All in

Renzie

Nato per vincere, almeno questa è l’etichetta che si porta appresso, ma Matteo Renzi è infine giunto a Palazzo Chigi senza vincere nulla se non una disputa di partito. In tarda serata, ben oltre la mezzanotte, è giunto il voto di fiducia dal Senato. Quel Senato che lo stesso Renzi vuole abolire. E tra qualche riga vedremo anche perché farebbe bene a farlo.

Intanto chiariamo prima un punto. Perché questa fretta di andare al governo, di giocarsi il tutto per tutto con un “All in” che più che di legittima ambizione sa di arrivismo sfrenato? perché venir meno all’intenzione ribadita anche pochi giorni prima di diventare premier solo dopo un voto dei cittadini in tal senso?

Niente accordicchi vecchia maniera senza interpellre gli elettori… Ma (dal punto di vista dell’ormai ex sindaco di Firenze) la situazione era diventata all’improvviso sempre più simile ad un imbuto. Lasciando fare (traccheggiare, più che altro) il governo Letta al prossimo giro elettorale Renzi non sarebbe più stato “il nuovo”, ma il segretario del principale partito che aveva sostenuto un governo efficace (e allora perché cambiare?) o inefficace (e quindi destinato a perdere le elezioni).

Aggiungiamo che nelle prossime settimane al governo spetterà un giro di nomine sui vertici di un vasto numero di aziende partecipate, classico strumento di formazione di un background di sostegno che non poteva essere lasciato in mano a quel Letta che è un vero campione nell’intestarsi ogni minimo successo: a dicembre si è registrata una piccola discesa dello stock di debito pubblico in Italia, passato da 2104 mld€ a 2067 mld€. Il calo, pur se incoraggiante, a dicembre di ogni anno si è sempre verificato per un effetto tecnico stagionale; Enrico Letta non ci aveva messo un attimo ad appuntarsi la medaglietta del supereroe che abbatte il debito. E lo stesso lavoro avrebbe fatto, con ancor più vigore ed orgoglio, se avesse potuto presiedere da giugno a dicembre al semestre di presidenza europea che spetta di turno all’Italia.

Obbligatorio (politicamente) giocarsi la partita subito, sporcandosi le mani e l’immagine. Anche perché Letta stava cercando di guadagnare quelle due-tre settimane decisive per allungare i tempi della legge elettorale rendendo impossibile unire le elezioni nazionali con quelle europee che si terranno a Maggio spingendo in là il calendario politico.

Il piano presentato da Renzi prevede un’agenda con appuntamenti serrati:

“L’Italia ha bisogno di una svolta radicale per uscire dalla sfiducia, dal pessimismo. La prima cosa da fare è il lavoro. In un mese si possono approvare i provvedimenti per consentire alle imprese di assumere, e ai giovani di scuotersi dalla rassegnazione. Poi ad aprile ci occuperemo della burocrazia: perché oggi le aziende devono affrontare la concorrenza internazionale gravate di un peso insostenibile. A maggio tocca al fisco: dobbiamo mettere più soldi nelle buste paga dei ceti deboli. Una volta dimostrato che l’Italia fa sul serio, potrà chiedere a Bruxelles e Berlino di spendere di più per la crescita.”

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E da Bruxelles arriva una chiara apertura. Così infatti il vicepresidente della Commissione Europea, Antonio Tajani:

“Credo che l’Italia possa ottenere risultati importanti a Bruxelles; mi riferisco alla interpretazione del patto di stabilità; cioè quello che impone il tetto del 3%. Ma servirà presentarsi con un progetto serio, che consenta di discutere di una interpretazione attenuata del patto di stabilità, cioè la possibilità che alcuni investimenti vengano esclusi dal conteggio. Anche perché, diciamolo: il patto di stabilità viene interpretato, non c’è un computer a deciderlo.

Nelle scorse settimane sono stato costretto ad aprire una procedura di infrazione per l’Italia, a causa del vergognoso ritardo dei pagamenti della Pubblica Amministrazione verso le imprese. Che, per questo, falliscono; paradossalmente, le imprese non falliscono per debiti, ma per crediti non riscossi. E’ inconcepibile, siamo il peggior pagatore d’Europa. Paghiamo più tardi della Grecia”.

Se Matteo Renzi vorrà riuscire a disincagliare un Paese bloccato da una somma di interessi particolari, di categorie intoccabili, di burocrazia vorace autoprotettiva… dovrà avere salde le redini in Parlamento.

Ben difficile vista la maggioranza sghemba con cui deve fare i conti: Movimento 5 Stelle e Lega Nord insindacabilmente all’opposizione e Forza Italia disponibile solo su singoli provvedimenti a valutare l’appoggio. al Senato i numeri sono risicati, il governo rischia di finire -come abbiamo visto accadere millemila volte- sotto ricatto.

Sfruttare lo slancio iniziale per far approvare l’abolizione del Senato diventa la via maestra: passasse la riforma costituzionale che supera il bicameralismo perfetto gli attuali senatori sarebbero tutti trasformati in precari della politica, e sarebbero tutti stimolati a preservare la legislatura fino al 2018, garantendo al governo Renzi quell’appoggio che per ora è solidissimo solo alla Camera dove il PD ha da solo i numeri per governare.

Per aggredire gli effetti di una Crisi originata dal peso scaricato sul futuro all’insegna dell’allegria del presente occorre quindi introdurre una riforma che imponga un diverso baratto tra futuro e presente ai senatori della Repubblica: far fare a tutti la stessa mossa del premier che ha chiamato il suo giro di carte, guardato le fiches ed annunciato il suo “All in”.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

3 Risposte a “All in”

  1. Caro Andrea queste sono le ragioni di Renzi, siamo certi che siano anche le nostre?

    Per ora, abbiamo solo una certezza, siamo di fronte a un uomo capace di mentire e come diceva Petrolini “senza orrore di se stesso”.

    Ho seguito con attenzione il lungo discorso al Senato, in un’ora e dieci ha speso quasi 100 miliardi, non una parola su dove li reperirà. Non una parola sul Fiscal Compact o sull’imminente round del TTIP.

    Spero che la malignità sui boys scouts non si trasformi nella maledizione del paese: “bambini vestiti da cretini guidati da cretini vestiti da bambini”. Gli italiani non sono bambini.

    I boys scouts sono famosi per aiutare le vecchiette ad attraversare la strada, ora le vorrebbero prendere a colpi di Bot. (già smentito)

    Se Renzi fallirà, dice lui, “la colpa sarà solo mia” ma il conto sarà solo nostro e a ottobre la Merkel ci farà firmare il Contractual Arrangement.

  2. Certo che fare a maggio la riforma del fisco, con le scadenze delle dichiarazioni a giugno…
    Già normalmente è un macello, con i software dell’agenzia entrate che fanno penare fino a luglio… Poi se la normativa viene rivoltata un mese prima chissà che divertimento.

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