L’Unione Europea: una faticosa apologia

fatica paradossale

Qualche sera fa è andato in onda su La7 un monologo contro l’ Unione Europea ad opera di Paolo Barnard, ospite del programma La Gabbia. Interessante la velocità con cui è stata messa tanta carne sul fuoco e questioni su cui specialisti dibattono da decenni driblate in pochi minuti, ma sapete: lo share è velocità, i contenuti degli argomenti un po’ meno.
Tralasciando la veridicità delle argomentazioni, interessante è l’immagine che ne esce di cittadino, sostanzialmente: un burattino incapace di conoscere, né di intendere, né di volere all’oscuro di quelli che sono i “poteri forti”.
Come cittadina, ma ancor prima come persona, sono stupita di questo vittimismo degli individui che si sentono sempre alla mercé di terzi.
Sembra quasi che il cittadino sia quella figura che ha sempre molti diritti, ma mai alcun dovere, primo tra tutti il dovere di informarsi (sul trattato di Maastricht, sul Trattato di Lisbona, sul six pack, two pack, sul fiscal compact ma ancor prima su quelle che sono le istituzione europee). Quella dell’Unione Europea sta diventando una sorta di illusione collettiva con cui scagionare abilmente un’incapacità politica che, attenzione, ancor prima di appartenere all’UE, per difetto, appartiene al governo nazionale, per struttura.

“Ci rubano la sovranità”

dicono, peccato che fin dalla firma del Trattato di Maastricht una parte di sovranità sia stata ceduta “de facto”. Il problema della democrazia violata nella rappresentanza è un problema antico che si pone ogni qualvolta ci si relaziona ad una forma di potere politico, nato per fare le veci dei singoli. Sull’efficacia della rappresentanza avrei molto da dire, sostanzialmente possiamo dirci quantitativamente molto rappresentati, un po’ meno qualitativamente, ma questo è un altro discorso insidioso su cui tornerò in altri tempi.
Ci siamo noi e c’è l’Europa e la distanza è a tratti incolmabile, non per questo non comprensibile. Questa distanza si traduce perlopiù in sospetto; ma al grido di “Bruxelles macchina burocratica frega tutti a mia insaputa” io mi fermerei su un passaggio, che forse ai più sfugge.
Prendiamo come esempio la Commissione Europea, uno dei gloriosi stendardi degli Europa kaputt warriors.
La Commissione Europea NON è immune da controlli, questa è leggenda, anzi è sotto stretta sorveglianza del Parlamento Europeo “eletto a suffragio universale”, non solo, il Parlamento ha anche la facoltà di censurare la Commissione Europea in qualsiasi momento. Dunque è l’Europa che agisce a nostra insaputa o l’Europa agisce per conto dei nostri rappresentanti?
Non sarà forse che dietro quei tanti “è l’Europa che ce lo chiede” ci siano degli accordi voluti e siglati (e non sotto tortura) dai nostri governanti?
Un’apologia di un qualcosa che ha dei tratti vacui è sempre molto difficile, così come il combattere un’entità che sia “il sistema” che siano “le banche” che sia questa volta “l’Europa” è assolutamente inutile e per lo più dispersivo. Ogni forma di energia è lecito adoperarla verso un obiettivo ben chiaro, affinché si possa conoscerlo in profondità e cambiarlo.
L’unione Europea non è una struttura perfetta, anzi non è una struttura, è un moto, è come un cantiere aperto all’interno del quale confluiscono culture, lingue, progetti, singole istanze nazionali. Non vi può essere nulla di armonico dove albergano diversità, vi può essere però un obiettivo comune, una visione, una missione. E se la stabilità è un miraggio, in nessuna forma di democrazia nazionale o extranazionale sussiste stabilità questa accerterebbe la morte stessa della democrazia, vi può essere un qualcosa di più: il buon funzionamento.
E’all’ordine del giorno che l’Europa sieda sul banco degli imputati, ma il paradosso è che non esiste Europa se ad essere partecipi non sono i cittadini, non esiste Europa se gli stati come ben diceva Padoa Schioppa si ritirano nei propri confini nazionali con “l’illusione di avere i conti della propria casa in ordine”.
Il vero problema alla radice di questo grande, ambizioso, unico e visionario progetto è la miopia, dei cittadini, dei singoli stati nazionali (vedi Germania), e di una classe politica non competente.
L’UE oggi non può limitarsi a fare il watchdog degli stati in difetto e in ritardo (vedi procedura di infrazione per la responsabilità civile dei magistrati, vedi la censura per la non indipendenza della rete ferroviaria italiana) l’UE è qualcosa di più e noi tutti prima di sabotare, o ancor più smantellare dovremmo conoscerla.
Nel frattempo è di venerdì la notizia che i federalisti europei hanno presentato una bozza su

“nuova Unione federale, basata su una nuova ‘Costituzione’ che prevede – tra l’altro – una Commissione europea che diventi vero governo con un presidente eletto direttamente ed abbia quindi una maggiore legittimità e responsabilità democratica, una Banca centrale che abbia poteri analoghi a quelli della Fed americana, una politica di sicurezza e difesa comune, un Tesoro europeo e l’eliminazione della regola dell’unanimità”

Se non vogliamo ritrovarci come i vecchietti ai lati del cantiere che hanno sempre da dire contro, senza partecipare direttamente ai lavori, dobbiamo fare uno sforzo di prospettiva sul lungo raggio oltre che premere per una maggiore rappresentanza democratica.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da porfirogenita

Libertaria nei giorni pari, reazionaria con nostalgie imperiali nei giorni dispari. Selettiva per natura, generosa per civiltà.

10 Risposte a “L’Unione Europea: una faticosa apologia”

    1. Pascitor più che aria fresca direi: sanità mentale.

      Senza contare il fatto poi che per sottoscritto l’imperium é la forma di governo ideale sia per i giorni dispari che per quelli pari 🙂

  1. Post da far leggere a tanti politicanti da strapazzo e giornalisti che fanno del terrorismo psicologico e dell’ignoranza (nel senso che ignorano la realtà dei fatti) il loro cavallo di battaglia.
    Well done!

  2. 164 CAPITOLO TERZO

    L’ istinto della gerarchia dominava da secoli nel
    Piemonte l’intiera società dalla Corte al trivio.
    Le
    divisioni generali, espresse coi nomi di nobiltà, bor-
    ghesi, popolo e plebe^ si suddividevano in altre mi-
    nori classificazioni.
    Vi erano affinità come repulsioni,
    simpatie come ripugnanze, da nobili a nobili, da bor-
    ghesi a borghesi, da popolani a popolani.

    La classe
    degli avvocati si teneva da più di quella dei medici,
    e l’ una et altra si credevano superiori di condizione
    sociale ai negozianti ed agli industriali, coi quali
    anche i pubblici impiegati si affiatavano con tuono
    di supremazia.

    Alla loro volta, i mercanti all’ ingrosso
    guardavano d’alto in basso i rivenditori al minuto.
    Nella plebe esistevano le stesse ripugnanze di ade-
    renze e di contatto.

    http://archive.org/stream/storiadellamona03biangoog/storiadellamona03biangoog_djvu.txt

    e pensare che non c’erano neanche i media a soffiare sul fuoco.

    In quanto a “sforzo di prospettiva” sembrerebbe che siamo rimasti al 1799

  3. Il post è interessante, le posizioni che da tempo si leggono su questo argomento sono arcinote, ma vale sempre la pena di portare il proprio reminder. Se Europa deve essere sia solo Europa. basta con questa proliferazione parassitaria di cariche pubbliche stratificate autoreferenzianti. eliminiamo i passaggi intermedi. la GLOCALIZZAZIONE ( Baumann docet ) ci impone di andare oltre la dimensione conosciuta a favore di un mondo dove la cultura e le radici LOCALISTICHE si sposano as una visione globalista. rispetto e radicamento sostengo ed aiutano l’apertura e la solidarietà. Un? Europa dei popopli per i popoli i cui eletti sono rappresentanti vicini all’elettorato e ad esso rispondono per appartenenza culturale e di esso sono espressione virtuosa. eliminiamo la sovrastruttura ( sia essa banalmente provincia o regione o stato ) e assembliamo le vere identità Europee nella casa Europa. Alsaziani, Catalani , Bavaresi, Tirolesi, Baschi sono Europa da sempre.
    buona giornata a tutti.
    Alberto

  4. Ottimo articolo. Solo che non riesco a comprendere il luogo comune ( qui insinuato ) che la Germania sia ” egoista ” o ” nazionalista”. La Germania , come gli altri stati del blocco Deutschemark, ha firmato i trattati suddetti così come l’ Italia o la Grecia. Non mi risulta ( come si legge nei blog dei vari euroscettici) abbia imposto con la forza ( con la Wehrmacht schierata ai confini ) o con dolo ( visto che i trattati non sono stati firmati ad occhi chiusi o da incapaci legali ) ahimè l’ Euro e tutti i suoi parametri ai poveri staterelli mediterranei.
    Inoltre devo ancora capire dove ci sia scritto nei trattati che debba accettare mutualizzazioni di debiti o cambiamenti del mandato della bce ( si veda Corte di Karlsruhe) … Ma l’europa e l’euro non erano una volontaria associazione di stati membri ? Se siamo veramente capaci di intendere e di volere (e non ipnotizzati dai vari bilderberg, goldman sachs e rettiliani) prendiamocela coi governanti che hanno firmato i trattati in nostra vece e con chi ci rappresenta. Chiedo troppo ?

  5. Non chiedi troppo, Hans, anzi quello che tocchi è un punto focale. E’ senz’altro vero che un’unione solo monetaria è una unione zoppa: come possono competere alla pari dei produttori che devono sottostare a regole e fiscalità diverse? E come possono avere fiscalità uguali Paesi che hanno interessi sul debito così macroscopicamente diversi?
    La mancata regolamentazione europea, sulla scorta dello slancio in avanti auspicato da Anna, è ciò per cui i nostri delegati dovrebbero battersi a Bruxelles. E sia chiaro che quando dico questo sono ben lungi dall’avere ispirazioni protezionistiche.

  6. è quasi impossibile per esprimere quanto l’Unione europea ha bisogno di imprese italiane e gli italiani .. e quanto non ha bisogno di politica italiana. I numerosi casi il panorama del business italiana funziona come un esempio. Queste persone governatore non stanno guardando il Regno Unito con il suo sistema di caste radicato, in Germania con la sua ricostruzione post guerra o in Francia con la sua regolamentazione statale. Hanno stanno esaminando i milioni di PMI in Italia, che ha pescato la creatività, il talento, lo stile, l’innovazione di un grado superiore di artigianalità. In un certo senso passato l’Italia è il futuro dell’UE. Questo significa anche che le piccole imprese italiane sono la principale minaccia per il web di grande interesse in Italia …
    L’UE piacerebbe rallegrarsi d’un M5S sano

  7. caro Alberto
    ormai da tempo tutti noi abbiamo capito che la strada sarebbe questa . Il problema è che quando scendi per strada ed ascolti la gente, che sia Catalunia o Lombardia Midi francese o Campania, i discorsi sono altri e la sensazione che ci sia necessità di un salto plurigenerazionale è fortissima.
    La mia personale poi è che qualsiasi strada che porti nella direzione che tu auspichi dovrà giocoforza arrivare dall’alto con la tecnica del bastone e della carota. Impensabile possa partire dal basso.

  8. dalle mie parti dicono:
    “se mio nonno avesse le ruote e un motore, sarebbe un ApeCar”.
    Però nessuno gli hai mai caricato sulla schiena – nel cassone – badilate di terra.

    questa è più o meno la storia dell’EU e dell’Euro, come la vedo io.
    Mentre la storia dell’EU e dell’Euro che DOVREBBE forse concretizzarsi in futuro è:
    “a mio nonno spunteranno le ruote e un motore, ma intanto continuiamo a caricarlo”.

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