Quel Colibrì che è in ognuno di noi

il Colibrì

Non serviva certo #LettureInclinate per confermare che il Colibrì, ultima fatica di Sandro Veronesi, (La nave di Teseo, pag. 366, Euro 20) è una grande e bellissimo romanzo; ma, a costo di accodarci buoni ultimi ai molti altri che lo hanno fatto, lo vogliamo dire forte e chiaro anche noi: lo è. Mentre lo leggerete e anche dopo averlo letto, rimarrete anche voi colpiti nel profondo da questa vicenda, quasi a volerla capire ancora meglio, a tornarci sopra, a ripensarci.

Il libro

Il Colibrì è Marco Carrera, nato – come l’autore – nel 1959; siamo in Toscana: i luoghi sono Firenze, Bolgheri, il tratto di mare che da Livorno scende verso la Maremma. Ma anche Roma. E Parigi. E Monaco.

L’autore usa una tecnica narrativa fatta di alternanza di flash-back e flash-forward e ci presenta mano a mano tutti i protagonisti di questa storia: due genitori, Probo e Letizia, che non comunicano, ognuno chiuso nelle proprie passioni e manie.
Un fratello ed una sorella, Giacomo e Irene, fonti di grandi tribolazioni.
Gli amici della gioventù, Aldino e Duccio.
Una moglie, Marina, bellissima hostess, conosciuta per via di un colpo di fortuna, di una combinazione di eventi e di un’impostura.
Un’altra donna, Luisa, sempre amata e mai avuta.
Una figlia, Adele, col suo filo immaginario attaccato alla schiena.
Miraijin, l’”Uomo nuovo” – ma è una splendida ragazza.

Il romanzo si apre nel 1999, più o meno a metà di queste vicende, al centro di questa storia, e per ellissi e cerchi concentrici si allarga, con una tecnica narrativa che ci mostra lo straordinario talento di Veronesi ad alternare il racconto lungo, agitato, emozionante, al dialogo serrato o al racconto epistolare (eccezionali le mail di Marco al fratello; siccome non si parlano, si chiudono con “abbraccio lo schermo”).

Nel ‘99, si diceva: siamo, a Roma, con Marco Carrera, oculista, che nel suo studio medico riceve la visita dello psichiatra della moglie Marina, il dottor Carradori: gli dice che lui è in pericolo, ed è subito adrenalina, curiosità, mistero.

Andiamo indietro, al 1977, Duccio e Marco vanno a Lubiana, o meglio Larnaca, ma Duccio sclera sull’aereo; poi il 1981, quando tutto si fermò e i Carrera “non respirarono più regolarmente”, e il 1999, lo abbiamo detto; e il 2010, altro dolore, e il 2029, il balzo speranzoso in avanti, e il 2030 …..

Che romanzo è questo?

E’ certo un romanzo sulla famiglia, la “società naturale fondata sul matrimonio”, dice la Costituzione, e sulle sue tragedie di incomunicabilità, di felicità che non dura mai, fra lunghi periodi di incomprensione.

Ma soprattutto, questo è un romanzo sul dolore, sull’esistenza del dolore, sulla cognizione del dolore: il dolore della morte, della malattia, della violenza della separazione, il dolore della pazzia e dell’amore taciuto e lontano. Philip Roth ha dichiarato a Rita Braver, riferito al suo essere romanziere:

“Mi interessa la gente nel momento in cui non è felice”

Così è, nel nostro caso, ci pare, e tuttavia questo non è affatto un libro triste, ma al contrario pieno di vita, di forza, di disprezzo per quel dolore che lo pervade fino alle ultime righe.

Dopo Pietro Paladini (protagonista di Caos Calmo e Terre Rare), conosciamo quindi un altro uomo straordinario, questo Colibrì, che si carica sulle spalle tutto quello che gli capita, riannoda i fili, ricuce i rapporti, dimentica i torti subiti, cambia, rinasce
Come il colibrì, mette tutte le sue forze anche solo per star fermo, non perdere terreno, resistere mentre tutto rema contro di lui.

E Sandro Veronesi ci porta lì, fra le gente quando “non è felice”, a ritrovare anche la nostra storia: perché in fondo, a pensarci bene, il Colibrì siamo tutti noi.

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Pubblicato da Leonardo Dorini

Manager, consulente, blogger. Mi occupo di finanza ed impresa, amo lo sport. Ma sono qui per l'altra mia grande passione: la letteratura.

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