Paolo Conte: jazz, canzone italiana.

“La pioggia è un fatto poetico di suo. Mi piace molto l’insegnamento che Mario Monicelli impartiva ai suoi attori: “Se devi girare una scena dove piove, allora non fare niente, resta impassibile, ci penserà la pioggia a recitare per te”. Magari vale anche per le canzoni, se ci piove dentro non devi quasi cantare…”

“Ma non si può capire tutto. E, forse, non si deve. Di solito si ha paura di essere incompresi, io ho paura di essere compreso”

“Lei nelle sue brame occhi verde rame”

Paolo Conte

Due giorni fa l’uomo ha compiuto 85 anni di bazzecole, il 6 gennaio, chi nasce in un dì di festa ha una strana testa. Così a furia di tropicane e mocambi vari eccoci qui, come raramente accade, ad approdare in Italia con un personaggio sghembo, surreale, ironico, poco incline alle lagne caratteristiche delle canzoni d’amore nostrane, amore che sta cantando da una vita senza stancarci mai. Figlio di un’Italia per lo più estinta l’avvocato Paolo Conte parte come civilista occupandosi di umanità varia, ma non con lo sguardo distaccato di chi osserva da una distanza, ma di chi nel pentolone della vita c’è cascato dentro fino al collo, pur credendoci fino a mezzogiorno. Il Conte, pur amando cantar macchiette, non ha niente a che vedere con l’altro Conte contemporaneo macchietta tra macchiette, a sottolineare l’abisso tra un’Italia in cui il sangue ribolliva ed una, l’odierna, sprofondata in una palude di niente e nulla bla, bla bla. C’è nella sua musica e nei suoi testi ancora un sapore di Magritte, cavalcate bim bum bam dove le parole si fan futuriste con naturalezza e il discorrere è un fluido di immagini che paiono uscite dalla tavolozza di un pittore surrealista.

L’Italia con la fantasia dei Calvino, la malinconia dei Pavese, che strizza l’occhio a Carosone e a Perez Prado riempie le sue canzoni di un’insolita leggerezza, mentre Luigi Tenco si spara di malinconia e Sergio Endrigo (altro grandissimo personaggio) guarda al Brasile e canta poesie. Questo avvocato borghese è lontano da una politica allora fatta di scontro frontale tra comunisti e fascisti, con la difficile ricerca di un equilibrio democristiano. La magia ha funzionato per una decina di anni, i mitici anni del boom economico, dei bambini che nascevano a frotte ed in quegli anni Paolo Conte inizia a scrivere canzoni per altri, incrociando gli interpreti più intelligenti, guardando al proprio esser autore come a qualcosa da non prender sul serio, raccontando storie d’amore sghembe, sensuali e occupandosi di cause, tribunali e altre rogne, ma poi le cose si fanno, il latte caglia, altri sipari si aprono.

Lo spettacolo di arte varia porta inesorabilmente l’avvocato sempre più lontano da tribunali, codici civili e ingiunzioni assortite, mentre fuori piove un mondo freddo. Il jazz si infila tra le dita del nostro Conte (l’unico degno di nota, mi raccomando..) che continua a macinar successi ed inizia ad esser artista e nient’altro. La musica che qui ferisce e là guarisce lo porta ad esordire sui palchi così per scherzare, senza dar nell’occhio, per sbaglio. Naturalmente è un trionfo di originalità, uno sprofondare nella poesia, il dispiegarsi di un orizzonte mai visto in un italietta gaglioffa che da Claudio Villa passa senza problemi ai Gigi D’Alessio, ma qui siamo da un’altra parte, qui cade una matita e si rovescia anche il caffé, qui siamo tra le braccia di qualche spiritello porcello in preda ad una verde milonga e diavolerie varie ed eventuali. Ascoltate Paolo Conte e scoprirete un ingrediente insolito per la musica leggera: il ritmo che il nostro impasta con un’eleganza di zebra.

Paolo Conte così ridendo e scherzando, gira l’angolo, fumando una sigaretta e senza dir niente parla di tutto, compreso Dio, la morte con i suoi laghi bianchi del silenzio ed è un segreto avvicinarsi qui Max. Ascoltate “Verde Milonga”  e “Max” per scoprire la profondità abissale dell’avvocato che canta di sottane, spiritelli, uomini ridicoli fradici di pioggia e metafisica come se stesse sgranocchiando pistacchi. Non è magnifico? Jazz, ritmo ed un contorno di musicisti ipnotizzati dal fascino di Paolo Conte, i vari Ares Tavolazzi che hanno fatto parte della sua band rendendo le sue musiche damascate di colori e ritmo. Il successo arriva e soprattutto non è un successo solo Italiano, ma Europeo dove il nostro riempie teatri come fossero toilette di un bar del centro, con quella sua voce fragile, sempre più sporca di sigarette e Tom Waits delle Langhe che con il jazz sposa alla perfezione facendo felici tutti, anche i piedi, ma soprattutto noi che lo amiamo incondizionatamente. Lui e quel suo essere un macaco senza storia ci ha rapito. Se le strade son polvere di palcoscenico e indaco era il silenzio oppure se preferite come una cuoca in una cucina sgrida i fantasmi dei buongustai, vi ho cucinato una scelta dolorosa di musiche del Conte Paolo. Perché dolorosa? Perchè son tutte belle le sue canzoni….CLICCATE QUI e godetevi un’ora e mezza di poesia ed indecenza, magari assaporando l’odore di spezie che ha il buio.

Desiderate qualcosa di diverso dalle splendide canzoni di Paolo Conte? Il jukebox di Mr Pian Piano con tutti i musicisti e le musiciste del nostro intrigante menù è come ogni domenica a vostra completa disposizione: classica, jazz, pop, rock e ambient sono lì ad aspettarvi. Non vi resta che calarvi in un nuovo viaggio e raggiungere a piedi il bar “Piano Inclinato” dove durante la settimana si parla d’economia, mentre al sabato ed alla domenica, letteratura, musica e scienza occupano il locale. Il padrone di casa Alieno Gentile sarà lieto di accogliervi. Se volete scoprire in dono altre monografie e playlist curate da Mr Pian Piano di decine e decine e decine (e decine) di superbi musicisti avete ben tre opzioni!

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Pubblicato da Mr Pian Piano

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