Ricette eretiche e i danni della “cura” dei sintomi

ricette eretiche

Due fratelli di 35 e 38 anni, gravemente affetti da obesità, si recano in una clinica. Vogliono tornare a stare bene, ad avere una vita normale, come quella dei loro amici. I loro coetanei, che disputano con loro le stesse potenziali fidanzate o gli stessi posti di lavoro, li fanno sentire in difficoltà. Vogliono scoprire anche loro la via del successo.

Nella clinica vengono accolti da una austera assistente, che prende le loro generalità e consegna loro le istruzioni per i primi test che dovranno fare: un esame delle urine, un elettrocardiogramma, una analisi del sangue, prove di pressione e spirometria.

Gli esiti arrivano rapidamente, la loro vita sedentaria e la loro alimentazione è completamente errata, sovraccarica, nessuno ha mai insegnato loro a nutrirsi correttamente, e la situazione è progressivamente degenerata, andando fuori controllo.

La cura indicata, per ripristinare adeguati livelli di trigliceridi, colesterolo, e soprattutto peso-forma, è una severa dieta, che prevede l’eliminazione di molti alimenti golosi, che i due fratelli adorano, ma che risultano essere particolarmente nocivi.
Il nuovo regime alimentare prevede insalate, zuppe di legumi, carne bianca, pesce, molta verdura, poca pasta niente pane. In abbinamento a questi sacrifici è inoltre necessario aiutare il corpo a liberarsi della massa in eccesso attraverso l’esercizio fisico: si inzia con delle passeggiate a passo sostenuto, per poi introdurre attrezzi semplici nei giorni successivi.

Dopo due settimane di calvario, uno dei due fratelli vede piccolissimi risultati, l’altro nessun miglioramento evidente. Si recano al supermercato perplessi, stanchi, affaticati, per comprare legumi, pomodori, insalate… ma in coda alla cassa, mentre discutono della loro faticosa battaglia, un signore si china verso di loro intromettendosi nel discorso.

E’ un nutrizionista “eretico” dice ammiccando. Ha scoperto delle cure molto semplici per persone che soffrono di problemi di obesità, cure che permettono loro di avere rapidamente e senza particolari sforzi, una vita normale, come quella di tutti i loro coetanei.

Ai due fratelli la scoperta appare sensazionale, una nuova luce sembra illuminare il loro futuro, rapiti -più che incuriositi- chiedono dettagli a colui che, ai loro occhi, appare già come un luminare.

E’ chiaro che i due fratelli hanno bisogno di fare esercizio, le indicazioni del medico sono corrette, dice il loro nuovo amico. Ma su una cosa il nutrizionista si sbaglia in maniera grossolana: come possono due giovani uomini stare nel pieno delle forze e fare l’esercizio che serve a tonificare il loro fisico se li si priva dell’accesso agli zuccheri? Devono mangiare, poveri ragazzi, per avere vigore in palestra

“e chi vi dice il contrario ragiona con logiche dell’800 o, peggio, è in malafede e vuole portarvi all’autodistruzione”.

Poi, continuando

“chi ha detto che un corpo appesantito sia un corpo poco sano? Voi volete solo avere una vita normale, felice. L’Africa è piena di gente magrissima ma che conduce una pessima esistenza”

I due fratelli sono sconcertati dalla rivelazione dell’esperto. Non avevano mai sentito un parere tecnico così vicino a ciò che in fondo avevano sempre pensato: mangiare non può essere nocivo come dicono certi “professoroni”.

Il più giovane dei due, però, sente rimbombare in testa una frase che aveva sentito spesso dalla loro nonna: “la strada giusta, in un bivio, è sempre quella che si presenta più difficile”. Era solo un vecchio adagio, ma non se la sentiva di contraddire l’amata nonna. Decise così di proseguire il percorso di cura indicato in clinica.

L’altro fratello, forte di 3 anni di esperienza in più sulla vita da obeso, è invece convinto che le rivelazioni dell’esperto incontrato socializzando nel supermercato siano la cura più accattivante, “ed è ovvio che se seguo una cura che mi piace la perseguirò senza difficoltà, mentre tu, fratellino, andrai in crisi, vedrai”.

L’epilogo di questa storia è superfluo, il buon senso di ciascuno è in grado di disegnarlo facilmente. Ma se dalla medicina si passa alla finanza, il buon senso non basta più, perché l’argomento, che è tecnicamente ostico come la chimica del nutrizionista, è ancora più lontano dalla percezione comune e dalla capacità di comprensione reale.

Il fascino delle ricette eretiche

L’idea di curare un eccesso di debito facendo altro debito sembra meno bizzarra del curare l’obesità mangiando zuccheri, e per questo si vedono sempre più economisti “eretici” raccogliere consensi.

Dobbiamo allora fare uno sforzo per cercare di vedere più in là, dove ci portano le loro rivoluzionarie e creative innovazioni, perché il rischio è di ritrovarsi a curare i sintomi, anziché i problemi. E molto spesso, facendo così, i problemi finiscono per continuare a crescere, se non addirittura ad essere alimentati dalle “cure” che si stanno adottando.

Ci sono dei principi, in finanza pubblica, abbastanza semplici, uno di questi è di facile accesso: se il costo del debito è superiore alla crescita, l’unico modo di ridurre il debito/PIL diventa fare avanzo primario (ovvero tagliare la spesa); se invece il costo del debito è inferiore al tasso di crescita, è possibile ridurre il debito/PIL anche facendo deficit.

Quindi è vero che è possibile ridurre il debito/PIL facendo deficit, ma non è vero che basta fare deficit per poter ridurre il debito/PIL. Dipende dal contesto in cui ci si trova.[sociallocker].[/sociallocker]

Come si calcola il costo del debito? Non è altro che il tasso medio pagato dalla Stato all’emissione dei titoli, applicato sul montante del debito.

Esempio: se il tasso medio è del 5%, ma il debito è pari alla metà del PIL, il costo del debito sarà 2,5%.

Viceversa se il debito fosse il doppio del PIL il costo del debito sarebbe 10%.

Quindi per avere un basso costo del debito servono tassi bassi (come la BCE sta garantendo da tempo) e un montante di debito possibilmente basso.

E come si comporta il governo italiano?

L’attuale governo ha adottato la ricetta economica centrata sul risanamento dei conti attraverso il deficit (ricordiamo tutti i festeggiamenti sul balcone di Palazzo Chigi dopo la stesura della manovra che prevedeva l’aumento del deficit al 2,4%, vero?)

Per perseguire con coerenza questa strada, come si evince da quanto detto fin qui, servono basso costo del debito e spinte alla crescita. Purtroppo però si preferisce sfidare i mercati, dichiarare “me ne frego” dello spread (portando il Paese a pagare tassi più alti) e avviare riforme distributive come Quota100 e Reddito di Cittadinanza. Riforme che la stessa Confindustria stima a impatto zero sulla crescita.

Quella di fare disavanzo (deficit) può anche essere una strada. Ma vanno create le condizioni, altrimenti diventa solo una presa in giro che aggrava una situazione già difficile, col rischio che prima o poi diventi irrimediabile.

Il rischio esiste, perché in economia spesso i problemi non sono questioni distinte tra loro, ma sono semmai elementi interdipendenti che si rafforzano reciprocamente: le disuguaglianze contribuiscono a rallentare la crescita, perché i ricchi consumano meno di una pluralità di componenti della classe media. Una minor crescita porta tassi d’interesse più bassi, che a loro volta fanno allargare le disuguaglianze.

Quando la minor crescita è strutturale, le aziende sono disincentivate ad innovare, generando una riduzione di produttività. Meno innovazione e minor produttività provocano concentrazione in grandi gruppi, questo garantisce alle aziende maggior potere di stabilire salari, perché il mercato del lavoro è meno mobile, il risultato è, ancora, maggiore disuguaglianza e minore inflazione.

E che dire della demografia? Con sempre più pensionati a carico di sempre meno lavoratori (sempre più anziani e refrattari all’innovazione), dove potrebbe mai andare la produttività?

Curare i sintomi invece delle malattie può nascondere i problemi, o addirittura alimentarli.

Per il debito italiano molti ripetono che il problema è che una parte rilevante sta nelle mani di investitori esteri che così “ricattano” il Paese attraverso lo spread.

Il debito italiano è in realtà sempre più nelle mani di banche e investitori residenti, anche per effetto del Quantitative Easing della BCE (gli acquisti vengono fatti dalle singole banche centrali nazionali).

Al netto di questo effetto determinato dalla politica monetaria, tuttavia, la quota di titoli di Stato detenuti da residenti rispetto ai non residenti è in costante crescita da anni, e da tempo ormai l’Italia ha la più alta percentuale di debito detenuto dai residenti e la percentuale più bassa di detentori stranieri tra i più importanti paesi della zona €.

Tra il 2005 e il 2009, prima della grande Crisi, i titoli di stato di Francia, Germania, Italia e Spagna erano detenuti da stranieri a un livello molto simile (intorno al 50%). Dalle tensioni del 2011-2012, il livello ha continuato a scendere, fin sotto la soglia del 35% del debito totale.

Avere il debito pubblico distribuito sugli investitori domestici è un vantaggio?

Di base la risposta è NO.

Tanto per cominciare, maggiore è la base di investitori, minore è il tasso che si paga (infatti l’Italia ha problemi di spread)

Maggiore la spesa per interessi, minore la disponibilità di risorse (o lo spazio fiscale) per manovre pro-crescita.

Per poter avere tassi bassi per una base ristretta di investitori diventa necessario “manipolare”, (ricordiamo tutti la frase “gli italiani sono pronti ad aiutare” pronunciata da Matteo Salvini mesi fa, in proposito, vero?) canalizzando il risparmio privato sui titoli attraverso obblighi o incentivi, ostacolando in tal modo il consumo interno e gli investimenti interni che generano espansione economica (e infatti il Giappone che ha un grande debito, tutto sottoscritto internamente, ha problemi di crescita da oltre 20 anni).

L’Italia ha bisogno di ripristinare un circolo virtuoso, tra costo del debito, espansione economica, produttività, efficienza della spesa, riequilibrio dei conti e riforme pro-crescita.

Se si continuerà a distorcere banali principi di finanza pubblica come quelli illustrati qui, la ricchezza privata finirà per essere usata per fare repressione finanziaria, obbligando gli italiani a comprare i BTP o per solidarietà o attraverso aliquote fiscali agevolate, ma tutto questo aumenterebbe il problema, invece di risolverlo.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

Una risposta a “Ricette eretiche e i danni della “cura” dei sintomi”

  1. … altrimenti diventa solo una presa in giro che aggrava una situazione già difficile, col rischio che prima o poi diventi irrimediabile.

    Ma no Alieno, quelle son ricette magiche, non una magia qualunque ma magia voodoo applicata all’economia.
    Anche l’economista Michele Boldrin l’ha deunciato in un suo recente articolo apparso su l’Linkiesta.
    Suvvia bisogna aver fiducia nei maghi voodoo!

    A quanto ammonta a spanne il nuovo debito caricato sul groppone degli illusi ed ignari italioti?
    30 miliardi si vocifera? Beh proprio risultato da ‘maghi’ se pensiano che è stato fatto in soli 365 giorni.

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