Ritorno al futuro o avanti nel passato?

Come passa veloce il tempo quando ci si diverte! L’attuale dibattito sull’opportunità – politica e prima ancora economica – dell’acquisto di titoli di stato europei da parte della Bce riporta indietro nel tempo, di circa due anni e mezzo. Situazione, protagonisti e argomentazioni – come se avessero trovato la formula per distillare l’elisir di lunga vita – sono sempre i medesimi. In pratica, verso la metà del 2012 Paesi dell’Eurozona e istituzioni comunitarie lambiccavano l’ipotesi di trovare un modo per finanziare gli investimenti pubblici tramite l’emissione di nuovi strumenti finanziari – gli eurobond – garantiti a livello comunitario, al fine di redistribuire il rischio di credito di ogni singolo Paese e quindi di consentire anche ai partner con maggiori difficoltà di raccolta di affacciarsi sui mercati del debito con minori costi di finanziamento e superiori possibilità di successo. Con tutte le conseguenze economiche, fiscali e finanziarie, che ciò avrebbe comportato. Oggi il compito di stimolare la ripresa economica immettendo liquidità nel sistema e, nelle intenzioni, favorendo il riavvio di una dinamica inflazionistica positiva e stimolando a catena consumi e investimenti è demandato alla Bce. Anche giustamente, in fin dei conti, visto che la grandezza economica target è l’andamento dei prezzi, e pertanto materia specifica della politica monetaria.

Mutatis mutandis, però, ben poco d’altro è cambiato. Allora si parlava di un possibile asse italo-francese in opposizione alle rigidità tedesche contro qualsiasi ipotesi di condivisione del debito. Oggi questo asse si è di fatto formato, con l’aggiunta del Belgio, anche se non si comprende quanto sia considerato minaccioso a Berlino. A unire destini e interessi dei tre Paesi la decisione della Commissione Ue di non sanzionarli per il mancato rispetto dei vincoli di bilancio europei.

[tweetthis]Passa il tempo, ma in Europa le cose cambiano (?) troppo a rilento[/tweetthis]

A metà 2012, peraltro, il Patto di stabilità ancora non esisteva, sarebbe entrato in vigore di lì a poco, il primo gennaio 2013. Per contro, oggi, il Fiscal compact in pratica non esiste più, visto l’ammorbidimento selettivo dell’Ue, che infatti non si è mostrata altrettanto tenera in passato con membri di minor peso, né oggi con la Grecia in preda a convulsioni politiche.

Oggi come allora l’economia del Vecchio Continente resta impantanata nelle secche della crisi. Che non morde dappertutto allo stesso modo, però: nel terzo trimestre 2014, ultimo dato disponibile, ci sono Paesi in crescita come Irlanda, Portogallo e Grecia – sebbene il dato di quest’ultima non si possa dire rappresentativo visto che oggi oggi si parla di un’economia quasi dimezzata rispetto all’inizio cella crisi – Paesi in sostanziale stagnazione, come Germania, Francia e Austria, e Paesi in perpetua recessione, come purtroppo l’Italia.

Anche nel 2012 l’opposizione più forte a qualsivoglia forma di mutuo soccorso-salvataggio arrivava dalla Germania e dal gruppo di Paesi nordici la cui economia ruota attorno a quella teutonica (per la verità sempre più sparuto, perché la crisi non ha poi guardato in faccia a nessuno). E allora come oggi arrivava per voce del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Due anni e rotti fa, in un’intervista a Le Monde, il banchiere numero uno della Buba appariva stizzito nel respingere le richieste francesi di dare vita agli eurobond. Una settimana fa, sempre Weidmann, questa volta però su Repubblica, ha argomentato contro la possibilità che la Bce di Mario Draghi possa procedere acquistando titoli di Stato, richiamandosi al rischio di azzardo morale che i governi di Paesi meno virtuosi, sicuri di un salvataggio dall’alto, sfrutterebbero aumentando la spesa senza controllo per assicurarsi consenso interno.

Nihil sub sole novi, verrebbe da commentare. Peccato che nel frattempo sia passato un mezzo lustro, i problemi siano ancora i medesimi e, soprattutto, non solo non si intraveda una soluzione, ma nemmeno si sia ancora deciso che strada pigliare per uscire dal pantano.

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Vittorio Zirnstein

Vedo cose e faccio, gente! Giornalista, ex direttore di Finanza&Mercati, Borsa&Finanza e Tuttofondi, mi occupo di economia, finanza e di tutto ciò che mi attira

Una risposta a “Ritorno al futuro o avanti nel passato?”

  1. [GRANDE VITTORINO; come SEMPRE!]

    Per chi non Lo sapesse e non Lo conoscesse,

    era/Sei stato uno dei pochi – REALI e DAVVERO PREPARATI (con CERVELLO!) – GIORNALISTI (FINANZIARI ITALIANI, ma anche INSIDERS) – ossia, quelli con la G-MAIUSCOLA; la media è con la g-minuscola e fanno una PENA ASSOLUTA:-penna-copia-incolla:- SENZA CERVELLO! – che aveva/avevi PRE-VISTO TUTTO.

    Pari-pari.

    CHAPEU!

    Surfer [era IL Maggio 2012, mentre la media dei minuscoli, “dormiva” – e dorme ANCORA!]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.