Il protagonismo della Crimea nella Storia d’Europa

Ucraina

Ucraina, Kiev, piazza Maidan. L’obiettivo mette a fuoco un campo sempre più stretto.

Ci viene narrata prima la protesta di piazza, la conta dei morti per gli interventi della polizia, la deposizione del presidente-tiranno. Poi qualcuno inizia a porre domande sulle questioni economiche, sul ruolo geopolitico dell’Ucraina come snodo dei gasdotti tra Russia ed Europa.

Ma non è solo una questione di gas: il ruolo fisico dell’Ucraina è anche quello di essere cuscinetto tra Russia e paesi NATO (con relative basi), ed è interesse della Russia evitare che un giorno l’Ucraina diventi un paese potenzialmente ospite per quelle basi.

L’a.d. di Eni, Paolo Scaroni, cerca di tranquillizzarci:

“Sto facendo fare un’analisi sullo scenario peggiore possibile, non ho ancora i risultati ma mi sembra che non ci dovrebbe essere crisi del gas neppure di fronte allo scenario peggiore, cioè che non transiti neppure un metro cubo di gas. Non ci sarebbero problemi di approvvigionamento del gas fino all’estate”

Eh già, poi in fondo, passata l’estate, a cosa ci potrebbe mai servire il gas?…

Lasciando Scaroni alle sue amene riflessioni cerchiamo di capire da dove arriva la questione ucraina, a che punto è e dove si sta dirigendo. Gli aspetti sono molti, inclusi quelli finanziari legati al possibile default sui titoli del debito pubblico che oggi rende fino al 30%, per chi tenta l’azzardo di investire, ma come ha detto Mario Draghi al Parlamento Europeo:

“L’Ucraina conta meno dell’1% nel commercio della zona euro e meno dell’1% per le transazioni bancarie, di conseguenza il suo impatto economico è relativamente contenuto. Tuttavia, le implicazioni geopolitiche sono in grado da sole di generare eventi che superano questi dati statistici e quindi è fondamentale seguirli con grande attenzione”

Iniziamo col dire che colui che fino a pochi giorni fa era il riconosciuto Presidente in Ucraina, Viktor Janukovyč, è un uomo vicino al Cremlino, anzi possiamo affermare che grazie al supporto che arrivava da Mosca è riuscito a ribaltare lo status quo.

amici
La situazione politica di Kiev merita un breve ripasso: nel 2001 il premier Viktor Juščenko, ex governatore della Banca Centrale Ucraina, fu sfiduciato da un voto parlamentare, contro una fortissima volontà popolare che chiedeva a gran voce che continuasse l’opera riformatrice pro-europea, raccogliendo 4 milioni di firme per spingere il Parlamento a reincaricarlo. Ma questo non avvenne: il primo ministro divenne l’ambizioso oligarca Viktor Janukovyč.

Alle elezioni presidenziali del 2004 Janukovyč e Juščenko si ritrovano faccia a faccia. Janukovyč era costantemente in TV, da dove accusava l’avversario di essere un nazista. A Juščenko, cui la TV non dava spazio, non restò che fare la campagna nelle piazze, andando a parlare agli elettori di persona. I sondaggi iniziarono a prendere una direzione molto chiara a favore di Juščenko, il quale un paio di mesi prima del voto si ritrovò avvelenato da dosi di diossina migliaia di volte superiori al normale. Ancora oggi che son passati 10 anni il suo viso è trasfigurato a causa di questo avvelenamento. Una situazione che a noi, concittadini di Scaramella, riporta alla mente le vicende legate al polonio 210. Nonostante tutto Juščenko riesce a presentarsi per il voto, con numeri -almeno nei sondaggi- fortissimi. Janukovyč, l’amico di Vladimir Putin, si ritrovò i voti che non aveva. La sfrontatezza dei brogli portò gli ucraini in piazza, in quella che è stata la cosiddetta Rivoluzione arancione, sotto la spinta della quale  le elezioni vennero annullate dalla Corte Suprema e ripetute.

Juščenko divenne così Presidente. Al turno elettorale successivo, quello del 2010 Janukovyč si ritrovò di fronte una nuova rivale: Julija Tymošenko. Janukovyč questa volta vinse e pochi mesi dopo la Tymošenko si ritrovò anche lei vittima della strana sfortuna che colpisce gli avversari politici di Janukovyč: fu accusata e condannata per aver siglato accordi commerciali antieconomici con Gazprom. Pochi giorni fa è stata infine rilasciata, dopo che il Parlamento ha votato con 321 su 322 votanti la depenalizzazione del suo reato.

Durante la sua presidenza Janukovyč si trasformato da oligarga in possidente. Abbiamo scoperto infatti, dopo la sua fuga, in quali condizioni di agio vivesse:

Sconcertante soprattutto considerando quale sia lo standard di vita in Ucraina, dove il PIL procapite è un terzo di quanto si registra nella già povera Polonia.
Come spesso accade dove il capitalismo è giovane, la scoperta che ci si possa arricchire sugli squilibri sociali diventa per alcuni una tentazione irresistibile.
Il problema -è dal 14 luglio 1789 che in Europa queste cose si sanno- è che quando lo squilibrio diventa eccessivo, quando il popolo viene oppresso esageratamente, il leader politico che ha per giunta la pretesa di essere democratico si ritrova senza consenso.
A Novembre 2013 inizia in piazza Maidan a Kiev una protesta rumorosa, dopo che inaspettatamente il Presidente Janukovyč ha deciso all’ultimo momento di voltare le spalle alla UE e siglare con la Russia degli accordi sulle forniture di gas ed un piano di sostegno finanziario da 15 miliardi di $. La rivolta prende corpo ogni giorno di più, il livello dello scontro si alza, inizia la reazione governativa che innesca la violenza e fa precipitare gli eventi fino a costringere Janukovyč a fuggire, pendente su di lui un mandato di cattura.
Ma non è una fuga definitiva, è solo un ripiegamento.

Janukovyč si dichiara ancora legittimo presidente, mentre Putin, autorizzato dalla Camera Alta di Mosca, avvia l’intervento armato in Crimea,

“La Russia difenderà i cittadini russi dalla minaccia di violenze da parte degli ultra-nazionalisti in Ucraina fino a quando la situazione nel Paese non si stabilizza”

Per quanto possiamo mettere la nostra comprensione al servizio dello spirito russo, si tratta di una dichiarazione ridicola: non ci sono state vittime russe, non ci sono feriti. L’invasione Russa è una pura violazione della sovranità territoriale ucraina. Con una battuta:

 

Carri armati e soldati russi in Crimea (che non confina con la Russia…) c’erano perché esistevano degli accordi fra Russia ed Ucraina vista la maggioranza (circa60%) di cittadini di lingua russa in Crimea. Ma nella penisola del Mar Nero non ci sono solo russi, per quanto siano la maggioranza.

E questo vale per tutta l’Ucraina: russi, ucraini, tartari e bulgari vivono tutti insieme in proporzioni diverse nelle varie regioni del paese. Quattro diverse etnie.

Follow the money

Il vecchio adagio dice di seguire i soldi per comprendere come stiano le cose. Facciamo un veloce quadro della situazione: le riserve valutarie del Tesoro Ucraino ammontano a circa 12-13 miliardi di dollari. Queste riserve sono a forte rischio: i cittadini ucraini cercano di cambiare in massa più denaro possibile per acquisire valuta estera, costringendo il Tesoro ad erodere le proprie scorte, con il risultato che sono stati limitati i prelievi dalle banche ed introdotte misure di controllo dei capitali. Oltre a questo nel corso dei prossimi 12 mesi l’Ucraina dovrà rimborsare circa 13 miliardi di $ di debiti:

debito ucraino

A questo va aggiunto il continuo aumento dei costi di importazione, dovuto al progressivo indebolimento della moneta nazionale. In sostanza l’Ucraina ha bisogno di aiuti finanziari alla svelta, pena un default certo.

La Russia (che ha ritirato il finanziamento ponte da 15 mld$ concordato a fine 2013) e L’UE, con il supporto del FMI, si sono rese disponibili entrambe ad aiutare l’Ucraina, ma prima di stringere accordi con rappresentanti-fantoccio, hanno specificato che tutto verrà siglato dopo le elezioni del 24 e 25 maggio, quando si formerà il nuovo Parlamento.

L’esigenza dell’Ucraina è quella di accelerare: deve indurre le parti a sganciare gli aiuti il prima possibile, perché solo stabilizzandosi finanziariamente potrà interrompere la pericolosissima spirale di svalutazione monetaria che portò al default proprio la Russia nel 1998. E’ per questo che chi più di ogni altro soffia sul fuoco in campo diplomatico, annunciando “attacchi” e fantomatici “ultimatum”: la Tymošenko si è spinta ieri sera fino ad annunciare che la Russia avrebbe dichiarato guerra alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti. Una chiara strategia della tensione nella speranza che qualcuno spari un primo colpo e costringa gli altri ad intervenire, mosse di una diplomazia nazionale disperata che teme di restare strangolata dal passare del tempo.

Le diplomazie russe ed occidentali sono al lavoro. Mentre la Russia muove carri armati, elicotteri, navi e truppe di terra, Europa e Stati Uniti, disordinatamente, puntano a far saltare il G8 prossimo venturo, ipotizzare sanzioni economiche e blocchi commerciali per la Russia e financo la sua espulsione dallo stesso G8.

Accelerare il tapering, facendo ridurre i flussi finanziari verso la Russia, e spingere al ribasso il prezzo del petrolio (con cui Putin finanzia il bilancio nazionale) potrebbero essere mosse a metà strada tra il bellico ed il diplomatico.

APTOPIX Ukraine

Quella che potrebbe arrivare, però, è una salomonica scelta secessionista. Sud-Est ucraino e Crimea si staccherebbero in una forma indipendente e filo-russa, con il resto del Paese che proseguirebbe il percorso di avvicinamento alla UE.

Sarebbe però una vera tragedia: pur potendosi realizzare senza spargimento di sangue nell’immediato, questa soluzione farebbe ritrovare più di metà della popolazione (e parliamo di un paese da 46 milioni di abitanti) nello status di profughi: come abbiamo detto nello Stato ucraino convivono quattro diverse etnie, suddivise disordinatamente nel Paese. In talune regioni c’è una prevalenza di una sulle altre, ma non esiste fisicamente la possibilità di tirare una “linea” ideale e dividere il paese in due o più parti etnicamente omogenee. Ci ritroveremmo -in grande- una situazione simile a quella della ex-Jugoslavia, con UE e Russia impegnate ad accogliere migliaia di profughi, a distribuire aiuti e sostegni umanitari a soggetti economicamente falliti. Il tutto senza far contento alcuno: i Russi vedrebbero l’influenza geografica della NATO estendersi verso di loro, e l’Europa si troverebbe ad accogliere nel suo “club” un soggetto non più solo povero, ma fortemente bisognoso.

Nel 1855 Camillo Benso, Conte di Cavour, colse l’occasione della guerra in Crimea per dimostrare tutta la sua abilità diplomatica sul piano internazionale, ritagliando per l’Italia ricompense e vantaggi ben superiori ai suoi meriti. Speriamo che qualche statista illuminato, tra i tanti coinvolti in questa complicata partita, riesca a trovare quel colpo d’ingegno diplomatico capace di frenare questa escalation di crisi senza costringere il popolo ucraino ad una penosa secessione che farebbe contenti pochi a danno di moltissimi.

Accogliamo con sollievo la notizia diramata stamattina dall’agenzia di stampa russa Interfax: Vladimir Putin ha ordinato ai militari russi di rientrare nelle basi (primo punto delle richieste UE per proseguire il dialogo).

Non ci resta che aggrapparci ai feticci della Storia.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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