Quel pasticciaccio brutto tra Washington e Berlino

MuttiMachts

C’è chi pensa che dalle parti di Washington si impiccino un po’ troppo di ciò che avviene in Europa, ed in particolare a Berlino. E non ci stiamo riferendo allo scandalo DataGate e relative intercettazioni, ma al

rapporto semestrale sulle valute pubblicato dal Dipartimento del Tesoro USA.

“L’anemico passo della crescita della domanda domestica e la dipendenza dalle esportazioni della Germania hanno impedito un riequilibrio nel momento in cui molti altri paesi dell’area euro sono sotto forte pressione per ridurre la domanda e comprimere le importazioni al fine di promuovere aggiustamenti a favore del rigore. La Germania, oltre a danneggiare l’Eurozona, ha messo in pericolo l’economia globale con le sue scelte politiche: il risultato netto è stato quello di creare una tendenza alla deflazione sia per la zona dell’euro che per l’economia mondiale”

Bisognerebbe, secondo Washington, che la Germania alimentasse un po’ di più il mercato interno rivalutando i salari, cosa che non avviene nonostante una disoccupazione vicina al minimo fisiologico, probabilmente a causa (1) di un eccessivo timore (numeri alla mano…) dello spettro dell’inflazione e (2) della volontà di preservare il vantaggio competitivo offerto dal dumping salariale che ai tedeschi costa comunque meno dei benefici che porta.

Sarebbe, se condiviso e certificato, un argomento suscettibile di far introdurre delle clamorose sanzioni europee alla Germania per “eccesso di surplus“: un modo originale per imporre un meccanismo di trasferimenti interni all’Unione. Ma i tempi non sono ancora maturi per una simile svolta, almeno a giudicare dai commenti che arrivano dalla Commissione UE:

“La Germania resta una locomotiva per la zona euro e per la Ue. L’ipotesi di sanzioni europee non ha senso a questo stadio: la Commissione tiene conto della situazione economica nel suo insieme prima di prendere decisioni del genere.”

Ma il timore di inflazione che aleggia permanentemente in Germania (oggi Weidmann, presidente della Bundesbank, ha lamentato le politiche troppo accomodanti delle banche centrali mondiali) è fondato? Il trend direbbe di no:  l’inflazione in Europa era a 1,6% a Giugno e Luglio, è scesa a 1,3% ad Agosto, poi a 1,1% a Settembre e ora è a 0,7%. Considerato l’obiettivo della BCE (2%) siamo, per dirla con un tecnicismo, in disinflazione.

Non andrebbe dimenticato il ruolo che l’inflazione ha come stimolo ai consumi. Chiedere dalle parti di Tokyo, dove per averla sono pronti a pagare -pardon- a stampare come forsennati.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

8 Risposte a “Quel pasticciaccio brutto tra Washington e Berlino”

  1. Una precisazione tecnica:

    Disinflazione: Riduzione dell’inflazione, e conseguente rallentamento o ribasso dei prezzi, che non genera arresto della crescita economica. Il termine fu coniato nel 1949 da E. Nurse, consigliere economico di H. Truman. Il processo è distinto dalla deflazione, considerata anormale. http://www.treccani.it/enciclopedia/disinflazione/

    Deflazione: Riduzione del livello dei prezzi, che generalmente si accompagna a contrazione o stagnazione della produzione e del reddito. http://www.treccani.it/enciclopedia/deflazione/

    Il nostro caso è il secondo. Non per interesse umanitario ma hanno ragione gli yankees.

  2. A leggere le 6 righe dell’estrapolato sul rapporto semestrale penso al fatto che le politiche nazi.. pardon tedesche abbiano portato ad un calo dei consumi domestici il che mi pare abbastanza corretta come affermazione, venendo poi detta da un paese che fai dei consumi domestici un cavallo di battaglia a volte eccessivo.
    Forse sbaglio…o interpreto come voglio 🙂

  3. Simpatici americani che arrivano con almeno 7 anni di ritardo alla conclusione cui già Trichet (inutilmente) ci stava allertando fin da quando era governatore. Diventa perciò alto il dubbio che starnazzino ora o per coprire altre magagne (datagate), oppure pro domo sua, nella fattispecie perché veramente adesso le politiche commerciali europee diventano pesanti per gli USA. Fino a poco tempo fa identiche accuse venivano mosse alle politiche di dumping cinesi con la richiesta, anche giustificata, di reflazione interna del colosso asiatico. Ora le muovono verso la Germania,. Cosa è cambiato? Forse i flussi export europei sono diventati forti soprattutto verso gli usa, affossandone ancor di più in termini strutturali la bilancia commerciale? Dato che i PIIGGs europei sono tornati esportatori netti (anche per la forte riduzione delle loro domande interne) e la Germania non ha mai smesso di esserlo, è chiaro che l’export europeo ha cambiato casacca e si è colorato con qualche stella e striscia in più. Sparare sui PIIGGS è brutto, e allora lo si fa sulla Germania, a suo tempo originaria fonte della instabilità europea. Ma in un’area valutaria in cui oggi sono tutti esportatori netti, questo discorso non è più attuale. Gli USA sanno che stanno accumulando un deficit commerciale che li affonda ulteriormente, e fanno la voce grossa. Qualche rappresentante antieuro nostrano l’ha maldestramente sentito e ora fa risuonare la grancassa del’€xit. La mamma degli sciocchi è sempre incinta.

  4. La definizione non è mia, il dramma della deflazione non si manifesta perchè compare un numero negativo in un indice spesso truccato (cosmesi di paniere), ma perché pone l’accento su fenomeni drammatici come stagnazione della produzione (leggi disoccupazione) e contrazione del reddito (leggi miseria).

  5. Come statunitense che vive in Germania mi viene da ridere sulle obiezioni relative al surplus tedesco. Qui appare ovvio perché in Paesi come Spagna, Italia o Francia la disoccupazione sia alta: antiquate regole protettive per i lavoratori, insostenibili benefit sociali, età pensionabili troppo basse e fiscalità lassista. Ad inizio secolo la Germania ha attuato delle piccole ma efficaci riforme orientate alla competitività, gli altri Paesi dovranno adeguarsi, non esiste la strategia che la Germania paghi di più i propri lavoratori riducendo la domanda di beni tedeschi in giro per il mondo. A differenza dei prodotti cinesi, la domanda di prodotti tedeschi è più insensibile ai prezzi: i lavoratori tedeschi sono tra i meglio pagati al mondo ed i prodotti tedeschi NON sono a buon mercato. Prima di dire che la Germania è crudele con i suoi vicini Paesi dell’Eurozona bisogna chiedersi quanto il contribuente tedesco ha già versato per supportare i suoi vicini dell’Eurozona. Miliardi in aiuti diretti ed in più la Bundesbank mantiene 700 billion di titoli che dovranno prima o dopo essere sottoposti ad haircut. Non conosco un Paese più generoso della Germania coi suoi vicini.

    1. @David Nessuno mette in dubbio la buona fede della prima economia europea però ,visto che non posso sempre fare la parte del filotedesco , questa volta la classe dirigente tedesca sta commettendo un errore madornale.
      Non mi riferisco alla politica fiscale , che credo sia legittimo perseguire a livello nazionale, ma alla politica monetaria che trovo a dir poco ostruzionista e a tratti psicopatica ( visto il comportamento della Bundesbank alla minima traccia di un rialzo del CPI ).
      Per ottenere riforme strutturali , recupero di competitività e debt overhang dei paesi in difficoltà sarebbe opportuno adottare una politica monetaria ” comunitaria ” ( visto che c’è una banca in centrale in comune ) . Per dare un’idea , il rialzo dei tassi di 50 bp attuato da Trichet nel bel mezzo del credit crunch a fine 2011 , le scenate che sta facendo la Bundesbank sulla bolla immobiliare in Germania o il teatrino di Karlsruhe sull’ Omt
      NON AIUTANO nessuno e anzi danno buoni motivi affinchè i claim T2 della Bundesbank si trasformino in escudos, lire o pesetas..

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