Viaggi intergalattici: il tramonto del linguaggio

 

Ricordate che ogni parola è un’immagine.

William Burroughs

 

I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo.

Ludwig Wittgenstein

 

Il linguaggio opera interamente nell’ambiguità, e la maggior parte del tempo non sapete assolutamente nulla di ciò che dite.

Jacques Lacan

 

Come funziona la connessione vertebrale? Il linguaggio si infila nel cavo intramuscolare all’altezza delle vostre spalle e con apposito aggancio interno si innesta nella colonna vertebrale. Da lì transitano tutte le storie ed i rapporti di ogni viaggio intergalattico, le registrazioni dell’equipaggio, le sensazioni e le emozioni elettriche. Tutto scorre nel fluido delle parole e si infila nel midollo spinale raggiungendo il cervello e da lì si irradia in tutto il sistema nervoso: neurone per neurone.

Il linguaggio è un Giano bifronte. Segna i limiti di quello che è il mondo, è l’estremo corpo celeste oltre cui non esistiamo ed è al contempo racconto dell’esperienza ed esperienza in sé. Genera immagini, costruisce sensazioni e nel suo reiterarsi si fa ambiguamente soggetto ed oggetto. Approssima l’autentico senza mai toccarlo, ma nel generare esperienza scavalca anche quest’ultimo ostacolo? A voi la risposta, noi non ci inoltriamo oltre lungo sentieri filosofici, anche perché il Maggiore Thomas “Tom” Hodgkinson è essenzialmente un pilota intergalattico e poco altro. Oggi la connessione è sulla frequenza 677863233199983342280.

Arrivammo dal nostro pianeta, facendo scalo su Titano, satellite di Saturno nel sistema solare. Enormi laghi di metano ci accolsero e temperature talmente basse da costringerci ad uscire molto raramente dall’astronave e con speciali tute termiche.

Su Titano, dopo opportuno rifornimento di idrocarburi ci dirigemmo verso il pianeta AK3457 per osservare da una dimensione parallela un evento impressionante: tra quegli alieni era morto il linguaggio. Come un fiore appassito aveva perso ogni riferimento a qualsiasi processo cognitivo, non era più strumento per definire processi mentali ordinati e si era svincolato da ogni logica riducendosi a grugnito emotivo. “Nulla è vero, tutto è permesso” salmodiavano gli abitanti di quello sfortunato pianeta, sillabando qualsiasi parola gli si arrotolasse in bocca. Il linguaggio aveva perso ogni corrispondenza a sequenze logiche, pensieri complessi, esperienze replicabili e corrispondenze emotive, ed era ormai ridotto a vomito di consonanti e vocali per manifestare istinti primordiali. La violenza becera e gratuita dilagava in maniera sconvolgente. In quel clima avverso le anime di molti alieni si erano infettate ed erano andate distrutte mentre i corpi erano ancora in vita. Mummies nightmare, disintegration of soul.

Impossibile intrattenersi con quegli alieni uscendo dalla dimensione parallela che ci proteggeva dalla loro percezione. Il loro indice di violenza gratuita era ormai intollerabile e la civiltà era in una fase finale di acuta regressione. Era amaro osservarli. Tra loro blateravano di qualsiasi cosa, tutto ed il contrario di tutto, non solo tra soggetti contrapposti, ma anche lo stesso alieno si esprimeva in modo contraddittorio nell’arco di poche ore e con la stessa aggressività come sola costante. Erano disarmanti, incapaci ormai di organizzarsi per affrontare problemi complessi e quindi in balia di un insieme di questioni cronicamente irrisolte, ad esempio le infiltrazioni di anidride solforosa che ammorbavano la loro atmosfera: erano soffocati e soffocanti.

Fu molto triste osservarli mentre distruggevano testimonianze di antiche civiltà precedenti alla loro o si annientavano industrialmente come cani rognosi con guerre orrende, costringendo propri simili alla fame, giustiziando innocenti e distribuendo armi ad irresponsabili. Urlavano ormai più che dialogare e spesso le discussioni finivano in scontri con morti e feriti. Il linguaggio era ridotto, nella migliore delle ipotesi, a codice per esprimere bisogni elementari e pulsioni di base e nella peggiore a strumento di contraffazione, steroide emotivo, guinzaglio invisibile, veleno per spargere propaganda e controllo attraverso la paura. Le parole laggiù erano ormai ridotte a coltelli per fare a pezzi la controparte.

Tornammo sconsolati all’astronave, se ogni parola è un’immagine era triste la vita su AK3457. Così come coltiviamo piante dando loro luce e acqua, anche il linguaggio chiede cura, pause e silenzi. Dosi ampie di ascolto come combustibile e infine una parola impronunciabile e oscena.
Chiede gentilezza.

 

 

Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. nei libri.

Mariangela Gualtieri

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Pubblicato da Mr Pian Piano

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