Viaggi intergalattici: la trappola dell’economia.

Fondamento dell’economia politica ed in generale di ogni scienza sociale è evidentemente la psicologia.

Vilfredo Pareto

 

Paradigma dell’economista è non spacciarsi da profeta.

Federico Caffè

 

Sintetizzate il nuovo codice numerico 786063299299983342285 e collegatevi alla corteccia cerebrale del maggiore Thomas “Tom” Hodgkinson. Un nuovo viaggio intergalattico è disponibile sul vostro canale vertebrale. Chiudete gli occhi e avviate la connessione.

La trappola dell’economia si era chiusa come una crudele tagliola sul pianeta Algoston circa un ventennio intergalattico prima del nostro atterraggio. Su Algoston per un paio di secoli si era diffusa la convinzione che l’economia fosse il metro principale, se non unico per misurare oggettivamente lo stato di salute di nazioni e civiltà e per avere un contesto sociale di successo su un piano individuale. Si mappavano i dati digitali degli esseri alieni per poterli sfruttare commercialmente con il marketing individualizzato.
Certo era un efficace punto di vista quello economico, ma non il solo e una volta assunto a principale si era pian piano aggravata un’incresciosa malattia: la complessità era stata barbaramente ridotta a cumulo di dati. Tutta la realtà era semplificata per fattori numerici atti ad interpretarla economicamente. Per far questo si inventarono su Algoston degli indicatori, certo ottimi, ma non esclusivi ed inequivocabili. Infatti le grane si moltiplicarono drammaticamente su Algoston.

Cosa era conveniente? Cosa non lo era? Come se la cavavano con bilanci ed investimenti Stati e famiglie? Il Prodotto Interno Lordo fotografava una nazione? La malattia divenne seria quando le scelte opportune contrastarono con parametri economici ritenuti irrinunciabili oppure insistendo nell’analizzare problemi stratificati solo attraverso una prospettiva e ottenendo il risultato di allontanarsi progressivamente da qualsiasi soluzione. Le rogne sociali e le contrapposizioni culturali o ideologiche furono analizzate come richieste di sussidi, miglioramenti salariali o incombenze pensionistiche, ma sotto c’era un diverso malcontento e la rabbia continuò a crescere diventando violenza.
Imperava un diffuso sapore d’esclusione, d’ingiustizia, c’era una crescente impossibilità di immaginare il futuro, la paura inculcata con calcolo, sfuggita poi al controllo era diventata furia distruttiva. Naturalmente ci fu chi manovrò tutta questa rabbia ad arte per agevolare i propri sporchi interessi economici o di potere.

Su Algoston l’epilogo fu drammatico, ma non definitivo. Le mutazioni nella composizione dell’atmosfera spinsero la comunità scientifica a segnalarlo come un problema definitivo e improcrastinable, auspicando modifiche sostanziali nei metodi di produzione dell’energia. Gli allarmi furono bellamente ignorati per gli svantaggi economici che comportavamo e così ebbe inizio il terribile cataclisma, primo passo inconsapevole verso la rinascita.
Parallelamente la riduzione dell’umano a parametro economico indusse una rabbia crescente, irrazionale e violenta, una spinta autodistruttiva, un fare a pezzi se stessi e gli altri, senza sapere perché e con quale obiettivo, lasciando il proprio animo in balia di burattinai e dipendenti dei burattinai. L’irrequietezza e l’irrazionalità erano una benzina che accendeva roghi furiosi ed improvvisi, con morti feriti e dispersi.

Tutto questo fino a vent’anni intergalattici fa, quando metà del pianeta fu divorata da un incendio apocalittico durato tre anni, causando un’onda migratoria mostruosa e una catena di disordini allucinante. Furono in principio incendi boschivi certamente distruttivi e con vittime, feriti e dispersi, ma ormai erano eventi comuni e furono affrontati secondo una routine. Il tragico errore fu chiaro quando un fronte di fuoco attraversò un’intero continente divorando intere metropoli. Il fumo dell’incendio coscurò per cinque lunghi anni la stella Ak728 gettando di giorno il pianeta Algoston in una depressiva luce grigiastra. Fu il disastro e la popolazione aliena subì una contrazione dei 2/3. Dove si erano sviluppati gli incendi il pianeta si ridusse ad un deserto di cenere. Il destino sembrava segnato, ma tutto ripartì proprio dal deserto e dalla cenere.

Si davano incentivi su Algoston per tornare sui continenti andati alle fiamme, visto che la pressione sulle restanti zone era eccessiva e rendeva la vita caotica, per non dire impossibile. I primi a partire non riuscirono nemmeno a sopravvivere più di sei mesi: le ceneri entravano nei polmoni degli alieni avvelenandoli. Alla quarta spedizione si svilupparono alcuni villaggi pilota sottovento. Le ceneri sottili venivano spazzate via dai centri abitati e la vita diventò nuovamente possibile, difficilissima, ma possibile.
Seguirono nuove missioni, creando una rete estremamente solidale tra villaggi, che sfondava qualsiasi considerazione di mero ed esclusivo tornaconto individuale. Rinacque la coesione tra nuclei familiari diversi e la condivisione dei beni. La natalità tornò a far capolino anche in quelle terre desolate. Si piantarono alberi, si divise il pane.

Fu una lenta, ma potente rinascita.

 

 

Carità cristiana

Er Chirichetto d’una sacrestia
sfasciò l’ombrello su la groppa a un gatto
pe’ castigallo d’una porcheria.
– Che fai? – je strillò er Prete ner vedello

– Ce vò un coraccio nero come er tuo
pe’ menaje in quer modo… Poverello!…
– Che? – fece er Chirichetto – er gatto è suo? –
Er Prete disse: – No… ma è mio l’ombrello!-

 

Trilussa

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Pubblicato da Mr Pian Piano

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