Meteo Economia, con Giulio Betti

meteo economy

In un bel pezzo su Repubblica di ieri, Antonello Guerrera, corrispondente da Londra, racconta dello straordinario revival che, in tempo di guerra, sta conoscendo la geografia. Mappe e cartine stregano il brutale invasore dell’Ucraina, lo imprigionano nelle sue ossessioni espansionistiche, ma sono tornate familiari anche per tutti noi. Le condizioni della pace saranno dettate dalla situazione sul terreno, ormai sembrano averlo compreso quasi tutti (non in Italia), ed è quindi al terreno, a quello teatro di questa guerra e a tutti quelli potenzialmente contesi, che occorre guardare.

E se (……..) il motore della storia non fosse la marxista lotta di classe , (………), ma fosse la geografia,  con le montagne , le pianure , i golfi , a determinare le dinamiche tra le nazioni del mondo? “

si domanda Guerrera, rimandando, fra le altre, alle teorie al centro di “Prisoners of Geography”, il saggio, uscito nel 2015, del giornalista britannico Tim Marshall.

Suggestione feconda di spunti quella proposta da Guerrera. Primo dei quali, l’aggiunta alla geografia di altre discipline senza la padronanza delle quali la comprensione della realtà odierna, ma ancor più del prossimo futuro, è a  forte rischio di velleitarismo.

Su tutte la climatologia: appena terminato di piegare il capo per compulsare la topografia e le mappe, è bene alzare gli occhi al cielo. Perchè quando lasciare i nemici al gelo e al buio diventa arma di guerra e di ricatto, quando la mancanza di coordinamento globale nelle politiche ambientali, rese indifferibili dal cambiamento climatico, diventa fattore di divergenza e disparità economica, è chiaro che la scienza del clima è già una variabile decisiva per ogni tipo di analisi, in primis quella a noi più cara.

Questa settimana, dunque, conversazione inclinata dedicata alla “meteo economia” sul triangolo Milano – Firenze – Manchester. Tappa a Firenze perché lì “Economia per tutti” ha la fortuna di avere un amico il cui nome ricorre con sempre maggiore frequenza, e non per caso, negli approfondimenti mediatici su questi temi.

Lui è Giulio Betti, vive osservando e studiando nubi, isobare e temperature presso l’Istituto di Biometereologia del CNR di Firenze ed il Consorzio LaMMa (Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale della Regione Toscana).

Su Twitter è @Giulio.Firenze, un account di quelli che fanno la differenza per capacità di sminuzzare a beneficio di tutti una materia complessa, con competenza, umiltà ed anche una pazienza spesso messa a dura prova dagli scettici del climate change.

Giulio è meteorologo e climatologo: tradotto in termini economici, studia sia la congiuntura di breve sia le dinamiche di medio/lungo termine. Insomma, l’interlocutore ideale per noi.
Con Giulio, infatti, abbiamo spaziato dall’inverno che verrà a quell’alterazione di fondo di tutti i sistemi climatici che caratterizza le mutazioni in corso.

Nel breve termine, il trend è buono.

L’inverno prossimo venturo non sarà da economia di guerra: nonostante il ricatto putiniano, abbiamo potuto risparmiare tanto sui consumi grazie (sia detto solo per questa volta) all’anomalo tepore prolungatosi fino a tutto novembre ed ora verrà il “solito” inverno di breve durata, con qualche brusco e repentino abbassamento di temperature, tanta volatilità meteorologica e comunque un freddo non eccezionale.

Il vero inverno di guerra potrebbe, invece, essere quello dell’anno prossimo, non già e non tanto per motivi climatici quanto perché non si vede all’orizzonte il coordinamento europeo necessario per fronteggiare l’utilizzo dell’arma energetico- metereologica da parte dei russi.

Di ben altro tenore, il quadro di fondo descrittoci dal nostro interlocutore.

Un quadro che ormai stravolge anche l’esperienza e la saggezza popolare:  se un tempo si diceva che “l’acqua e il gelo non stanno in cielo”, oggi il gelo resta in gran parte in cielo , mentre l’energia in sovrappiù, causata dal riscaldamento globale, determina anomali “stoccaggi” in atmosfera di scorte d’acqua che tendono sempre più a scaricarsi non in modo uniforme, ma in zone circoscritte e con grande intensità, dando luoghi a quei fenomeni climatici estremi che stanno diventando un’inquietante nuova normalità.

Su questo e molto altro abbiamo sommerso Giulio di domande, Se volete anche voi, con le sue risposte. dare uno sguardo più profondo e informato al “ tempo che fa”, l’appuntamento è sulla vostra piattaforma preferita.

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