Trieste in saor

Vista dal Castello di Miramare
Vista dal Castello di Miramare

Ogni volta che vado a Trieste “arrivo con passo di pianura” e mi ritrovo “in questi posti davanti al mare / con questi cieli sopra il mare” e mi perdonerà Fossati se vado a Est e non a Sud, se uso le sue parole per raccontare che è dall’11 maggio 1998 che arrivo a Trieste, mi sorprende e me ne innamoro perdutamente. Ogni volta.

Mi sorprende ancora prima di arrivare, in realtà, perché io resto una ragazza di Taranto, una convinta che il mare vero è solo quello di casa, che tutti gli altri hanno spiagge, scogli, magari oceani, ma tutto quel mare davanti e a destra e a sinistra solo noi. Lo so, si chiamano “golfi”, ma, come si dice, puoi togliere la ragazza da Taranto, ma non Taranto dalla ragazza.

Il mare di Trieste inizia mezz’ora prima di arrivare e non finisce più, ma la bellezza della città non si esaurisce certo lì. Ci sono altri personaggi importantissimi, questa è una città corale: c’è il vento, prima di tutto, c’è il porto, c’è il caffè, ci sono i bar e il vino e le salite e le cupole e i palazzi e soprattutto c’è tantissima scrittura.

A Trieste le persone scrivono prima di tutto con il portamento e con i loro visi, con questi sguardi tranquilli, un’aria solida ed erotica insieme. I triestini sono alti anche quando sono minuti, io mi siedo o a volte resto impalata a leggerli e anche solo nel loro ignorarmi trovo storie di gran qualità.

Il lungomare dal Molo Audace
Il lungomare dal Molo Audace

Mauro Covacich in “Trieste sottosopra” si chiede “Trieste è una città di scrittori perché qui si è portati a giocare sui nomi delle cose – caffè compreso – oppure qui si gioca sui nomi delle cose perché siamo una città di scrittori?

Per me è la seconda. Niente è mai semplice e tutto è già chiaro e le vie di fuga sono infinite, da quando le frontiere sono aperte anche letteralmente. E sì, perché c’è tutto un mondo accanto, il Carso ovviamente (e la Vitovska) e poi la Slovenia (per quel che ho esplorato io). In un’ora sei a pranzo da Matej Tomažič , in mezz’ora da Krigman, in cinque minuti Ai Fiori, a Città da Pisino, da Salumare, ai Due Ladroni. Non è solo cibo, è savor, che qui è aceto e cipolla, forti ma che non coprono, esaltano. Ti sdrai su un pontile, chiudi gli occhi, fai le fusa come un gatto.

Scrivi correndo, scrivi seduta, scrivi in tram: qui mi sento a casa perché è normale pensare che sia più sano pensare e scrivere che limitarsi a leggere. Scrivo al Caffè San Marco (e come potrei evitarlo), scrivo camminando (e qui nessuno ti guarda come se fossi scema, anche perché qui, come a New York, nessuno ti guarda ma molti ti osservano), scrivo in hotel, che per quanto mi riguarda è l’Hotel Victoria, uno di quei rarissimi casi di accoglienza perfetta in tutti i dettagli, ma senza darsi troppe arie. Anche al Victoria scrivono: un bigliettino a mano, per darti il benvenuto in camera. Tu li ringrazi su Twitter e loro ti rispondono anche lì, perché si scrive dove si ha voglia, senza gabbie mentali.

Solo a Trieste si può correre da flâneur, e si corre tanto: tra i moli, da Barcola a Miramare, sul sentiero Napoleonico, a Basovizza. Esco dall’Hotel Victoria correndo e arrivo in trance al molo Audace, giro intorno alla Pescheria (dove vedo ancora Kounellis in controluce) e torno in camera, pronta per non dormire, troppo stanca e troppo eccitata da una città pieni di fantasmi che, a differenza di molti altri, sono amici con cui vorrei chiacchierare.

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Pubblicato da Mafe De Baggis

Progetto e gestisco iniziative di comunicazione (relazioni pubbliche e copywriting). Aiuto le aziende, le testate e le persone a interpretare e vivere correttamente internet: un medium complesso e divertente

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