Se non capisci chi è il pollo, allora il pollo sei tu

pollo

Corea del Nord e Cina, Corea del Sud e Giappone: la furbizia asiatica mette sotto scacco la geopolitica USA

Non sono un giocatore d’azzardo, ma trovo ugualmente sublime questa frase:

“Se nella prima mezzora non capisci chi è il pollo, allora il pollo sei tu”

attribuita a Thomas Austin Preston (1928- 2012), detto “Amarillo Slim”, giocatore professionista di poker (è stato campione del mondo nel 1972), volto noto nelle tv americane e apparso anche nel film California Split di Robert Altman.

Frase che funziona alla perfezione anche in questa vicenda di geopolitica. Mi spiego. Chosun.com, il più importante notiziario online della Corea del Sud, ha riferito che i “cugini” del Nord, durante l’incontro nella provincia di Ryanggang del Partito del Lavoro di Corea, del 20 maggio scorso, hanno annunciato di disporre di un nuovo razzo a lungo raggio, denominato “Hwasong-12/Mars-12”, abilitato al trasporto di testate nucleari e in grado di colpire tutto il territorio cinese. Una notizia che negli Stati Uniti ha avuto una certa eco.

Vediamo perché.

I Paesi dotati di armamenti nucleari sono i soliti noti: Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Cina, insieme a India, Pakistan, Israele e, naturalmente, alla famigerata Corea del Nord. E la questione è più semplice di quello che potrebbe sembrare dopo tutte queste premesse.
Kim Jong-un spinge sulla propaganda nucleare perché gli fa gioco su due fronti: interno ed esterno, entrambi correlati al mantenimento del suo potere sulla sua stessa nazione e sui delicati giochi geopolitici dell’area, dove intorno ha solo nemici – utili però al mantenimento dello stato di paura del suo popolo che si sente sotto assedio e accetta di buon grado la dittatura come male minore, per un indottrinamento di massa che ha pochi eguali nel mondo contemporaneo – e con gli USA, a maggior ragione con l’avvento dell’amministrazione Trump, che per certi aspetti – eccoci alla frase iniziale – sono il “pollo da spennare”.

I nemici di Kim, soprattutto, sono la Corea del Sud e il Giappone, nazioni non dotate di armamenti nucleari e che per questo sono difese dagli USA con un dispiegamento importante delle forze armate statunitensi sui relativi confini (si parla di quasi 80mila uomini dislocati tra i due alleati) e, parallelamente, con continue concessioni economiche a vario titolo da parte degli americani per fini geopolitici.

D’altro canto la Corea del Nord è forte del fatto che gli USA, nella storia, non hanno mai attaccato Paesi dotati di armi nucleari. Inoltre resta il principio che un attacco a Giappone, Corea del Sud o (addirittura) a Cina o USA, da parte della Corea del Nord, sarebbe un folle suicidio. Questo Kim lo sa perfettamente e le probabilità di un eventuale attacco stanno a zero.

Come detto, oggi, dopo questa ulteriore puntata della saga che coinvolge Kim, Corea del Nord e del Sud, Cina e Giappone, negli USA vi è tutta una corrente di intellettuali, politici, non solo repubblicani, e addetti ai lavori, che dicono sempre più ad alta voce a Trump di lasciar perdere la Corea del Nord e tutti i suoi giochetti balistici di dimostrazione di forza.

Anzi, alcuni si spingono ben oltre, sostenendo che un Giappone armato “nuclearmente” diventerebbe un protagonista – affidabile – sul piano internazionale, peraltro in linea con il suo status di terza economia più grande del mondo. Ciò, aspetto non secondario, allevierebbe gli USA della necessità di continuare a fornirgli sicurezza militare.[sociallocker id=12172].[/sociallocker]

Mentre la notizia che Kim potrebbe colpire la Cina risulterebbe in quest’ottica come un acceleratore del disimpegno USA nell’area. Difatti finora il Celeste Impero è stato visto come l’alleato occulto dei coreani del nord, con tutta una filippica nel primo incontro ufficiale di Trump presidente con un leader straniero – il cinese Xi Jinping – con propositi commerciali favorevoli e ribaltamento delle posizioni espresse da The Donald in campagna elettorale in cambio del contenimento di Kim.

Ecco quindi che i fautori del disimpegno, mi sembra giustamente, dicono questo: adesso la Cina ha ben più interessi di noi a stoppare la propaganda di Kim. Che lo faccia da sola. Occasione ghiotta per riportare a casa gli 80mila militari statunitensi dislocati tra Corea del Sud e Giappone. Nell’attesa che Trump si accorga finalmente che il pollo da spennare è proprio lui.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

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