Occhi a mandorla e cervelli acuti

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Con cadenza triennale, l’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, il club dei 34 paesi più industrializzati ad economia di mercato – realizza uno studio per vagliare le competenze degli studenti nel mondo. Il Pisa test (Programme for International Student Assessment) esamina 500.00 studenti quindicenni in 65 paesi, classificati infine in base a 3 materie: matematica, scienze e capacità di lettura. Gli ultimi risultati pubblicati a Dicembre 2013 sono stati per molti versi sorprendenti e pongono degli interrogativi che escono dai recinti del lavoro statistico. Le classifiche certificano con più forza il dominio orientale? I test rappresentano con correttezza l’universo che vogliono rappresentare? La Cina ha manipolato i test per primeggiare e rafforzare l’orgoglio nazionale? I risultati non lasciano dubbi: la preparazione degli studenti asiatici è di gran lunga superiore, anche a quella dei paesi più ricchi. Gli studenti più bravi sono a Shanghai, poi a Singapore, Hong Kong, Taiwan. Corea del Sud, Macao e Giappone. L’Italia è agli ultimi posti, gli Stati Uniti sotto la media Ocse, perfino la celebrata Finlandia – invidiata per il suo sistema scolastico egualitario, gratuito ed efficiente – perde posizioni. Le rilevazioni sono sostanzialmente confermate anche nelle tre articolazioni delle materie scrutinate. La classifica riflette la storia economica dell’Asia Orientale del dopoguerra. Vi sono presenti il colosso giapponese, le 4 tigri, le 5 Cine, l’ascesa inarrestabile del Dragone. Si è tentati di concludere che gli occhi a mandorla coincidano con i migliori cervelli. I risultati riflettono certamente economie in ascesa, ma anche la volontà di riscatto, la tenacia dell’applicazione, la disciplina dello sforzo. Sembra che l’Occidente sia saturo e stanco di studiare, cullato nei suoi agi, mentre proprio al miglioramento sociale e materiale tendano le generazioni di genitori e figli che insistono sull’istruzione. Le critiche non mancano: l’applicazione cogente non favorisce la creatività, la costrizione allo studio non libera energie e favorisce lo stress e la depressione. Sono valutazioni ragionevoli, ma che non intaccano il valore complessivo della performance asiatica. Probabilmente più appropriate sono le altre due osservazioni. La rappresentatività del campione nazionale è messa in discussione, come spesso succede quando si vuole semplificare la realtà. Infatti è richiesta la collaborazione delle autorità locali per selezionare, eventualmente sostituire, garantire la presenza minima degli studenti. Il prestigio che alimenta il nazionalismo porta a ritenere che ogni paese abbia interesse a scegliere i migliori studenti per il test, come se si trattasse di un’Olimpiade. Sulla Cina si sono addensati dei sospetti ragionati di importanti commentatori, come quelli ospitati su Time Magazine e il South China Morning Post, il quotidiano più famoso di Hong Kong. Gli interrogativi – che spesso assumono la forma di accuse pesanti – riguardano non soltanto l’elasticità interessata dei criteri di selezione, ma anche la scelta di Shanghai. La metropoli è stata infatti scelta per rappresentare l’intera Cina, una decisione che non ha lesinato critiche all’arrendevolezza dell’Ocse nell’accettarla. Shanghai è infatti una delle città più ricche, con una delle più alte scolarizzazioni e tradizionalmente esposta ad altre culture. I suoi abitanti spendono molto di più della media nazionale per assicurare ai figli le migliori scuole che offrono i professori più prestigiosi e assicurano carriere più luminose. Sbandierare il primato di Shanghai come vittoria dell’intera Cina e del suo sistema scolastico appare dunque eccessivo e denso di propaganda. Rimane invece intatto il complessivo successo asiatico, celebrato con indiscutibile vantaggio dalle altre capitali. Testimonia un passaggio epocale di prestazioni economiche alle quali ovviamente non sono estranee competenze curriculari. È un altro segno di una risistemazione degli assetti mondiali, un fenomeno così importante da non aver bisogno di forzature asiatiche o di manipolazioni anche soltanto sospettate.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Occhi a mandorla e cervelli acuti”


  1. Testimonia un passaggio epocale di prestazioni economiche alle quali ovviamente non sono estranee competenze curriculari. >

    In questa frase tutto il peso del nocciolo.

    E’ ormai del tutto evidente come sempre più l’istruzione debba essere per forza correlata al business, ed in ultima analisi, propedeutica al trovare il modo per soddisfare l’azionista

    Poco, o del tutto nullo, lo spazio lasciato a Socrate , Platone e Aristotele

    …E forse questo dovrebbe farci pensare

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