Vendetta e trasparenza nella cooperazione

vendetta trasparenza

Nella rievocazione cinematografica di uno dei punti apicali dell’Impero romano, il film Il Gladiatore, ricordiamo tutti la frase di Massimo Decimo Meridio nell’atto di togliersi la maschera e mostrare il suo volto di fronte ad un sorpreso imperatore Commodo:

«Mi chiamo Massimo Decimo Meridio, comandante dell’esercito del nord, generale delle legioni Felix, servo leale dell’unico vero imperatore Marco Aurelio, padre di un figlio assassinato, marito di una moglie uccisa,… e avrò la mia vendetta, in questa vita o nell’altra».

È un momento adrenalinico, nel quale lo spettatore prova esaltazione immedesimandosi nella rivalsa del protagonista.

Si tratta di un meccanismo piuttosto normale: la vendetta è un istinto profondamente radicato nella natura umana, perfino la Bibbia la avalla e ancora oggi la gran parte delle legislazioni le offre una chiara e riconosciuta identità, dove non la autorizza esplicitamente, la contempla come attenuante.

La consapevolezza che l’istinto della vendetta è insito nel genere umano spiega anche come mai la scelta politica di individuare un nemico sia così frequente e di successo: dopo aver adeguatamente creato più o meno artificiosamente una lista di torti subiti, lo spirito di rivalsa autorizza moralmente a vendicarsi e l’autorizzazione non è solo personale, ma collettiva, sociale, condivisa.

COOPERAZIONE: UNO STRUMENTO NECESSARIO

Tuttavia la vendetta è, in realtà, un ingranaggio essenziale del meccanismo della cooperazione: abbiamo sviluppato e tramandato lo spirito vendicativo come deterrente per chi sceglie di prevaricare o tradire invece che cooperare. La cooperazione è lo strumento più efficace del successo umano nel mondo animale e la prosperità, il benessere, l’avanzamento tecnologico e morale di qualunque popolo è proporzionale alla cooperazione che nel tempo ha potuto ed è riuscito a sviluppare.

Non è un caso, insomma, se i popoli isolati dal resto del mondo siano tutti invariabilmente più arretrati, come non è un caso che il grande continente euroasiatico sia stata la culla di ogni cultura che oggi popola il pianeta Terra.

APPUNTAMENTO IN EUROPA

L’appuntamento che aspetta il governo Conte oggi 23 aprile è proprio centrato sul tema della cooperazione.

Chi sa cooperare “vince”, si è detto; ed è l’argomento forte che andrebbe portato al tavolo per sventolarlo sotto il naso delle controparti più renitenti.

Cerchiamo di identificare i confini della situazione in cui ci troviamo: l’Italia, come tutti gli altri paesi del mondo, è stata colpita da una pandemia di cui è incolpevole e dalla quale subisce un impatto negativo molto elevato.
Per contenere l’impatto sanitario e di conseguenze la perdita di vite umane, si finisce per dover affrontare un impatto economico ingente: il blocco (meglio: la riduzione ingente) delle attività porta con sé una serie di conseguenze pesanti.

Ogni Paese cerca di fronteggiare la situazione aiutando gli attori economici: scadenze fiscali rinviate, tutele economiche per chi non può fatturare, crediti fiscali per chi deve comunque pagare l’affitto dei locali che non usa…

Tutte manovre che finiranno per espandere il debito pubblico, visto che il bilancio dello Stato sarà appesantito da mancate entrate e maggiori uscite. È una scelta necessaria, e nell’ambito dell’Unione Europea, dovrebbe passare l’idea che a situazioni straordinarie debbano essere gestite con strumenti straordinari. L’Europa, e in particolare l’area della moneta unica della zona euro, è stata a lungo afflitta da risultati economici poco brillanti e divergenti: la posizione fiscale dell’Europa settentrionale è notevolmente più forte di quella dell’Europa meridionale.

Normalmente, all’interno di una zona a moneta unica, questa situazione porterebbe a trasferimenti fiscali tra le regioni, ma esistono solo meccanismi molto limitati per raggiungere questo obiettivo all’interno dell’Europa.
In sostanza, le regole dell’Eurozona, con rigidi limiti per il deficit, hanno istituzionalizzato l’incapacità di rispondere efficacemente a crisi come quella causata dal Covid-19.

Per giunta, oltre che colpite tra i primi e più profondamente, Italia e Spagna hanno un’economia molto legata a viaggi e turismo.
Di conseguenza, le implicazioni economiche e fiscali per l’Italia e la Spagna sembrano essere molto maggiori rispetto alle economie del Nord Europa.

Ma, a causa dei loro livelli di debito già elevati e delle regole dell’Eurozona, il sostegno alle loro economie durante la crisi potrebbe arrivare a costare loro l’accesso al mercato.

In questo contesto, la forza del sostegno del settore pubblico sarà importante almeno quanto la qualità dei bilanci delle imprese – un’impresa debole in un paese forte può sopravvivere, mentre un’impresa forte in un paese debole potrebbe anche non sopravvivere.

Il modo in cui l’Eurozona sceglierà di affrontare le prospettive divergenti dei suoi Paesi membri in questa crisi sarà cruciale per la sua ripresa economica e anche per le sue prospettive di sopravvivenza a lungo termine. Gli esiti possibili possono essere riassunti in 3 principali filoni:

  1. completare il progetto di Unione, con un sistema di bilancio federale paneuropeo che includa la tassazione, la ridistribuzione delle imposte e l’emissione di debito
  2. abbandonare il progetto e tornare alle valute nazionali con libertà di bilancio individuali
  3. risolvere il problema, dando all’Italia e alla Spagna abbastanza spazio di manovra fiscale per mantenerle nell’Unione per ora, ma non abbastanza per spaventare gli altri membri o permettere loro di raggiungere una reale ripresa economica.

Purtroppo, come spiega bene la Teoria dei Giochi, l’esito più probabile verosimilmente è il terzo, almeno stando a quanto emerso finora.

OCCASIONE PERDUTA?

L’emergenza in corso poteva essere un’opportunità straordinaria per dar vita ad una agenzia sanitaria europea, l’embrione di un ministero della Salute condiviso, che fosse finanziato con parte della raccolta fiscale dei singoli paesi e coordinasse la spesa sanitaria nei singoli paesi, dapprima per l’emergenza coronavirus e in seguito in maniera più strutturale.

La paura di cedere sovranità e ridurre il perimetro della raccolta fiscale ha fatto tramontare questa ipotesi che avrebbe garantito ai paesi nel Nord Europa disciplina e controllo sulla spesa e ai paesi mediterranei il supporto economico centralizzato che desiderano.

Il compromesso, al momento è stato trovato in una linea di credito particolare del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità, che viene resa disponibile per tutti i paesi in termini standardizzati (condizioni di accesso uguali per tutti) e con la garanzia che le condizionalità non potranno essere cambiate durante il periodo di utilizzo delle risorse.

Un compromesso che il governo italiano, che si è già esposto ad un preventivo “no” a soluzioni che includano il Mes, sembra non voler accettare. Anche senza condizionalità.

Il solo modo di giungere ad un compromesso più ampio è alimentare lo spirito di cooperazione. Per farlo bisogna lavorare sulla credibilità. Una modalità è garantire e preservare la trasparenza (le azioni che includono sotterfugi e scorciatoie sono modalità che a posteriori mostrano scarsa trasparenza e lasciano per il futuro uno strascico di diffidenza).

La recente idea avanzata dal viceministro all’Economia, Laura Castelli, ovvero un bond perpetuo a tasso zero, appartiene alla categoria di iniziative che erodono la credibilità. Come possono reagire i partner europei ad una richiesta che quasi non finge nemmeno di sembrare una presa in giro?

MAASTRICHT

Quello che invece si può ragionevolmente cercare di ottenere è una definizione completa delle condizioni di accesso alla nuova linea di credito del Mes. Va detto che quel tipo di linea, per com’è disegnata finora nel Mes, ha una durata di un anno, prorogabile due volte per un semestre. Un totale di due anni. Oggetto della trattativa potrebbe essere dunque un allungamento dei termini di questa linea speciale di credito.

Il tasso zero, specie se abbinato alla scadenza perpetua, non è una richiesta accettabile, però un tasso inferiore a quello che l’Italia ottiene da sola sul mercato in questo momento è ragionevole e raggiungibile (ancorché il tasso “di mercato” sia molto condizionato dall’intervento costante della Bce).[sociallocker].[/sociallocker]

Nell’occasione potrebbe essere anche ridiscusso il quadro delle soglie fissate nel trattato di Maastricht: è chiaro infatti che da questa vicenda tutti i paesi usciranno con deficit ben maggiori del previsto e livelli di debito/Pil fortemente gonfiati. Perché mantenere come regole condivise delle soglie ormai utopistiche per i più (anche la Francia è ormai proiettata a livelli di debito/Pil molto sostenuti)?

L’Italia vive costantemente in una condizione di emergenza, in parte anche per il piacere di crogiolarsi nel ruolo di bisognoso della comunità di cui fa parte.

MEGLIO RENDERSI FELICI CHE VITTIME

Inebriata da una strana convinzione che ci si possa approcciare alla Bce come nella Casa di carta (dove i rapinatori prendendo i soldi alla Zecca di Stato “non rubano a nessuno”), chiede sostegno e supporto per sostenere il suo debito, che viene contratto anche per salvare aziende fallimentari, erogare una proporzione di pensioni molto più generosa di qualunque altro paese europeo, concedere redditi di cittadinanza, tenere insieme un sistema bancario che in questi anni ha perso pezzi ma ha sempre trovato regole “speciali”… la lista è lunga e oggi si aggiunge la richiesta di intervenire nazionalizzando imprese in difficoltà, restando con capitale pubblico fino a sette anni.
Beninteso, le aziende colpite dalla crisi coronavirus vanno aiutate, ma sfruttare l’emergenza coronavirus per nazionalizzare Atac, Ilva o Alitalia (sperando di farlo coi soldi di altri, per giunta) significa pretendere di non aver sbagliato nulla, di aver sempre avuto ragione e di non voler minimamente rinunciare al ruolo di vittima, un atteggiamento irritante per i compagni di viaggio, ma anche un comportamento che -nella sua ostinata ricerca di cattivi risultati per rafforzare il ruolo di paese bisognoso- ottiene solo infelicità.

La soluzione? Adottare l’idea di vendetta che suggeriva Alda Merini:

«La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice».

Articolo pubblicato su Lettera43 il 22 aprile 2020
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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