La ricchezza delle nazioni

ricchezza delle nazioni

Le nazioni sovrane riconosciute nel mondo sono 196.

25 di queste sono molto ricche, con una ricchezza media pro capite superiore a 100.000$ all’anno. Ma molte nazioni sono piuttosto povere, e alcune sono molto, molto povere.
Nelle 20 nazioni più povere del mondo il benessere procapite é inferiore a 1.000$ all’anno, meno di 3$ al giorno.

Tutte le nazioni hanno un percorso di crescita, nel lungo periodo, semplicemente quelle povere crescono molto più lentamente.

Proviamo allora a capire come mai certe nazioni prosperano mentre altre stagnano, così che si possa comprendere cosa le nazioni ricche stanno facendo correttamente e avere una miglior presa sulle sfide e gli ostacoli che stanno affrontando le nazioni povere.

Esistono principalmente tre fattori che determinano se una nazione sarà ricca o povera.

LE ISTITUZIONI

Le istituzioni sono l’elemento più importante. In generale, le nazioni ricche hanno “buone istituzioni”, mentre quelle povere ne hanno di davvero, davvero cattive. La correlazione fra la povertà e la corruzione è diretta. Le nazioni più ricche al mondo sono quasi sempre invariabilmente le meno corrotte, e contemporaneamente le più corrotte sono anche le più povere.
Quando le nazioni sono corrotte, non possono raccogliere abbastanza tasse per realizzare buone istituzioni necessarie per sfuggire alla trappola della povertà.
Metà del benessere delle 20 nazioni più povere al mondo va a finire in conti correnti esteri. Le entrate totali perdute da queste nazioni ammontano a una cifra tra i 10$ e i 20$ miliardi di dollari all’anno.
Nel frattempo, senza un adeguato gettito fiscale, le nazioni povere non possono investire in polizia, educazione,
salute, trasporti, sistema giudiziario.

La corruzione si manifesta talvolta nell’economia di relazione.
All’atto di assumere un dipendente, nei paesi ricchi, ci si aspetta che questo avvenga basandosi per lo più sul merito, intervistando molti candidati e infine scegliendo il migliore senza tenere conto di alcuna connessione personale.
Ma nelle nazioni povere, oppresse da logiche di relazione, spesso è in qualche modo un dovere rifiutare il miglior candidato in un gruppo anonimo, preferendo qualcuno legato ad una determinata cerchia.
In questo modo le nazioni povere impoveriscono le loro prospettive. E di conseguenza la velocità nel loro percorso di crescita.

La tendenza alla corruzione è spesso un’espressione di istituzioni scadenti: se il governo non riesce a garantire il rispetto della legge, l’economia e la giustizia risultano minacciate. Gli affari si perfezionano attraverso contratti, se non c’è una solida tutela a protezione da chi non rispetta i termini degli accordi, diventa necessario contemplare negli accordi stessi (e dunque nei prezzi) il rischio di potenziali perdite, a danno della competitività dei servizi. Se una società non può far affidamento su un impianto solido di regole, diventa improbabile che possa pianificare investimenti a lungo termine. Se i cittadini vedono prosperare chi non rispetta le regole, inizieranno anche loro a deviare dalla Legge.

L’importanza delle istituzioni è riconosciuta fin dall’antichità:

“Il popolo deve combattere per la sua legge come per le mura della città” – Eraclito

per questo è buona norma guardare con sospetto a chi mina le istituzioni, denigrandole.

Ciò che deve destare preoccupazione è semmai l’eccesso di burocrazia, che è un’altra forma della corruzione nonché l’humus ideale per l’economia di relazione: creare impianti burocratici complessi serve a garantire posti di lavoro da assegnare secondo la logica di appartenenza e a ridurre le possibilità di rinnovamento della classe dirigente.

Nell’Africa Sub-Sahariana, ad esempio, servono il doppio delle ore per preparare la documentazione corretta per i rimborsi fiscali, rispetto alla media dei paesi sviluppati. In America Latina, per fare un altro esempio, il tempo necessario all’apertura di una attività è 4 volte quello medio dei paesi più ricchi, senza contare che la procedura è molto più dispendiosa e richiede molti più passaggi burocratici.

LA CULTURA

Non si tratta semplicemente di aspetti nozionistici, di titoli di studio o di quantità media di libri letti all’anno, quanto l’impressionante statistica che evidenzia la correlazione con la religione. Dunque l’approccio culturale.
Il rapporto tra religione e benessere, è infatti quantomeno tormentato: statisticamente, meno persone credono, maggiori sono le loro possibilità di essere più ricche.
19 delle 25 nazioni più ricche al mondo hanno almeno il 70% della loro popolazione convinta che la religione non sia una questione centrale nella loro vita. Al contrario, le nazioni più povere al mondo sono anche estremamente credenti. Nelle nazioni più povere, semplicemente tutti sono ferventi credenti, con percentuali prossime al 100% della popolazione.

Come mai la fede è così negativa per la creazione di benessere? Perché in generale, la religiosità e collegata all’idea che il qui e ora non possono essere migliorate, o siano frutto della volontà divina, con l’invito implicito a focalizzarsi sugli aspetti spirituali per avere benefici in una prossima vita.

Nel mondo ricco, viceversa, le persone solitamente credono fortemente nelle proprie capacità e nella possibilità di avere un impatto concreto sul proprio destino attraverso l’impegno e il talento.

Gli USA rappresentano una clamorosa anomalia, visto che riescono a combinare una elevata religiosità con un enorme benessere. Questo avviene perché negli USA prevale la religione Protestante con una accezione materialista. Il Dio Americano non rallenta la crescita economica, perché non vuole che i suoi fedeli pensino di dover costruire una nuova Gerusalemme nella prossima vita. La vuole qui e ora, in Ohio, o a Detroit.[sociallocker].[/sociallocker]

Si potrebbe dire, capovolgendo l’equazione, che vivere in un paese povero spinge ad affidarsi alle promesse ultraterrene abbracciando la fede. È abbastanza sensato quando si vive in posti così:

o così:

E’ anche vero che molti paesi socialisti ed ex-comunisti non sono gran che religiosi, ma al tempo stesso sono poco sviluppati. E’ dunque meno consolidato che un paese poco religioso sia un paese più sviluppato, mentre è molto solida l’affermazione che un paese molto religioso è un paese povero. Da un sondaggio Gallup, nei paesi a reddito più basso, il 92% degli abitanti afferma che la religione occupa un ruolo importante nella sua vita (nei paesi ricchi il dato scende al 44%).

LA GEOGRAFIA

In omaggio all’antropologo (e premio Pulitzer) Jared Diamond, il terzo elemento che determina la ricchezza di una nazione è la geografia: le nazioni povere sono maggiormente localizzate in regioni tropicali. Non si tratta di una coincidenza. L’agricoltura è, per esempio, semplicemente molto meno produttiva, visto che le piante tropicali sono generalmente molto meno ricche di carboidrati, e che il clima tropicale è spesso svantaggioso per la fotosintesi.

Storicamente, un fattore determinante per le probabilità di crescita della ricchezza è il possesso di grandi animali addomesticati (vedasi Armi, Acciaio e Malattie) che sollevano una grande parte della forza lavoro dalle mansioni più pesanti.
Nell’Africa tropicale, gli animali domestici sono vittime di un’orribile piaga: la mosca Tse-tse, che fiacca gli animali su vasta scala, rendendoli sonnolenti e inattivi ed ha avuto un profondo impatto sull’abilità degli africani a sviluppare tecnologia, migliorare la produttività agricola e accumulare ricchezza.

Non sono solamente le piante e gli animali a soffrire ai tropici. A medie latitudini gli esseri umani sono più esposti alle malattie. Il 100% delle nazioni con un basso reddito sono colpite da almeno cinque malattie tropicali simultaneamente.

La geografia si ripercuote anche anche sui trasporti: le nazioni povere sono, complessivamente, molto mal collegate. La Bolivia, interamente continentale, e il Paraguay, semi-continentale, sono le nazioni più povere di tutto il Sud America. Lo stesso vale in Asia, dove la nazione più povera, l’Afghanistan, è continentale.

Poi c’è la questione delle risorse naturali.
Le risorse naturali (come il petrolio, o i metalli preziosi) possono essere un vero problema: le nazioni povere tendono ad averne davvero molte, ma questo non serve a tirarle fuori dalla povertà. In economia le risorse naturali sono dette “intensificatori”: esse aiutano a rendere ricca una nazione con buone istituzioni, ma più povera una con cattive istituzioni, precipitando nella cosiddetta “trappola delle risorse”.

Un esempio? La Repubblica Democratica del Congo è una delle nazioni più ricche di minerali al mondo, tra cui quelli fondamentali per la fabbricazione di smartphones. Ma la ricchezza di risorse naturali aiuta le elite ad arraffare denaro senza il bisogno della cooperazione dell’intera società. Se l’unico modo di far crescere il benessere è assemblare turbine altamente tecnologiche ad esempio, avrete bisogno di un intera società che si impegni nel progetto. Viceversa se voi aveste bisogno di estrarre solo un po’ di minerale, potreste farlo semplicemente con una minima mano d’opera, fucili e una pista di decollo abbastanza lunga per piazzare il bottino sul mercato. Il benessere derivato dalle risorse minerarie condanna il Congo a restare minacciato da ribelli armati e corrompe la società ad ogni livello.

[tweetthis]La ricchezza delle nazioni (e delle persone). I fattori chiave[/tweetthis]

ALTRI FATTORI

A questi bisogna aggiungere gli elementi che generalmente tendono a mantenere o aumentare le differenze fra economie diverse. Tra questi vanno citate:

  • Le dipendenze da donazioni: i Paesi poveri che ricevono sussidi, e hanno sviluppato una sorta di dipendenza da questi sussidi, in un certo senso non desiderano uscire dalle condizioni che permettono loro di riceverli. Inoltre non sempre questi sussidi vengono erogati con le migliori intenzioni, talvolta l’intento è quello di influenzare dall’esterno lo sviluppo di un paese.
  • Accordi commerciali: gli accordi di scambio sono regolati da trattati internazionali, spesso scritto a tutela dei privilegi e/o degli interessi dei paesi più ricchi.
  • Relazioni politiche: diverse nazioni povere hanno relazioni non solo economiche ma anche politiche con paesi sviluppati. Si tratta in molti casi di relazioni asimmetriche, che includono il finanziamento di campagne elettorali, di colpi di Stato su governi non graditi, fino all’intervento armato per la rimozione di leader indesiderati.
  • Regimi dittatoriali: mentre i paesi ricchi sono tutti democratici, nei paesi poveri si riscontra clamorosamente una concentrazione di potere (da cui la mancata redistribuzione di ricchezza). Questo comporta anche la maggior esposizione dei paesi poveri a conflitti, guerre civili e conflitti etnici.
  • Povertà autoalimentante: nei paesi poveri la maggior parte del tempo e delle risorse viene investito per la sopravvivenza. Questo lascia minori disponibilità per dedicarsi alla formazione, allo sviluppo di sistemi politici complessi e alla creazione di istituzioni solide.
  • Contesto di degrado: vivere in ambienti degradati genera negligenza e trascuratezza. Strutture trascurate, macchinari non sottoposti a regolare manutenzione, sono più inefficienti e pericolosi, generano perdite di valore. Lo stesso dicasi per gli immobili che restano più esposti all’usura e alle intemperie, esponendo di più la popolazione al rischio di disastri ambientali.

Come valutare l’importanza relativa di ciascuno di questi fattori, istituzionali, culturali e geografici, per determinare la ricchezza di una nazione? Non esistono leggi precise, ma forse l’esercizio più importante è calare tutto questo a livello personale: è essenziale avere un’idea chiara di ciò che causa il benessere complessivo di ciascuno di noi, imparare a discernere quanto sia realizzato dal nostro personale duro lavoro, e quanto dalla società in cui viviamo, nella quale è stato sviluppato negli anni (o secoli) e di cui godiamo i frutti, spesso dandoli per scontati.

Perché talvolta la positiva ed umana voglia di maggior benessere (la molla principale dello sviluppo dell’Uomo nella Storia) viene alterata in forme di scontento, che viene poi indirizzato verso le istituzioni, evocando “sovranità” a scala più ridotta e/o suggerendo come “soluzione” politiche di rottura, con un “uomo forte” che possa portarle avanti accentrando su di sé i poteri. L’evidenza empirica ci dice che non è quella la ricetta per il Benessere.

 

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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