Macao, la docile gallina dalle uova d’oro

Da 15 anni Macao è tornata alla Grande Madre Cina. Nel 1999 la geografia si è riunita con la storia, ponendo fine a più di 400 anni di sistema coloniale. I piccoli territori nel Mar Cinese Meridionale – a un’ora di ferry da Hong Kong – erano stati la prima colonia europea in Asia, quando i cannoni e le navi lusitani avevano bisogno di porti d’attracco per i commerci e le spedizioni. Da allora, Macao aveva subito il lento declino dell’impero portoghese, adagiandosi con indolenza al clima tropicale, senza gli slanci economici e la diversità della più potente Hong Kong. Quando l’ex colonia britannica è ritornata alla Cina, nel 1997, il destino di Macao era già scritto: seguire il percorso della cugina più forte e invidiata. Il Portogallo peraltro non aveva la forza politica sufficiente per contrastare o negoziare con la Cina in ascesa.

Per le celebrazioni della fine della storia coloniale, è giunto a Macao il presidente Xi Jin Ping, in una delle rare “spedizioni a sud” che prima gli imperatori e ora il Pcc eseguono per affermare il loro potere su territori lontani da Pechino. Xi non ha trovato situazioni burrascose come nella vicina Hong Kong. L’hanno accolto pochi dimostranti ostili e soprattutto i sorrisi riverenti delle autorità locali. Ha riaffermato la grandezza della Cina e la validità del principio “un paese, due sistemi” che dà forma alla semi-autonomia sia di Hong Kong che di Macao. Esse possono godere di ampia libertà, conservare le proprie monete, partecipare autonomamente ai giochi olimpici, avere gli uffici di statistica, una stampa libera, un sistema giudiziario indipendente. Rimangono ovviamente fuori dalla loro attività la difesa e la politica estera, controllati da Pechino. Possono dunque mantenere per cinquant’anni l’eredità del sistema capitalistica coloniale per poi essere dolcemente uniformati a quello cinese, Hong Kong nel 2046, Macao nel 2048. Non ha lesinato retorica e battute il Presidente cinese nel suo discorso: “Dobbiamo tutti aderire al principio base e rispettare le differenze tra i 2 sistemi. Non dobbiamo mai privilegiare un partner a discapito dell’altro. Ogni diversa condotta sarebbe sbagliata, come calzare la scarpa destra nel piede sinistro”.

In realtà Macao offre minori apprensioni alla Cina continentale. Non esiste un forte movimento di protesta, la stampa è più allineata, “Occupy Central” è un miraggio. I suoi 600.000 abitanti non risentono della reputazione e del fascino internazionale che Hong Kong ha ereditato, non conoscono il suo carattere internazionale, i vantaggi della Borsa, l’eredità di essere stata per decenni “la porta d’ingresso in Cina”. Probabilmente ragionano guardando il portafogli e sembrano soddisfatti, seppure con preoccupazioni crescenti. Sotto le insegne del gioco d’azzardo, Macao è divenuto uno dei paesi o territori più ricchi al mondo. Certamente la ricchezza prodotta non è distribuita uniformemente, ma indubbiamente l’intera città è stata colpita da un immenso fiume di denaro. Sotto la benevolente regia di Pechino, Macao è divenuto in pochi anni il centro più redditizio del gioco d’azzardo al mondo. Soprannominata la “Las Vegas d’Oriente”, ha ora surclassato la città americana per incassi, con un valore sei volte più alto nel 2013. È la meta di turisti, giocatori, uomini ricchi e donne disinvolte. Raccoglie la passione per il gioco, insieme all’ombra di sospetti per traffico di valuta, prostituzione, riciclaggio. Xi Jin Ping è impegnato in una lotta spietata contro la corruzione. Ne pagano la durezza gli acquisti di lusso e gli incassi ai casinò, entrambi in declino nell’anno in corso. A 15 anni dal glorioso rientro di Macao nell’alveo cinese, il Presidente auspica una diversificazione economica. Sarà tuttavia difficile tornare indietro a pochi decenni orsono, quando Macao era un centro tessile internazionale. Ora i bassi costi sono al di là del confine, nell’immenso territorio cinese. Macao è ricca di gioco d’azzardo e sarà rischioso provare a contenerlo, vorrebbe significare uccidere le gallina dalle uova d’oro.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Macao, la docile gallina dalle uova d’oro”

  1. Dimentichi un particolare importante, ovvero che i cinesi devono spendere tutti i soldi a Macao e rientrare in patria “puliti”. Cosa non di poco conto.

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