The “lame duck” e l’anatra alla pechinese

Se si guarda un planisfero, il mondo non è più rassicurante della generazione trascorsa. I pericoli di guerra nucleare sono stati sostituiti dai conflitti regionali; le dispute ideologiche dagli interessi dei singoli stati. Le bandierine che segnalano guerre o pericoli sono in crescita sulla carta geografica. Causa ed effetto insieme, il risorgente nazionalismo ne impone il suo pericoloso suggello.

Passando per gli sterminati territori russi, una ventata di esaltazione identitaria si muove dal Sol Levante al cuore della vecchia Europa. La recente vittoria in India di Narendra Modi, leader del tradizionalista Janata Party, ha aggiunto linfa a una nuova situazione che vede l’anti-globalizzazione prevalere, sia nelle competizioni elettorali che negli equilibri internazionali. Nel Dicembre 2012 Shinzō Abe è stato rieletto Primo Ministro con una piattaforma che rivendica il ruolo del Giappone. Non intende piegarsi al dominio economico della Cina e riconsiderare in modo inequivocabile l’aggressione nipponica durante il secondo conflitto mondiale.

Le ambizioni post-imperiali di Putin, anch’egli rieletto su un forte consenso nazionalistico, sono entrate in contrasto drammatico con gli stati confinanti. La guerra in Ucraina ne è soltanto l’ultimo esempio. Ma l’atlante polemologico non si ferma, con gli irrisolti conflitti in Medio Oriente, le guerre civili nei paesi arabi, i focolai militari in Africa. Questa complessa situazione sembrerebbe, in via di principio, dar ragione alla Cina. Ogni stato deve dar conto solo ai suoi interessi e tutelare i suoi cittadini. Gli accordi intergovernativi non hanno bisogno di ambizioni idealiste, quanto di compromessi su ipotesi divergenti.

Se le mediazioni saltano, sostiene Pechino, scoppiano le guerre. Ne derivano 2 cardini della politica estera: gli accordi bilaterali e la critica agli Stati Uniti per il loro ruolo di “gendarmi del mondo”. La prima è facilmente intuibile: nei negoziati la Cina può far valere il proprio peso politico, economico e militare. Salvo casi particolari, avrebbe argomenti convincenti. Il secondo punto è maggiormente controverso. Se non c’è dubbio che gli Stati Uniti svolgano un ruolo dominante, è vero che la Cina non esercita nessuna ingerenza? Se ormai sono appurati gli errori di Washington in Irak e Afghanistan, può la “non interferenza” essere assunta a unico faro nella politica estera? La vera questione è se la Cina possa far finta di disinteressarsi dei problemi internazionali o affrontarli soltanto quando riguardano i suoi interessi immediati. Il rafforzamento economico ha condotto a rivendicazioni marittime che erano state in sonno per lunghi decenni. Lo stesso percorso non si è applicato alle grandi questioni globali. A esse prima la Cina era esclusa, ora vi entra marginalmente e con riluttanza. Un paese così importante dovrebbe svolgere un ruolo più strutturato e partecipato.

È un’ipocrisia pensare che le nazioni siano tutte uguali e che la guerra vada respinta solo con le parole. Le tensioni si innescano anche con mezzi apparentemente pacifici. Ecco perché la Cina dovrebbe essere maggiormente coinvolta nelle crisi internazionali, lavorando per comuni obiettivi strategici, piuttosto che per poco lungimiranti interessi nazionali. Obama, per propria forma mentis è più coinvolto nella politica interna. É ormai nell parte finale del suo doppio mandato, un lame duck. L’anatra azzoppata non ha dinamismo e forse è consapevole dei propri limiti. L’anatra alla pechinese è invece conosciuta e rispettata, ha una tradizione millenaria e potrebbe piacere a molti palati. Dovrebbe uscire dai suoi recinti, conquistare il consenso fuori dalla Cina e proporsi con un marketing accattivante e non aggressivo. Solo così un piatto glorioso sarà parte di un convivio di pace e di sicurezza.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “The “lame duck” e l’anatra alla pechinese”

  1. Abbattere l’egocentrismo egemonico del governo cinese: Sogno utopico o possibile scenario futuro? Interessante riflessione pone l’autore dell’articolo e convengo con Lui, per la mia visione Globale, che se la Cina facesse sentire la sua voce non solo quando si tratta di questioni personali ma anche internazionali forse, e ribadisco forse, gli equilibri mondiali sarebbero molto più che una semplice ipotesi… Molto più che una chimera.

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