare la diversità, di convivere in situazioni complesse in un mondo globalizzato.

[tweetthis]Ciò che distingue l’Occidente dalla Cina è la capacità di accettare la diversità[/tweetthis]

La Cina mostra i muscoli, ma probabilmente segnala la sua debolezza, impugna le forbici della censura ma non genera simpatia. Economicamente non si può prescindere da Pechino, ma risulta difficile accettarne il modello. Ormai le praterie dell’etere trasportano anche le idee, soprattutto quelle non proprie. Si può al massimo tentare di veicolarle, non di proibirle, soprattutto se sono state fatte proprie da paesi ricchi, civili e democratici. Il Pil può ancora aumentare per tanti anni, ma la Cina stenta ancora a comprendere che non tutti quelli che usano Gmail hanno intenzione di sovvertire la Repubblica popolare cinese, non tutti quelli che si affidano ai VPN intendono minare la causa del socialismo.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

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