Il valore della mortalità ed il prezzo della vita

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Siamo tutti affetti da una malattia tremenda che ci condurrà alla morte: la vita. Su questa certezza si basano interi sistemi: il decadimento fisico di ogni essere vivente ne fa cambiare il ruolo nella società. Dopo una fase di preparazione ed apprendimento si passa a quella di produzione e contribuzione, per arrivare a quella in cui il soggetto necessita di supporto.

Durante la seconda metà del XX Secolo la pacificazione dell’Occidente e la ricerca scientifica hanno allungato considerevolmente le aspettative di vita, mettendo a dura prova la sostenibilità dei sistemi previdenziali.
Ma cosa succederebbe se la tecnologia rivoluzionasse il sistema sconfiggendo la mortalità dell’Uomo?
Potete chiamarlo Patto col Diavolo, oppure Fonte della giovinezza, a seconda che vogliate definirlo un desiderio proibito o una iperbole mitologica, ma nel film “The immortalists” due scienziati ipotizzano due diversi modi di giungere all’obiettivo:

  • una pastiglia che alteri le informazioni presenti nel DNA e che portano le cellule a invecchiare e morire
  • un esercito di microrobot che, attraverso il sangue, fluttuano nel nostro corpo riparando continuamente ciò che invecchia o si ammala

Si tratta di una fantasia di cui si percepisce la verosimiglianza. Chi potrebbe escludere, in effetti, che tra una ventina d’anni tutto questo possa diventare realtà, e che magari in altri vent’anni diventino tecnologie accessibili ad un’ampia parte della popolazione mondiale?
Potremmo rimettere in discussione i diritti acquisiti maturati fino a quel momento? (non dovremo aspettare davvero l’immortalità per farlo…?)
Avrebbe senso concepire dei vitalizi?

Come cambierebbe la società?

Mi sono imbattuto nel tweet di un utente (noto per la sua cattiveria) che ieri diceva:

Che ruolo avrebbero la famiglia e la procreazione nella società?

Come entrerebbero nel mondo del lavoro i giovani, chiusi da una gerontocrazia di persone con esperienza secolare? Che forma assumerebbero i problemi da sovrappopolazione? La meritocrazia sarebbe ancora un valore cui i giovani farebbero appello? O blandirebbero gli stemmi di un dovere sociale di sussistenza? Liberata dall’onere della contribuzione a scopo previdenziale come cambierebbe l’attività dell’uomo? Come cambierebbe la percezione del costo sociale delle guerre?

Forse potremmo pensare di arrivare -con prospettive di vita eterne- a colonizzare altri pianeti ed avviare così un nuovo Eldorado?

E’ giusto “curare” la morte? La risposta potrebbe cambiare a seconda di come la domanda viene posta: individualmente o collettivamente?

Perché, in fondo, ce n’è anche un’altra ben più difficile, come cantava anche Freddy Mercury: se “per sempre” diventasse il nostro “oggi” chi avrebbe il coraggio di vivere per sempre?

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

3 Risposte a “Il valore della mortalità ed il prezzo della vita”

  1. Gran bel post di riflessione . Bravo !

    Mi vengono in mente un altro paio di domande.

    Quanti sarebbbbero gli uomini capaci di reggere ai cambiamenti?

    Ne avremmo davvero voglia ?

    Il fatto di aver avuto il privilegio di poter decidere dei destini del Mondo ha un suo prezzo e credo che la natura nella sua perfezione evoluzionistica abbia già dato la sua risposta .

    Se una tartaruga o una cozza artica vivono più di noi ,ci sarà ben un motivo

  2. Il “viaggio” d[E]i “Nessuno”,

    si rinnova sempre; in ognuno di Noi.

    In Omero, Calipso vuole renderLo “immortale ed immune da vecchiaia per sempre”,

    -[ Odissea: liber 5, vv. 257-289

    http://www.aiutamici.com/ftp/eBook/ebook/Omero%20-%20Odissea.pdf … Pp. 68-69 / 318

    -ET-

    http://www.youtube.com/watch?v=YlOFcq9EXAE ]-

    eppure Ulisse rinuncia a tutto per tornare ad Itaca e morire.

    Paradossalmente, l’Ulisse “omerico”, che rifiuta l’immortalità, diventa il simbolo della ricerca dell’infinito, della ribellione ai limiti umani.

    L’unica immortalità di “Ulisse” è la Sua “fama”, di cui Egli era [E’] ben consapevole.

    La lettura “moderna” del mito di Ulisse è una lettura simbolica: una ricreazione del mito.

    http://www.youtube.com/watch?v=wUtRX2wZawQ

    Insomma: perché “viaggiamo”? Per “ritornare”.

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

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