Il momento delle banche di razza

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Mario Draghi, durante l’audizione di oggi alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento Europeo, non ha usato mezzi termini:

“Questi sono giorni decisivi per mostrare che l’Eurozona ha la capacità di procedere con un altro passo verso l’unione bancaria e il Parlamento può giocare un ruolo cruciale e costruttivo assicurando che il prossimo passo comporti una effettiva dimensione europea. Per assicurare la credibilità e il rigore della valutazione degli asset della banche condotta dalla Bce i ‘backstop’ devono essere ben specificati e definiti concretamente il più presto possibile, l’ordine di intervento (per le ristrutturazioni/risoluzioni) deve vedere in primo luogo le risorse private, poi i salvagente finanziari pubblici nazionali e, in ultima istanza, gli strumenti europei”

La questione dell’unione bancaria è quantomai di attualità, considerando che (come riporta l’ottimo pezzo del neo-corrispondente de La Stampa a Berlino, Tonia Mastrobuoni) il titolare in BCE del dossier sull’unione bancaria,
Jörg Asmussen, ha dato le dimissioni e verrà rimpiazzato. Mario Draghi con le parole di oggi sembra dare le direttive guida per il “Meccanismo di risoluzione” che dovrà entrare in funzione il primo gennaio 2015. Vediamo a che punto siamo, finora:

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Per andare completamente a regime, il Fondo europeo di risoluzione impiegherà un periodo piuttosto lungo (sono previsti fino a 10 anni); durante questo lungo periodo sarà possibile introdurre progressivamente dei meccanismi di “mutualizzazione” delle risorse nazionali. I negoziati dovranno essere conclusi entro il primo marzo 2014 in modo che le procedure nazionali possano permettere l’avvio operativo dal primo gennaio 2015. In questo modo l’avvio della supervisione Bce e l’esistenza dello strumento finanziario europeo per la risoluzione delle banche saranno quasi contemporanei, perché la Bce assumerà le sue funzioni di vigilanza bancaria a novembre. L’appello di Draghi al Parlamento Europeo deriva dal fondato sospetto che il Parlamento sia contrario allo strumento intergovernativo, visto che -per definizione- ne sminuisce il ruolo di controllo.

Poi c’è l’aspetto delle risorse pubbliche, che subentrano quando quelle private, prelevate dalle banche, si rivelano non sufficienti (o nel caso in cui, nel periodo iniziale, il Fondo di risoluzione europeo si riveli non sufficientemente finanziato): gli Stati dovranno sostenere il Fondo attraverso un finanziamento-ponte, usando risorse nazionali in modo diretto oppure come garanzia per “tirare” cassa dall’European Stability Mechanism. Interessanti le clausole a salvaguardia dei contribuenti: le risorse pubbliche prestate al Fondo andranno restituite attraverso prelievi ex-post sulle banche degli Stati partecipanti.

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Sarà il board del Fondo, in autonomia, a decidere se liquidare e in che modo una banca, mentre le istituzioni dell’Unione Europea potranno esercitare solo un controllo ex post attraverso una obiezione allo stesso board per chiedere una modifica. La Commissione Europea non avrà potere legale di intervento, fungerà semplicemente da “osservatore” del board el Fondo e dovrà esprimersi sulla “accettabilità” delle sue decisioni. Nel caso in cui le respinga, la parola passa al Consiglio (cioè di fatto all’Ecofin, il consesso dei ministri delle Finanze dei Paesi europei).

In che modo il board delibererà? Per le questioni ordinarie a maggioranza semplice; con maggioranza di due terzi su richieste di finanziamento per sostegno di liquidità o ricapitalizzazione al di sopra della soglia del 20% dei mezzi disponibili in quel momento dal Fondo (la cui dotazione di partenza dovrebbe essere fra i 60 e i 66 mld€).

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Non tutte le banche saranno coperte dalle risorse pubbliche “mutualizzate”, ma solo quelle che sono sotto la supervisione della BCE, mentre le autorità nazionali saranno responsabili per le altre.

Più o meno come si mercanteggia il prezzo di un souvenir in un souk tunisino, si è infine deliberato che il Fondo verrà suddiviso in “compartimenti” nazionali corrispondenti ai singoli Stati partecipanti; nei dieci anni di transizione ogni comparto nazionale del Fondo sarà usato per la risoluzione delle banche dello Stato cui fa riferimento, allentando questo principio progressivamente: il board con voto unanime disporrà il loro utilizzo per un singolo caso nazionale nella misura del 100% il primo anno, poi del 90% nel secondo (e 10% dalla “cassa comune”) e così via fino al 10% il decimo anno.  Dall’undicesimo anno la suddivisione in comparti finisce, la mutualizzazione sarà totale, e forse qualcuno inizierà a smetterla di dire “mai” sull’argomento eurobond, visto che un sostanziale passo sarà stato mosso, in un modo che a Draghi piace ripetere spesso: “irreversibile“.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

Una risposta a “Il momento delle banche di razza”

  1. L’Unione Bancaria doveva essere un’istituzione comune atta ad assorbire choc finanziari in caso di crisi bancarie, invece produrrà nuove asimmetrie. Avrebbe potuto essere uno strumento per arginare lo strapotere della Germania, ma non sarà così. Tutte le condizioni della Große Koalition stanno per essere accolte, in sintesi la black red gold economy avanza.

    L’Unione Bancaria riguarderà 130 istituti su 6000. La Merkel imporrà un Unione Bancaria sotto il controllo dei governi (considerando le pietose condizioni degli altri, sotto il suo), sottrarrà le banche tedesche a un vero controllo e imporrà il sistema Cipro (bail-in): colpire azionisti, obbligazionisti, e correntisti.

    L’European Stability Mechanism (di cui l’Italia è il terzo contribuente, versati 11,4 di 125 miliardi, tutti investiti in bond tedeschi) verrà attivato solo in ultima istanza e servirà a imporre nuove Trojke soluzioni.

    Il controllo dell’Unione Bancaria assomiglierà all’Idra di Lerna, però con la maggior parte delle teste già mozzate.

    Il tenero “Jörg Asmussen, ha dato le dimissioni e verrà rimpiazzato” molto probabilmente con la rapace civetta Sabine Lautenschlaeger

    http://www.reuters.com/article/2013/12/16/us-ecb-germany-idUSBRE9BF0PU20131216

    Eurobond? Dieci anni? Ecco cosa ne pensa Weidmann, intervista di Alessandro Merli:

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-08/anche-germania-deve-fare-riforme-081721.shtml

    il commento di Roberto Napoletano:

    http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-12-08/il-loro-e-nostro-interesse–141512.shtml?uuid=

    Si deve fare in fretta “I negoziati dovranno essere conclusi entro il primo marzo 2014” ovvero prima delle elezioni Europee del maggio 2014, il prossimo Parlamento Europeo potrebbe essere più scontroso.

    Draghi continua a ripetere “irreversible“, mi ricorda quel buon uomo (Luigi XVI) che il 14 luglio 1789 scrisse queste parole sul suo diario: “Oggi niente di nuovo”.

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