Il mestieraccio del Banchiere Centrale nel mondo post-covid

mestiere banchiere

Il mestiere delle Banche Centrali di questi tempi è particolarmente complicato.

Il rischio che la crescita economica, ancora fragile e legata per lo più ad un impulso di rimbalzo post-crisi pandemica, possa frenare comporta la necessità di politiche monetarie ultra espansive (tassi vicini a zero e acquisti di titoli sul mercato), dalle quali può scaturire inflazione, peraltro una cosa a lungo cercata, ma l’inflazione da una parte è un evento monetario, dall’altra è comportamentale.

L’inflazione

Dall’inizio degli anni ’80 in poi, l’inflazione è stata a lungo contrastata, poi nei primi anni ’90 la caduta del comunismo (e il conseguente processo di globalizzazione) e l’ascesa di Internet e dalla rivoluzione nell’elettronica hanno accelerato enormemente la crescita della produttività.

Alla fine degli anni ’90, questo aveva depresso l’inflazione al punto che, durante la “crisi delle tigri asiatiche”, si è cominciato a parlare di rischio deflazione (una cosa che evocava scenari da Grande Depressione anni ’30).

Per prevenire la deflazione era necessario stimolare la domanda dell’economia, ma la globalizzazione aveva creato un surplus globale di lavoro, mettendo pressione sui salari. Quindi occorreva aumentare la disponibilità di denaro per dare sostegno alla domanda. Ma cittadini e imprese si erano già indebitati, e per prendere loro ulteriore denaro le banche centrali hanno avviato una nuova politica: oltre a deprimere progressivamente i tassi d’interesse, iniziarono a creare grandi quantità di denaro da far fluire nei mercati finanziari, gonfiandone i prezzi.

E’ stata così creata una inflazione degli asset finanziari anziché nei prezzi al consumo. Di conseguenza, i vecchi debiti sono stati compensati non dall’erosione del valore del denaro, ma da valori di asset sempre più alti.

Il dilemma

L’inflazione, dicevamo è fatta di elementi monetari e di elementi comportamentali.

Visto che, per proteggere la fragile crescita, iniettare liquidità continua ad essere necessario, per evitare che l’inflazione si incendi diventa cruciale minimizzare gli aspetti comportamentali. Ecco perché le Banche Centrali insistono, e continueranno a dire, che l’inflazione è temporanea: se credessimo il contrario potrebbero doverla fermare con tapering e rialzo tassi.

Dicono la verità?

Nemmeno loro lo sanno. Quello che sanno è che dicendolo diventa più probabile che si avveri, e in ogni caso, fosse anche una bugia, sarebbe una “bugia bianca” di quelle che vanno dette, a fin di bene.

La Fed proclama che l’inflazione è transitoria e che i suoi strumenti funzionano come previsto.
Porta qualche esempio come prova.
Gli operatori di mercato si comportano come se lo credessero vero. Come suol dire… “Don’t fight the Fed”

È così che funziona il mercato.

Perché alzare i tassi e fare tapering implica un peggioramento delle condizioni e quindi un rallentamento della crescita, se fatto troppo presto potrebbe addirittura generare una recessione, e con i debiti pubblici già espansi dall’emergenza pandemica, non è il momento di rischiare recessioni.

Quindi cosa vorrebbero ottenere le Banche Centrali?

Mantenere tassi bassissimi a lungo, con un po’ di (ma non troppa) inflazione, finché la crescita non diventa più solida. In questo schema i rapporti debito/PIl degli Stati si assorbono più velocemente con una miscela di crescita+inflazione.
E’ un equilibrio delicato, che richiede continui aggiustamenti:

  • quando l’inflazione spara, bisogna essere convincenti e dire che poi rientra
  • se la crescita è forte fa salire i tassi
  • se crescita e inflazione tornano indietro si allungano i tempi di risanamento debiti

In circostanze normali, per evitare una stretta creditizia e una crisi del debito, l’impatto di una recessione viene assorbito aumentando il deficit pubblico e abbassando i tassi di interesse. Ma questo oggi è quasi impossibile.

Il rischio principale oggi è che l’inflazione metta radici, facendo incrementare la velocità di circolazione della tanta moneta disponibile, attivando una spirale. Per contenere questo rischio, dovendo evitare interventi concreti, alla Fed e alla BCE resta la dialettica: rassicurandoci dicendo che l’inflazione è “temporanea”.[sociallocker].[/sociallocker]

L’aumento dei prezzi in tanti settori, dovuto ai problemi di approvvigionamento, sta generando una spinta politica all’aumento dei salari, un elemento che rischia di far radicare inflazione e riportarci al punto precedente: bisogna condizionare i consumatori a non temere che l’inflazione sia duratura, e influenzare loro -per la Fed- è più complicato. I tool per farlo, comunque, ci sono:

“credevi che transitorio significasse 6 mesi? Tutti sanno che transitorio significa 18-24mesi!”

oppure:

“in seconda lettura, depurandolo di fattori fuori schema, l’indice regredisce”

o anche:

“guardando il dato medio…”. Esempio:

Anche in Europa il discorso è lo stesso: nell’ultimo decennio, l’inflazione media in €zona è stata 1,2%, accumulando un 9% di ritardo nei prezzi rispetto a dove sarebbero se il nuovo obiettivo simmetrico annunciato ad inizio luglio da BCE fosse stato rispettato.

Il nuovo obiettivo “simmetrico” della BCE

Il nuovo obiettivo ha uno scopo chiaro: corregge un bias deflazionistico.

I teorici del deficit selvaggio come soluzione alla deflazione forse hanno ancora le idee confuse in proposito, ma è stato il costante aumento dell’indebitamento di questi anni a generare tassi d’interesse più bassi: il sistema aveva bisogno di incentivare a prendere capitale come dicevamo sopra e per consentire più prestiti, servivano tassi d’interesse sempre più bassi.

Come in tanti abbiamo detto in tante occasioni, questa politica monetaria crea dipendenza: diventa difficile ritirare il QE o aumentare i tassi di interesse senza innescare una recessione, che spingerebbe i costi di interesse reale a livelli intollerabili.

L’unico modo di uscirne è una lunga repressione finanziaria dove il valore reale dello stock di debito accumulato viene ridotto da tassi di interesse reali negativi (cioé tassi nominali inferiori all’inflazione), perché abbiamo debiti pubblici troppo alti e questo non lascia il margine di manovra per gestire fasi di crisi.

Ma i tassi reali negativi sono di fatto una tassa sul risparmio: si impongono ritorni inadeguati per il capitale investito: se fosse una strategia dichiarata ed esplicita gli investitori risponderebbero con una pernacchia.

Quindi bisogna fare in modo che gli investitori restino dove, se sapessero, non vorrebbero stare.

La bugia “bianca”

La grande massa degli investitori retail, deve quindi credere che non c’è nulla da temere, che l’inflazione è temporanea, che la crescita magari sarà flebile e quindi avere i risparmi in obbligazioni non sia poi tanto male.

Nel frattempo si spera che l’inflazione salga, senza strappi, così la gente si abitua piano piano e i tassi nominali possono anche seguirla passo passo, lasciando il rendimento reale negativo.

Più questo accade, più velocemente il rapporto debito/PIL migliora (crescita nominale + rendimento reale negativo). Quindi la bugia bianca verso gli investitori non solo deve funzionare, ma anche durare a lungo.

Abramo Lincoln, pare, diceva:

“puoi ingannare tutti per un po’ o ingannare qualcuno a lungo, ma non puoi ingannare tutti per sempre”

sebbene parlasse d’altro, coglie bene la difficoltà della Fed e della BCE.

Il prezzo sociale

Poiché non tutti gli investitori hanno pari competenze nel comprendere e valutare l’onere che ricade sui risparmi e le possibili alternative, questa forma di tassazione del risparmio, annunciata come strumento di stabilità sociale, sarà causa di ulteriori disuguaglianze.

Questo è il prezzo da pagare per tenere in piedi la baracca.

Ma finché mancava la liquidità, per le Banche Centrali era relativamente facile. Oggi che #mancalaroba il problema è che la Fed e la BCE non possono “stamparla”.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

2 Risposte a “Il mestieraccio del Banchiere Centrale nel mondo post-covid”

  1. Ho scoperto il vostro sito solo in questi giorni.
    Analisi interessanti.
    Una domanda: Visto che V, la Velocita’ della Moneta, non potra’ scendere sotto 1, questo semplice fatto non portera’ un aumento dei Prezzi?
    Complimenti e grazie.
    Pietro Valeri

    1. La latente minaccia dell’aumento della velocità di circolazione della moneta è una delle più importanti ombre sul futuro.
      La semplice dimensione della massa monetaria non basta a generare inflazione, ma nel prenderne atto si è provveduto ad inondare il sistema per anni. In una modalità (QE) che tratteneva la liquidità erogata all’interno dei mercati finanziari, come enormi dighe.
      Se si applica una maggior (velocità di) circolazione ad una massa così ingente, il rischio di far tracimare tutto esiste, e peraltro i modi conosciuti di “riparare” il problema sono tutti molto dolorosi

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