Prince: pop, rock, funk.

Eric Clapton alla domanda su come si sentisse ad essere considerato il miglior chitarrista al mondo rispose: “Non lo so, chiedetelo a Prince”, alludendo alla bravura del musicista di Minneapolis come strumentista. Prince non era però solo un virtuoso, riuniva in sè molti talenti, produttore, arrangiatore, cantante oltre che appunto chitarrista…. Un soggetto eclettico. Gli inizi nella seconda metà degli anni 70 sono incerti, ma l’esplosione di “Purple Rain” negli anni 80 con il singolo “When doves cry” catapulta Prince nello starsystem, una dimensione dove Roger Nelson, il nome di battesimo del nostro uomo, non sarà mai a suo agio. Prince rifiuta qualsiasi stereotipo artistico e fuggirà per tutta la sua breve vita dalle strategie di marketing, dai giochetti di immagine dei manager musicali, arrivando a ripudiare il suo nome d’arte per dispute legali con la sua casa discografica. Il suo stile si radica nella musica nera, con un accento particolare al funk ed al funky, frullati con jazz, pop, rock e chi più ne ha più ne metta…..Changes avrebbe detto il buon Bowie.

Negli anni 80 inizia la parabola con i R E V O L U T I O N circondandosi di strumentiste come Wendy & Lisa e altre avvenenti fanciulle. Varie ed eventuali leggende circondano la voracità sessuale del piccoletto, ma non siamo qui per questo e come si sa nello showbiz le cose vanno come vanno. Con i  R E V O L U T I O N  Prince sforna capolavori come “Around the world in a day” e “Parade”, non bissando mai il successo di Purple Rain, ma licenziando dischi sempre più belli e che rifiutano qualsiasi etichetta di genere. Mr Pian Piano mi racconta, mentre prepara la playlist, di come Prince sia il musicista amato dai musicisti. Le sue composizioni sono manuali di originalità per gli arrangiamenti e le soluzioni adottate in fase di registrazione e produzione, che Roger Nelson curava personalmente nei suoi Paisley Park studios. I suoi dischi sono veri e propri tutorial di un eccellente lavoro in studio e di come trattare il suono ed arrangiare gli strumenti. Un’attitudine che lo differenzia radicalmente da molte stelle pop…. Prince sapeva fare tutto: dalla composizione, alla performance, fino alla registrazione e produzione. Si sente.

Il nostro eroe rifiuta di lasciarsi choudere in qualsiasi genere e salta dalla neopsichedelia ad arrangiamenti totalmente inediti e arditamente innovativi, rifiutando radicalmente ogni luogo comune, come in una fuga da un mostro persecutore. Pensate ai musicisti HIP HOP ed a come si presentano al pubblico con un’immagine e dei testi francamente imbarazzanti per ripetitività, tematiche, linguaggio e appunto per gli stereotipi che mettono continuamente in campo. Give the people what they want? Prince, il geniale Prince, faceva il contrario e pensava alla musica e non a coltivarsi un’audience, saltando dalle colonne sonore con “Batman” a reminescenze beatlesiane, e ibridando il tutto con la black music. I discografici non apprezzavano ovviamente questo atteggiamento e naturalmente il grande pubblico di Purple Rain, (nella sua versione a 33 giri, in cima alle classifiche americane per ventuno settimane consecutive)  non lo seguirà fedelmente nella sua esplorazione sfrontata di nuovi orizzonti. Siamo spesso passivi nel fruire l’arte (e non solo in questo) vogliamo sempre la “stessa pappa”, gli stessi assoli, le stesse acconciature, gli stessi suoni: scordatevi tutto questo triste armamentario con Prince.

Roger Nelson era un genio e quindi, come ogni artista invaso da un bisogno creativo travolgente affronta più di un momento oscuro, senza piegarsi mai allo showbiz e soprattutto esplorando la musica al di là di qualsiasi costrizione. Nel 1987 esce quel capolavoro che è “Sign of the times” e Prince si sbizzarrisce ad esplorare e riscrivere diversi generi musicali. Memorabile il singolo, con un testo che attualizza “Walk on the wild side” di Lou Reed, nel deragliamento di senso contemporaneo. La canzone ha 33 anni e sembra uscita ieri per suoni e modernità nella produzione.

La parabola esplosiva di Prince si chiude con l’album “Lovesexy” da cui ci spritziamo il superbo singolo “Alphabet street”. Un epifania sensuale l’intero album “Lovesexy”, con continui rimandi a James Brown, al funky, ripensati e attualizzati in un album che è un inno alla gioia dei sensi.

E dopo? Dopo anni di dischi discontinui, fiammate creative e decadenti manierismi. Memorabili i suoi concerti a sorpresa a Parigi, in piccoli locali dove lasciava esplodere la sua vena improvvisativa e le sue capacità uniche di polistrumentista. Era capace di tutto. Nel 2016 il perfido Fentanyl si è portato via il nostro genio a soli 57 anni. Ci lascia quasi 50 album e tra i dischi usciti nel XXI secolo vi segnalo Xpectation, completamente strumentale e di assoluta bellezza, tanto per farvic apire cosa intendiamo io e Mr Pian Piano quando diciamo che era un artista eclettico.

Speriamo che il poliedrico Roger Nelson vi abbia incuriosito. Mr Pian Piano ha preparato oltre due ore di musica del nostro principe, accomodatevi alla corte di Minneapolis. Aprite le orecchie e non cercate rassicurazioni, l’arte non è mai “trovare casa”, ma cercare nuove strade e a volte finire anche in vicoli ciechi. Sontuosi vicoli ciechi.

Qui   T U T T E   le scorse playlist di questa pazza stagione.

BEN BOHMER deep house

VINCENZO deep house

TEARS FOR FEARS pop

LYLE MAYS jazz rock

JONI MITCHELL jazz, folk

PAUL MOTIAN jazz

SERGEJ PROKOFIEV classica

PINK FLOYD rock

KATE BUSH pop rock

ART OF NOISE electronic pop

DAVID SYLVIAN other

BARRY ADAMSON soundtrack

LED ZEPPELIN rock

JOHANN SEBASTIAN BACH classica

THE ORB elettronica + ambient

KRAFTWERK elettronica

MILES DAVIS (I) jazz

PRINCE pop rock funk

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Mr Pian Piano

king for a day, fool for a lifetime

Una risposta a “Prince: pop, rock, funk.”

  1. Mi metto nei panni di un giornalista o di chiunque si accinge a scrivere un articolo su Prince…hai due strade davanti a te, scrivere un articolo che è un copia e incolla del 90% degli articoli scritti su Prince e quindi, tesserne le lodi ma…fino a Lovesexy…e poi lasciare 30 anni di carriera e in questi diversi capolavori sotto lo stereotipo: si è perso, troppo prolisso, troppo difficile e via così.
    La seconda strada, rimanda chi volesse saperne qualcosa sul Prince e pre Lovesexy ai migliaia di articoli copia e incolla sul Prince prima di Purple Rain, poi prendi la sua musica dopo Lovesexy e cerca di farne una sintesi, individua le cose meravigliose che sono presenti in quei trent’anni ulteriori di carriera e in questo modo rendi il tuo articolo quanto meno diverso.
    Due strade…una semplice e scontata, l’altra più complessa ma interessante.

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