Quel buco rosso in zona Teramo

buco rosso

L’ex direttore generale della banca Tercas di Teramo, Antonio Di Matteo, è stato arrestato dagli uomini del nucleo valutario della guardia di finanza con le accuse di bancarotta fraudolenta, ostacolo all’attività finanziaria di vigilanza e associazione per delinquere.
C’è un filo rosso che unisce patologicamente i destini della Tercas, che rientra nell’elenco degli istituti finanziari commissariati dalla Bankitalia, a quelli di Banca Marche e della Popolare di Spoleto. La cassa di Risparmio della Provincia di Teramo ha intrecciato con i cugini marchigiani destini e affari grazie al rapporto di amicizia fra Di Matteo e l’ex dorettore generale di Banca Marche Massimo Biaconi. Tanto che è la stessa Tercas a finanziare la moglie di Bianconi per l’acquisto di una villa romana comprata da Vittorio Casale (legato al potentissimo Pci bolognese degli anni Sessanta, nel 2006 il suo nome finisce nelle indagini sulla scalata Antonveneta quando lo cita il braccio destro di Gianpiero Fiorani, Giancarlo Boni, definendolo l’immobiliarista di fiducia di Giovanni Consorte). Insieme i due facevano anche affari “spondati” sulla San Marino International Bank (la ex Banca del Titano fallita nel 2006 con un buco di 16 milioni). Gli ispettori di Via Nazionale in visita alla Tercas hanno infatti scoperto un giro di compravendite immobiliari anche all’estero con protagonisti proprio Bianconi, la moglie e appunto la Smib che fra i proprietari contava un’altra compagna: quella di Di Matteo, poi cacciato da Tercas per un altro prestito milionario all’ennesimo palazzinaro romano. L’intreccio parte dalle Marche, passa da Teramo e arriva fino a Spoleto. Perché l’ex direttore generale della Tercas ricompare anche nell’ inchiesta che ha scosso un altro (ex) gioiellino della finanza rossa: la Popolare di Spoleto, commissariata dal febbraio 2013. In particolare Di Matteo è finito nel mirino dei pm per i legami con l’imprenditore romano Alessandro Laganà che sbarcò a Teramo per acquistare lo storico Sporting Hotel ma anche per quelli tenuti con la Finsud del Gruppo Sarni che sarebbe stata presentata dal manager di Tercas alla Spoleto per un prestito di 31 milioni ritenuto “facile”.
Destini e affari incrociati fra tre banche dei feudi rossi d’Italia. Dove ancora c’è chi difende la senesità del Monte dei Paschi e la marchigianità della Banca delle Marche, o la spoletinità della Popolare. Alcuni in buona fede. Altri, invece, per non rompere il bancomat.

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Pubblicato da Camilla Conti

Giornalista. Moglie di un giornalista. Mamma di una nana anarchica.

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