Regole, dialogo con parti sociali, welfare: la débâcle di Pechino in Europa

Romantic Couple

La collana di tensioni tra Washington e Pechino si è arricchita di un’altra perla, tra le più preziose. Dopo anni di indagini, il Dipartimento della Giustizia ha incriminato 5 militari cinesi per attività illegali tese allo spionaggio industriale e alla sicurezza informatica. In sostanza ha accusato l’esercito cinese di addestrare i suoi tecnici per la sottrazione fraudolenta di proprietà industriali, presumibilmente di livello sofisticato. Come da prassi, l’FBI ha pubblicato le foto dei 5 ricercati. La reazione cinese è stata durissima, non soltanto perché i militari hanno simbolicamente “perso la faccia”, ma l’hanno anche vista precedere la scritta “wanted”, come i fuorilegge del Far West o i gangster di Chicago.

La Cina ha rigettato le accuse e ha accusato gli Stati Uniti di comandare la più grande rete di spionaggio informatico al mondo, citando i recenti casi di cronaca. Come prima risposta, ma probabilmente non ultima, ha deciso l’interruzione del China-US Cyber Working Group. Gli Stati Uniti non sono stati dunque reticenti nel prendere misure forti, consapevoli che l’incriminazione dei militari avrebbe puntato il dito contro i vertici politici. Evidentemente il clima bilaterale si è inclinato fortemente su posizioni anti-cinesi, dove anche i sostenitori di un rapporto pragmatico con la Cina sono in minoranza per l’esiguità dei risultati raggiunti. È soltanto l’ultima tensione che alimenta una pericolosa china delle relazioni tra le 2 superpotenze: dal contenimento della Cina nel Pacifico all’allarme per la ritrovata amicizia Pechino-Mosca, dalla vendita di armi a Taiwan alla protezione nei fatti del regime di Pyongyang. Seppure clamorosa, la decisione di Washington non è giunta inattesa.

Da tempo la Germania e l’Australia si stanno attrezzando per contenere i pericoli dello spionaggio industriale cinese (dopo essere stata coinvolta in quello politico dagli Usa). Le agenzie di intelligence sono preoccupate per i 2 aspetti del cyber spionaggio, le implicazioni politico-militari (dato il ruolo centrale del paese nello scacchiere occidentale) e quelle industriali che possono condurre a successi economici o a declini congiunturali. Le autorità competenti suggeriscono prudenza alle aziende: evitare diffusione di notizie riservate, condividerle, fornire indirizzi e-mail aziendali, parlare di brevetti e scoperte al telefono. Sembrano precauzioni banali, ma si rafforzano durante i viaggi in Cina o il ricevimento di delegazioni d’affari. Il timore è condiviso dalle aziende che hanno dato istruzioni e telefoni non controllabili ai propri dipendenti, soprattutto al top management. Questa precauzione ha luogo in una fase di rallentamento degli investimenti cinesi in Germania. Ne è contemporaneamente causa ed effetto. In via di principio, esistono infatti tutte le premesse per uno scambio vantaggioso. Le Mittelstand tedesche (cioè le PMI di grande, capacità produttive, innovazione, vocazione export) sono gli obiettivi più desiderabili per gli investitori cinesi che hanno bisogno di qualità e possono acquistarla con le loro risorse finanziarie. Le disponibilità manifatturiere cinesi e la promessa di un mercato sterminato sono i sogni (talvolta gli incubi o le chimere) di ogni azienda europea. Tuttavia le acquisizioni cinesi in Germania arrancano. Secondo l’istituto “German Trade and Invest” sono stati ben 593 nel 2013 gli acquisti di aziende tedesche che sono finite in 99 casi in mani statunitensi, 63 britanniche, 53 svizzere, 30 francesi e soltanto 7 (nessuna di grandi dimensioni) in quelle cinesi.

L’aspettativa di un afflusso di valuta dalla Cina è rimasta disattesa, coinvolgendo l’esercito di consulenti e analisti che avevano pronosticato un facile matrimonio di interessi. Non c’è dubbio che l’inesperienza cinese sia tra le cause. Gestire situazioni complesse, rispettare regole e costumi, dialogare con le parti sociali per garantire il welfare non sono state finora le qualità migliori dell’avventura di Pechino all’estero. Ci sarebbero volute maggiori dosi di umiltà e di rispetto delle regole globali. È stato probabilmente proprio il timore di cedere su questi aspetti cardine della cara vecchia Europa che hanno dissuaso le aziende tedesche a dare completa fiducia a controparti che sulla carta avevano tutte i requisiti per diventare credibili business partner. Per ora la Germania tecnologia sembra un’ambizione rinviata per la Cina, perché il tentativo di impossessarne si basa su prerogative diverse. Un’azienda si può acquistare, un modello socio-economico non è ancora in vendita.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

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