MPS, mangiatoia per le banche d’affari

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Sotto l’albero di Natale addobbato a Rocca Salimbeni, Siena, il Monte dei Paschi ha trovato un pacco inatteso, in arrivo non dalla Lapponia, ma da Francoforte – mittente: Bce. L’apporto di capitale previsto per la Banca, non avendo avuto successo la «soluzione di mercato», passa da 5 miliardi di euro a 8,8 miliardi. Parrebbe che la dimensione del buco cambi a seconda di chi deve metterci i soldi, ma evidentemente non può essere così. La valutazione dell’esigenza di 5 miliardi risale al luglio 2016, ma cinque mesi non possono aver variato così tanto le necessità, dunque nemmeno questo spiega la novità.

UNA PRIMA RICHIESTA SOTTOSTIMATA. Potrebbe trattarsi di scarso rispetto del mercato: la Banca centrale europea sapeva che l’esigenza “vera” era di 8,8 miliardi, ma ha dato il suo avallo a un aumento da 5 miliardi per consentire alla banca di guadagnare tempo per poi arrivare a chiedere al mercato in una ulteriore occasione la rimanenza. Un sospetto corroborato dai numerosi aumenti di capitale effettuati negli ultimi anni, sempre annunciati come definitivi e ogni volta dimostratisi insufficienti. Bankitalia, però, ha pubblicato una nota esplicativa in cui sostiene che la richiesta di capitale è accresciuta a causa della diversa soluzione: trattandosi di «ricapitalizzazione precauzionale pubblica» l’obiettivo non è più solo la drastica riduzione del rischio di credito della banca, con l’integrale cessione dei crediti in sofferenza e l’aumento della svalutazione, ma anche il ripristino di requisiti patrimoniali necessari a coprire il fabbisogno in uno scenario avverso di uno stress test.

6,6 MILIARDI A CARICO DEI CONTRIBUENTI. Peraltro lo dice chiaramente la normativa europea, che consente questo genere di operazioni in casi eccezionali, «per rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria». Le obbligazioni subordinate verranno convertite in azioni, ma lo Stato rimborserà i piccoli investitori; i contribuenti dovranno così farsi carico di circa 6,6 miliardi per effetto dell’intervento diretto e dei risarcimenti agli obbligazionisti subordinati, mentre i restanti 2,2 miliardi resteranno a carico degli obbligazionisti che non hanno i requisiti per il risarcimento pubblico. La speranza è che un aumento di capitale così ingente e conservativo si riveli realmente decisivo per il risanamento completo dell’istituto, e che siano sbagliati gli studi di Goldman Sachs, che stima la reale entità del fabbisogno in 38 miliardi di euro, mentre un analista di London Capital Group parla addirittura di 52 miliardi di euro.

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Sufficienti o no, questi soldi serviranno a irrobustire una banca che, nel corso degli ultimi anni, ha speso ingenti quantità di denaro in consulenze. A posteriori possiamo dire che la qualità di queste consulenze sia stata quantomeno dubbia. Facciamo finta di dimenticarci la rivalutazione delle quote di Banca d’Italia detenute – tra le altre – anche da Mps, con i relativi benefici in dividendi e proviamo a tirare le somme così: il disastro a tappe del Monte dei Paschi di Siena, partendo dall’ottimistica ipotesi che sia finalmente arrivato alla fine e che ogni scoperto sia stato definitivamente appianato, si conclude con lo Stato che sborsa 6,6 miliardi per ripianare il bilancio di un’azienda che dal 2008 a oggi ha pagato più di 3 miliardi di euro in consulenze rivelatesi invariabilmente tutte errate.

[tweetthis]Cosa coprono i soldi pubblici impiegati per salvare #MPS? Scoprilo qui:[/tweetthis]

AFFARI D’ORO PER GLI ALTRI. Tra aumenti di capitale, emissioni di bond, chiusura di contratti derivati, emissione di Tremonti-bond e Monti-bond, fees di consulenza, costi sostenuti durante la vigenza dei contratti, costi per chiuderli, commissioni di collocamento negli aumenti di capitale e nelle emissioni obbligazionarie, oneri finanziari dei prestiti ponte a cavallo degli aumenti, più tutte le altre operazioni anche piccole fatte negli anni (fusioni e acquisizioni, emissioni emtn, creazione di veicoli finanziari, finanziamenti degli stessi, ecc…) l’istituto ha sostenuto oneri finanziari a favore di advisor, banche d’affari e altre banche commerciali – tra cui figurano Jp Morgan, Merrill Lynch, Banca Leonardo, Mediobanca, Citigroup, Credit Suisse e Unicredito – per oltre 3 miliardi e 700 milioni di euro.[sociallocker].[/sociallocker]

UNA STIMA FACILMENTE DEDUCIBILE. La stima, prudenziale, è facilmente deducibile sommando i dati presenti nei bilanci depositati dalla banca e quelli raccolti in numerose inchieste giornalistiche e non contempla gli ingenti costi legali dei procedimenti per gli strumenti che sono finiti oggetto di contestazioni e gli incalcolabili oneri reputazionali. Se non vogliamo credere a consulenze così macroscopicamente errate, allora, con più malignità, dobbiamo pensare che il piano pluriennale fosse quello di annunciare “a rate” le esigenze reali della banca, sacrificando gli interessi degli “allocchi” che di volta in volta hanno creduto che la ricapitalizzazione fosse risolutiva. Pertanto le parcelle pagate agli advisor servivano a comprare una certificazione per operazioni con numeri volutamente errati. E oggi lo Stato “salva” la banca ripianando le spese di tutte queste consulenze e gli oneri finanziari di tutte queste operazioni fallimentari. La motivazione sociale di questa spesa? Proteggere il sistema dal fallimento del fallimento di Mps, equivocando sulla gestione delle conseguenze societarie anziché di quelle sociali del fallimento. Ripensando a come è cominciato questo articolo, c’è qualche confusione su chi sia Babbo Natale in questa lunga storia.

Questo articolo è tratto dal numero di pagina99, in edicola, in digitale e in abbonamento dal 7 al 13 gennaio 2017.
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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