Nodi e pettini per Xi Jin Ping

In un famoso dialogo tra due protagonisti de Il Contesto, Leonardo Sciascia scriveva:

“Tutti i nodi vengono al pettine”.

“Quando c’è il pettine”

era la risposta. Nella lotta alla corruzione in Cina i “pettini” sono la sopravvivenza del Partito Comunista Cinese. Sono le maglie strette dell’organizzazione a decidere l’entità della repressione. Il segretario Xi Jin Ping ha intrapreso una lotta durissima perché il malcostume era arrivati a livelli di guardia. Esiste un tariffario non scritto per promozioni, trasferimenti, incarichi, missioni. Più redditizio è il favore concesso, più alta è la ricompensa richiesta. È nei fatti una percentuale sui futuri guadagni, una “redistribuzione del reddito” illegale, decisa nei corridoi dei ministeri, nelle aule di tribunale, nelle riunioni conviviali.  La pratica è così diffusa da minare il consenso sociale e destabilizzare il paese. Ecco perché la campagna moralizzatrice ha assunto i toni di un’autentica purga, condotta questa volta con inedita virulenza. È stato colpito il vertice degli apparati precedenti, sconfessando la regola non scritta che garantiva l’immunità delle posizioni più alte. L’ultimo dirigente a essere messo sotto accusa – in attesa di una condanna annunciata – è addirittura il braccio destro di Hu Jin Tao, Segretario Generale fino al 2012. È l’ultima, clamorosa, estromissione che sconfessa una modalità illegale di intendere il potere. Sono innumerevoli gli arresti, le denunce, i suicidi di sospettati di avere fatto parte della gigantesca macchina corruttiva del paese. Le dimensioni del fenomeno impongono una domanda inquietante: siamo in presenza di un sistema irriformabile oppure di mele marce in un cesto pulito? La seconda opzione è la risposta del Pcc.

La corruzione è frutto di debolezza umana, di difetti individuali. Se si rimuovono i colpevoli, l’organizzazione ne trarrà giovamento perché è sostanzialmente sana. Tuttavia la spiegazione risulta semplicistica. Lo ha rilevato anche l’agenzia pubblica – Xinhua – che del Pcc è un portavoce ufficioso. Un suo articolo – immediatamente rimosso, dopo i primi, numerosi click – affermava che l’intero sistema è intriso di corruzione, che la pratica è la regola, non l’eccezione. È un’analisi impietosa ma più aderente alla realtà. Si comprende perché sia stato tolto, per il timore che una lotta giusta finisca per travolgere l’intera struttura di comando della dirigenza. Se la malattia ha raggiunto tutte le pieghe del partito, la sua rimozione potrebbe uccidere il partito stesso.  Ancora più preoccupante, nello stesso articolo, è la conferma che le occupazioni nell’amministrazione pubblica sono le più ambite tra i giovani cinesi in cerca di lavoro. Oltre il 76% di essi ambisce a una carriera statale, considerata il percorso migliore per successo, prestigio, benessere. Le retribuzioni, notoriamente basse, non spiegano questa altissima percentuale, soprattutto se comparata con i valori di paesi sostanzialmente alieni da corruzione come Singapore, gli Stati Uniti e la Francia (con percentuali di gradimento rispettivamente del 2, 3 e 5%). Evidentemente il magnete del potere si combina con il portafogli, in un matrimonio che in Cina appare indissolubile. La scorciatoia per la ricchezza individuale sembra passi per la scrivania di un ente pubblico o si identifichi con i grigi burocrati di partito. Per questo Xi è chiamato a un compito difficile, quasi impossibile. Dovrà calibrare il suo intervento, un’attività complicata come stabilire quanto debbano essere stretti i denti di un pettine.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Nodi e pettini per Xi Jin Ping”

  1. No matter how good the ideas, how potentially beneficial, corruption frustrates anything, deviates it, renders it limp. It has to be taken seriously, Pope Bergoglio says, and to that effect he has appointed British Lord Patton, who will (ad honorem) head an advisory committee on media outreach towards non-Christians, particularly the Chinese. He accused China of trying to undermine the judicial independence of Hong Kong, a world financial centre (see Financial Times).

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