Più sogni che utili: lo schema Bezos

Amazon continua a espandersi con bassi profitti. Perché il suo valore è legato soprattutto a una promessa: cresceremo ancora

La scorsa settimana il settimanale The Economist ha dedicato tre pagine ad Amazon, la quinta azienda del mondo per capitalizzazione. Sono passati solo pochi giorni, ma sono bastati ad Amazon per salire al quarto posto in classifica, superando Berkshire Hathaway, la società del celeberrimo investitore Warren Buffett.

L’articolo del settimanale inglese riportava preoccupate riflessioni sulle proiezioni di crescita che gli investitori stanno attribuendo ad Amazon, dando ad intendere che presto o tardi non potranno che restare delusi. Le azioni del colosso guidato da Jeff Bezos, in effetti, quotano oggi quasi 900 dollari, quando solo un anno venivano scambiate a 660, mentre due anni fa erano a 330 e 5 anni fa a 190 dollari.

La loro corsa a Wall Street sembra non avere tregua, generando riflessioni anche in diversi analisti finanziari: il prezzo dell’azione supera gli utili annui spettanti all’azionista di oltre 180 volte, questo rapporto è pari a 31 per Microsoft, a 28 per Alphabet (la holding capogruppo di Google) e addirittura a solo 17 per Apple, la più grande azienda del mondo.

Nel rapporto tra valore di Borsa e fatturato, però, Amazon presenta gli stessi multipli di Apple. Questo significa che il prezzo di Borsa delle due è proporzionato rispetto al rispettivo giro d’affari, ma che Apple è oltre 10 volte più profittevole. L’unica ragione per la quale gli investitori continuano a comprare azioni Amazon deve essere, dunque, una profonda convinzione nella crescita futura dell’azienda.

Amazon dovrà molto presto fronteggiare la concorrenza di colossi come Wal-Mart, che ha deciso di aprirsi strategicamente alle vendite online, e se invece riuscirà ad assumere posizioni dominanti in uno o più dei molti settori in cui opera, allora dovrà schivare le limitazioni dei vari enti antitrust. La domanda che ripetutamente si pongono gli analisti è: qual è il vero obiettivo di Jeff Bezos? Oggi è il secondo uomo più ricco del mondo, dietro Bill Gates, ma mentre è chiaro quale sia il business di Microsoft, non altrettanto si può dire di Amazon.

Partita come piattaforma per la vendita online di libri, oggi ha svariate divisioni di attività: vende ormai prodotti di ogni categoria merceologica, sviluppa processi innovativi di consegna, produce tablet e smartphone con un marchio proprio, sta progressivamente entrando nel mondo del cibo fresco, produce e distribuisce video online, ha ideato e lanciato un assistente virtuale tuttofare, ha un portale di audiolibri ed è ampiamente posizionata nella vendita di abbigliamento e accessori, sportivi, casual e di lusso.[sociallocker].[/sociallocker]

Come si evince dai numeri, però, Amazon si applica su questo ampio spettro di attività realizzando pochissimi profitti. Sembra quasi che lo scopo di Bezos sia quello di rendere più accessibili una vasta gamma di prodotti e servizi alla più ampia platea possibile. In un certo senso Amazon sarebbe quindi un distributore globale di “welfare”. Da un altro punto di vista, però, Amazon non è altro che un gigantesco e diversificato operatore di dumping.

Riducendo all’osso i margini su tutta la filiera produttiva – dall’ideazione alla realizzazione fino alla distribuzione – Amazon consente a un crescente numero di consumatori di accedere a ciò che il mondo ha da offrire, ma al tempo stesso mette in ginocchio una schiera di attività produttive, che finiscono per essere tagliate fuori dal mercato. In effetti, come fornitore di welfare, Amazon risulterebbe protagonista di una strana situazione, visto che è tra i datori di lavoro più bersagliati da cause per le condizioni cui sottopone i propri dipendenti.

[tweetthis]Lo schema Bezos. Di @alienogentile[/tweetthis]

Il segreto del successo di Amazon, finora, sembra il continuo rilancio di una promessa. Periodicamente, volendo verificare se la promessa si è concretizzata, si resterebbe delusi, ma nel frattempo la promessa è divenuta più grande. Così come Bezos, che scala le classifiche mondiali della ricchezza grazie alla crescita delle azioni Amazon a Wall Street e può permettersi di comprare in contanti il Washington Post, grandi e piccoli azionisti vedono il successo della loro scelta riflesso nel prezzo delle azioni.

Il problema è il crescente scostamento di questo prezzo dai profitti reali di Amazon. Ad oggi la società ha intrapreso una via inedita, raccogliendo il supporto di entusiasti investitori, per poi allargare lo spettro di attività, rilanciando più in alto le proprie prospettive, e attirando così nuovi investitori, che comprando fanno salire il prezzo delle azioni convincendo i primi del successo del loro investimento.

È un volano che non deve mai smettere di girare, perché trasformerebbe questo “schema Bezos” nel più classico degli “schema Ponzi”: un modello di investimenti fondato su profitti dichiarati ma inesistenti.

Ma quando l’antitrust metterà dei limiti alla crescita, o la concorrenza avrà trovato un modo per presidiare un’area, o ancora quando le nicchie gravide di promesse saranno state tutte occupate, gli azionisti rischieranno un brusco risveglio e tutti gli altri di aver dato per scontata la disponibilità di un servizio che si regge solo su un’incrollabile fiducia nel futuro.

Articolo pubblicato su Pagina99 in edicola dal 8 aprile 2017

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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